Recensione di “G“, nuovo album di Giorgia che racconta la rinascita dell’artista dopo un anno sfavillante. Qui il link per l’acquisto di una copia fisica.
“Come un carillon mi ricarico”: è questa l’immagine contenuta nel progetto che, forse più di tutte, riassume cosa significa per Giorgia “G”, nuovo album di inediti arrivato dopo un anno sfavillante che ha fatto, a sua volta, seguito a una fase calante di carriera dell’artista, tra un deludente ritorno a Sanremo nel 2023, un album passato quasi del tutto inosservato, la sensazione di non saper più trovare il proprio posto nel mondo della musica e, addirittura, il pensiero di abbandonarlo per inserirsi in altre strade.
Una nuova strada è stata poi, effettivamente, intrapresa con la conduzione a X Factor promossa a pieni voti che ha rappresentato la spinta per tornare a rimettersi in gioco anche nella musica, presentandosi in una veste rinnovata, più moderna ma non forzatamente giovanilistica, a metà tra la nostalgia per il passato e la contemporaneità e il frutto di questo lavoro è tutto in “G”, progetto in cui Giorgia sceglie di affiancare la propria voce alla penna di tanti giovani autori.
Alcune collaborazioni sono perfettamente riuscite, altre molto meno e la nota di merito va data, sicuramente, alla scelta dei singoli, che rimangono i brani più efficaci dell’album e, quindi, il modo migliore per presentarlo. Aveva già convinto lo scorso autunno “Niente di male” per il modo di combinare la tradizione melodica con un nuovo linguaggio autorale in quello che è stato l’ideale prequel de “La cura per me”, pensata da Blanco appositamente per Giorgia e vincitrice morale dello scorso Sanremo, così come ha funzionato quest’estate il mood danzereccio, senza comunque cercare forzatamente il tormentone, de “L’unica” e piace oggi “Golpe”, il singolo che accompagna in radio l’uscita del progetto in cui si sente nitidamente la penna di Calcutta.
Tra le canzoni inedite sono, invece, da promuovere a pieni voti “Paradossale” e “Carillon”: la prima è una potente power ballad sui ricordi più semplici di una storia appena finita (“Dormire nudi nel letto, la sveglia alle 8, uscire col cane, prepararsi in un lampo, salutarsi al volo prima di lavorare”) e sull’impossibilità di dimenticare l’altra persona (“So che sei partito senza salutare, ma di dimenticare non ne voglio sapere”), mentre la seconda propone quelle atmosfere soul e raffinate care all’artista per sostenere un dialogo tra la Giorgia di ieri e la Giorgia di oggi, fino ad arrivare alla frase-manifesto di rinascita citata a inizio articolo.
Convincono anche la freschezza pop di “Sabbie mobili” nel raccontare un amore vissuto in totale serenità, il connubio tra il mood anni ’90 delle strofe e la contemporaneità della cassa pulsante che subentra nel ritornello di “Odio corrisposto”, power ballad sull’importanza di allontanarsi da chi non crede fino in fondo ai sogni dell’altro (“E tu ancora che mi chiedi cosa aspetto dalla vita alla mia età”), e la positività (“Se si spegne tutto noi brilliamo nel buio”) delle atmosfere soffuse di “Corpi celesti”, ad eccezione dei troppi effetti vocali che non rendono giustizia a una vocalità pulita come quella di Giorgia.
È proprio quando la sperimentazione sembra quasi esasperata che l’album cade in qualche trovata del tutto dimenticabile, come l’elettronica telefonata di “Tra le lune e le dune”, che vuole inseguire a tutti i costi la modernità con le caratteristiche della musica fatta in serie dell’oggi e un testo banale e poco efficace, e l’urban di “Rifare tutto”, genere troppo piatto per Giorgia e poco adatto a una voce imponente che non può aprirsi e, quindi, esaltarsi. Non convince neanche “La cura per me” proposta in duetto con l’autore Blanco che ne fa un’interpretazione più rabbiosa che elegante e i suoi acuti carichi di effetti asciugano il brano di tutta l’emotività della versione solista.
Questa è l’unica pecca di un album altrimenti pienamente riuscito: strizzare l’occhio alla contemporaneità significa anche rischiare di inciampare su strade poco identitarie e qui qualche inciampo c’è. La sensazione è che l’unico errore di Giorgia sia stato nella scelta di non aver scritto nulla e di non essersi, quindi, affidata anche a quelle ottime capacità autorali mostrate soprattutto in “Oro nero” che avrebbero reso il progetto ancora più personale e completo. Inciampi a parte, “G” rimane comunque un buonissimo lavoro, con tanti pezzi che hanno già lasciato, o sono destinati a lasciare, un profondo segno nella carriera di un’artista ritrovata e ricaricata. Sì, proprio come un carillon.
Classe ’92, ho iniziato a scrivere di musica nel 2020 aprendo un mio blog con cui ho catturato le primissime attenzioni di artisti e addetti ai lavori, in particolare di Kekko Silvestre dei Modà, la persona che, più di tutti, mi ha spinto a credere in questa strada. Dal 2022 ho, quindi, iniziato a collaborare con due siti di informazione musicale focalizzandomi su recensioni, approfondimenti e analisi del settore
