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Beatrice Venezi resta alla Fenice: il ministro Giuli la “blinda” tra proteste, polemiche e nuove smentite

Teatro Fenice Venezia

Il caso Beatrice Venezi continua a far discutere il mondo della cultura e della musica italiana; dopo settimane di tensioni, proteste e polemiche sulla sua nomina come direttrice musicale del Teatro La Fenice di Venezia (dal 2026 al 2030), il ministro della Cultura Alessandro Giuli ha preso posizione in modo netto, spegnendo ogni ipotesi di mediazione o soluzione alternativa.

Giuli smentisce lo spostamento a Trieste: «Resterà alla Fenice, sarà la principessa di Venezia»

Nelle scorse ore La Stampa aveva avanzato l’ipotesi di un trasferimento temporaneo di Beatrice Venezi al Teatro Verdi di Trieste, come soluzione per placare la rivolta degli orchestrali veneziani. Una “via d’uscita” che avrebbe permesso di attenuare il muro contro muro che da settimane divide il teatro.

Ma Giuli, intervistato da Il Foglio, ha liquidato l’indiscrezione con decisione:

«Falso. Beatrice resterà alla Fenice e sarà la principessa di Venezia. Appena verrà messa alla prova, se ne innamoreranno persino gli orchestrali».

Il ministro ha ribadito la linea del governo: nessun passo indietro, nessuna mediazione e pieno sostegno alla direttrice, nonostante la manifestazione delle oltre 500 persone che lunedì hanno protestato contro la sua nomina.

Il caso Fenice: proteste, sindacati spaccati e un clima sempre più teso

La nomina di Venezi ha scatenato una forte opposizione da parte di una parte dell’orchestra e delle maestranze della Fenice, che chiedono la revoca dell’incarico nel triennio 2026-2030, giudicando il suo profilo artistico non adeguato al prestigioso teatro veneziano.

La Rsu ha chiesto un incontro urgente al governatore del Veneto Luca Zaia per ottenere supporto nella loro battaglia contro il sovrintendente Nicola Colabianchi, considerato dai lavoratori il responsabile di una scelta “calata dall’alto”. Colabianchi, però, mantiene la piena fiducia del governo.

Parallelamente, anche il sindacato Ugl ha preso posizione, ma in direzione opposta:
«Nessun artista deve essere messo alla gogna per il proprio ruolo o per le proprie scelte artistiche» ha dichiarato il segretario Paolo Capone, criticando duramente la manifestazione contro Venezi. Ugl ha inoltre annunciato una contromanifestazione a Roma, con una conferenza stampa dal titolo “La musica non cambia – Il caso Venezi”, per difendere il lavoro e la libertà creativa dei professionisti del settore.

La carriera internazionale e le polemiche dall’Argentina

Mentre in Italia infuria la polemica, Beatrice Venezi continua la sua attività all’estero. Nel 2026 debutterà al Teatro Colón di Buenos Aires con Cavalleria rusticana, dove è già direttrice principale ospite. Anche qui, però, non mancano le contestazioni.

Un articolo del critico Norman Lebrecht descrive un clima complesso all’interno del teatro argentino, lamentando nomine — inclusa quella di Venezi — accolte senza consultare i musicisti. In passato, alcune cronache avevano ipotizzato perfino un ruolo dell’ambasciata italiana e una presunta vicinanza politica come fattori della scelta, ipotesi poi smentite.

Venezia prepara nuove proteste: il muro contro muro non si ferma

Il clima resta teso a Venezia. Alla prima della stagione, La clemenza di Tito (20 novembre), potrebbero esserci nuove forme di dissenso da parte dei musicisti, decisi a proseguire nella loro battaglia contro una nomina ritenuta «politica» e non appropriata.

Intanto, le dichiarazioni del generale Roberto Vannacci — che ha paragonato il ruolo assegnato a Venezi alle nomine politiche contestate nel Pd — hanno ulteriormente acceso il dibattito, polarizzando ancora di più l’opinione pubblica.

Conclusione: un caso destinato a far discutere ancora

Nonostante il crescente scontro tra orchestra, sindacati e istituzioni, il governo resta compatto: Beatrice Venezi rimarrà alla guida musicale della Fenice a partire dal 2026.

Con proteste già annunciate e nuove iniziative in programma, il “caso Venezi” promette di essere uno dei temi culturali più divisivi dei prossimi mesi, destinato a riaccendere il dibattito su politica, meritocrazia e gestione dei teatri pubblici in Italia.

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