La forte affermazione dello streaming musicale a livello globale, con una crescita di oltre il 24% nel 2021, si riflette anche sull’intera filiera musicale, compresi autori ed editori. Peraltro, proprio di recente, negli USA, le principali organizzazioni rappresentanti autori ed editori hanno vinto una decisiva battaglia legale sulle tariffe di streaming per gli anni 2018-2022.
Nelle scorse settimane la National Music Publishers’ Association, la Nashville Songwriters Association International e la Digital Media Association, che rappresenta le piattaforme digitali, hanno quindi annunciato il raggiungimento di un accordo per alcune tariffe di streaming negli Stati Uniti per gli anni 2023-2027, che portano la percentuale degli editori e autori al 15,35%.
Gli effetti positivi dello streaming su autori ed editori
Di recente, l’antitrust britannico ha dimostrato che la quota dei ricavi destinati agli editori è aumentata dall’8% nel 2007 a circa il 12% nel 2012, crescendo poi in modo incrementale. Ed è così che nel report presentato a luglio si legge: “La nostra analisi mostra che nel 2021 la quota di entrate da streaming pagate per l’editoria è ora del 15%. Quindi, dal 2007, questa quota editoriale sembra essere quasi raddoppiata” (Fonte: CMA Market Study – Update Paper, Exec Summary).
Gli effetti positivi dello streaming su autori e editori sono stati evidenziati anche nel report di CMA: “Similmente a quanto accaduto agli artisti, il numero di cantautori è cresciuto negli ultimi tempi. Secondo un rapporto commissionato dall’IPO, i dati PRS mostrano molti più cantautori che ottengono un reddito rispetto a prima, passando da 36.170 nel 2009 a 62.505 nel 2019 (un aumento del 73%)” (Fonte: CMA Market Study – Update Paper).
Anche in Italia, SIAE – che nel frattempo si è svincolata dagli accordi centralizzati con le piattaforme – ha portato a casa un accordo con Spotify sensibilmente migliorativo, con una crescita del 25% al netto degli effetti del mercato, che significa una crescita effettiva di oltre il 40%.
Si chiude l’era dei conflitti
L’annuncio delle ultime settimane sembra chiudere definitivamente l’era dei conflitti tra le piattaforme di streaming e le etichette discografiche, favorendo un ulteriore sviluppo del settore a beneficio anche degli editori indipendenti e degli autori.
Come ha affermato di recente Sir Lucian Grainge, CEO di Universal Music, in un incontro organizzato da Goldman Sachs: “Non è questione di gioco a somma zero o rapporti di forza: discografia e streaming sono soci in affari. Siamo di fondamentale importanza gli uni per gli altri. I consumatori – io, voi, noi tutti – non vogliamo né un abbonamento che ti permetta di ascoltare solo rumore né, per ascoltare musica, un’app della quale nessuno ha mai sentito parlare. A me, personalmente, piace lavorare coi DSP. Gli attriti ci sono sempre stati, con tutti. Del resto, succede nella vita”.
Un accordo positivo anche per le piattaforme di streaming
Anche per le piattaforme l’accordo raggiunto con gli editori è giudicato molto positivamente. Garrett Levin, Presidente e CEO di DiMA, ha infatti dichiarato: “Questo accordo rappresenta l’impegno dei servizi di streaming a portare le migliori esperienze musicali ai fan e far crescere l’ecosistema dello streaming a beneficio di tutte le parti interessate, compresa la base creativa del songwriting. Per i servizi di streaming questo momento rappresenta l’opportunità di perseguire nuove collaborazioni con editori e autori nel contesto della certezza economica che sosterrà l’innovazione continua. Forse più di ogni altra cosa, questo accordo dimostra il potenziale per il progresso del settore, quando le parti si presentano al tavolo per discussioni in buona fede”.

Classe 1998, negli ultimi 4 anni ha collaborato con diverse emittenti radiofoniche. Di notte recensisce musica, di giorno ne parla con gli artisti. Nostalgica ed empatica, scrive spesso nei giorni di pioggia. La musica? Un ricordo senza origine che ha ribaltato ogni prospettiva.
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