Achille Lauro, per la prima volta tra i giudici di X Factor 2024, si racconta a Vanity Fair, parlando del talent e dei due concerti in programma il 4 ottobre all’Unipol Forum di Milano e il 7 al Palazzo dello Sport di Roma. Qui il link per l’acquisto dei biglietti.
“Quando mi fermo fisicamente, non mi fermo comunque con la testa, che è sempre a mille. Quello che amo della mia vita è proprio questo: la creatività, le idee, confrontarmi con persone che la pensano diversamente da me. Nei pochissimi momenti in cui mi fermo cerco di dedicami alle persone che riesco a vedere poco. La famiglia, gli amici storici. Ma, ripeto, capita di rado. Essere sempre a duemila è la mia benedizione e maledizione insieme.”
Spiega l’artista, che prosegue parlando dell’esperienza a X Factor 2024.
“Appena ho avuto la possibilità e un minimo di respiro, ho preso la palla al balzo. […] Mi avevano detto che sarebbe stata dura, ma fin dalla primissima volta che siamo entrati e abbiamo capito come muoverci è stato come andare in vacanza. Sto con dei miei amici, parliamo di musica: è tutto ciò che potrei chiedere, senza considerare che nella vita faccio anche il produttore discografico e ho sempre dato consigli ai ragazzi che sognano di intraprendere questa strada. […] Mi piace pensarmi di più come un consigliere.”
Achille Lauro svela l’obiettivo che si pone per i ragazzi, invitandoli a…
“Trovare la propria identità, scrivere tanto, anche una canzone al giorno. Forse, tra 5 anni, facendo così, qualcosa di nuovo di te la scoprirai.”
Un pensiero, poi, alla situazione della musica italiana oggi.
“Da una parte, per via della fast music, è poco sana, perché sembra che alcuni la facciano solo per diventare famosi. Dall’altra, però, vedo una grande onda di cambiamento piena di sprazzi di genio tra i giovani. Veniamo da sette anni dormienti che la trap, qualche novità dall’America e il profondo cambiamento di Sanremo hanno rivitalizzato: la cosa importante è che i ragazzi restino sé stessi e non copino nessuno, visto che solo così riusciranno ad avere successo. Il discorso vale anche per noi artisti: è l’identità quello che ti fa notare e ti differenzia.”
Un discorso che poi diventa personale.
“Affronto il cambiamento tutti i giorni e, forse, la cosa più determinante è stata non aver mai paura di farlo. Ancora oggi sento l’urgenza di proporre una musica diversa, di sperimentare. E questo mi fa sentire vivo, anche se tanti direbbero che il cambiamento è pericoloso. Credo che se la musica venga da una persona sincera sia tutta un’altra cosa. Se fai un pezzo d’amore e ami veramente, o se canti Rolls Royce e senti veramente quel tipo di emozioni, le cose arrivano. La musica è democratica, e questo a volte può starti sui coglioni, perché è tutto soggettivo e a qualcuno potrebbe non piacere quello a cui hai lavorato per più di un anno”

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