Bello-Figo

Dall’arrivo in Italia da bambino alle difficoltà dell’adolescenza, fino al successo virale e alle polemiche che lo hanno reso uno dei personaggi più discussi del web: Bello Figo, all’anagrafe Paul Yeboah, è il protagonista del nuovo episodio di One More Time, il podcast condotto da Luca Casadei, disponibile su OnePodcast, Spotify e YouTube.

Le origini e l’arrivo in Italia

Nato in Ghana e trasferitosi con la famiglia a Parma all’età di dodici anni, Bello Figo ricorda i primi tempi in Italia come un periodo difficile e pieno di solitudine:

“Siamo atterrati a Milano, mi guardo intorno ed era un mondo diverso. Non mi sono mai ambientato fino a un paio di anni fa. Ero timido, senza amici, e mi chiudevo nella mia cameretta”.

Proprio la musica diventa la sua valvola di sfogo: inizia a scrivere in inglese ispirandosi ai suoi idoli americani, ma le prime critiche lo spingono a provare con l’italiano, nonostante la lingua fosse ancora una barriera.

L’intuizione: ironia e musica

Senza mezzi e senza filtri, Bello Figo decide di reinterpretare i modelli statunitensi a modo suo, con ironia e leggerezza.

“Non avevo le super macchine o i soldi dei miei idoli, quindi ho usato la simpatia. La gente mi prendeva per pazzo, ma si divertiva. E quello è stato il mio punto di forza.”

Così nasce il personaggio di Bello Figo, un rapper capace di mescolare trap, satira e autoironia, anticipando temi che oggi fanno parte del linguaggio della rete.

Da “Gucci Boy” a Bello Figo

Il suo primo nome d’arte, Gucci Boy, gli causa qualche problema con il celebre marchio di moda:

“I miei video iniziavano a fare milioni di visualizzazioni e Gucci mi ha mandato una diffida perché cercando su Google uscivo prima io del brand. Ma poi abbiamo chiarito: avevo solo preso quel nome perché mi piaceva. Alla fine ho scelto Bello Figo, e così è rimasto.”

Il boom con “Non pago affitto”

Il vero salto arriva nel 2016 con “Non pago affitto”, brano nato in modo spontaneo e ironico, ma che diventa presto un caso nazionale.

“Era la fase in cui vivevo ancora con i miei. Non trovavo lavoro, loro mi pagavano l’affitto, quindi effettivamente non lo pagavo. Non volevo fare politica, volevo solo far sorridere.”

Il brano, però, viene travisato e Bello Figo finisce al centro di feroci dibattiti televisivi, accusato ingiustamente di offendere gli italiani:

“Mi hanno chiamato in tv, mi hanno trattato come il profugo da giudicare. Io ridevo, ma poi mi sono sentito usato.”

Le conseguenze del successo e le polemiche

Il clamore mediatico lo travolge. Dopo l’apparizione televisiva, molti concerti vengono annullati per motivi di sicurezza, e lo stesso artista diventa bersaglio di minacce.

“La Digos è venuta a casa mia: ‘Abbiamo visto minacce alle tue serate’. Io non uscivo più. Sapevo perché avevo fatto quella canzone: non volevo offendere nessuno.”

Nonostante le difficoltà, Bello Figo continua a credere nella sua musica come forma di libertà e autoespressione. Oggi, con una nuova maturità, racconta la sua storia con sincerità e consapevolezza, mostrando il lato umano dietro al personaggio virale.

Oltre la provocazione: la rinascita di Bello Figo

L’intervista con Luca Casadei segna un punto di svolta nel suo percorso: un racconto autentico di riscatto personale, identità e determinazione.

“La mia musica è nata per gioco, ma mi ha salvato. Mi ha dato una voce quando non ne avevo una.”

Dal Ghana a Parma, dalle prime rime ai riflettori della tv, Bello Figo ha imparato a trasformare le critiche in forza, diventando il simbolo di una generazione che comunica senza filtri e senza paura.

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