Eurovision 2022 Torino

Per gli appassionati dell’Eurovision Song Contest il 2022 verrà ricordato come l’anno del ritorno della kermesse in Italia, ospitata in questo caso dal Pala Olimpico di Torino. Dopo l’exploit degli ultimi anni, l’evento nel nostro paese e gli ottimi risultati in termini di ascolto hanno realmente appassionato il pubblico? Oppure al contrario è già iniziata una parabola discendente che porterà a un ridimensionamento dell’impegno produttivo anche da parte della Rai?

Facciamo un passo indietro. Già dopo l’organizzazione dell’Eurovision a Roma del 1991, la popolarità della kermesse era ai minimi storici. Nemmeno l’ottima performance di Mia Martini in Svezia aveva fatto invertire la rotta, complice un disinteresse totale da parte della Rai e una proposta musicale globale piuttosto discutibile. La partecipazione e il quarto posto dei Jalisse del 1997 pareva potesse riaccendere i riflettori, ma l’oblio era ormai realtà.

Nel 2011 non è stato semplice riprendere le redini di un progetto che nel frattempo aveva completamente cambiato pelle. Un prodotto che il pubblico italiano ha dovuto metabolizzare per tornare ad apprezzare (o conoscere realmente per la prima volta). Era impossibile incuriosire il pubblico televisivo generalista con Raphael Gualazzi o Nina Zilli e tutto ciò è stato palese anche con l’approdo di un nome forte come quello di Marco Mengoni a Malmoe. Emma, nonostante il cattivo risultato in classifica, ha invece aperto una breccia nel meccanismo televisivo e musicale italico obiettivamente chiuso e ancorato da qualche anno a idee un po’ datate.

Da quel maggio 2014 l’Eurovision in Italia ha saputo trovare personalità e una dimensione creativa originale. La vittoria sfiorata da Il Volo del 2015, l’importante investimento per il 2016, il 2017, il 2018 e il 2019 (con tanto di promozione televisiva a tappeto e trasmissione della finale su Rai 1) hanno aperto la strada ai Maneskin, che dal palco dell’Ahoy Arena di Rotterdam hanno spiccato il volo verso… L’universo!

L’impressione è che dopo la vittoria dei Maneskin qualcosa si sia rotto sia dal punto di vista musicale che televisivo. La candidatura per ospitare la kermesse di paesi come Palazzolo Acreide o Bertinoro, la svogliata presentazione di Milano e l’impossibilità di prendere parte alla gara di appalto da parte di Roma, hanno messo in risalto alcune criticità di fondo.

Innanzitutto si è immaginata la kermesse come un baraccone, semplice da organizzare e con un meccanismo non così rigido e tutto ciò ha portato a dichiarazioni discutibili e promesse davvero fuori luogo, ma che hanno fatto il giro del mondo, facendo storcere il naso a chi già dubitava delle capacità organizzative del nostro paese.

Eurovision, l’evento di Torino ha smorzato l’entusiasmo?

Chi scrive segue la manifestazione in loco dal 2014. Quest’anno ho notato una certa supponenza organizzativa che ha portato diverse lacune che anche i colleghi europei hanno sottolineato in alcuni loro reportage. Innanzitutto si è segnalata la totale mancanza di comunicazione tra il Comune e l’Ebu. Durante le prove del pomeriggio al Pala Olimpico, di solito molto seguite dalla Sala Stampa o on line, a Palazzo Madama venivano organizzate improbabili conferenze stampa. In città non si è capito che tra i Negrita o Johnson Righeira e Poli Genova o Bojana Stamenov l’interesse del pubblico eurovisivo, presente in massa a Torino, era orientato esclusivamente su questi ultimi.

Le distanze tra i vari punti della città erano eccessive e, senza un adeguato piano parcheggi e trasporti pubblici, lavorare è stato davvero complicato. Un pessimo biglietto da visita anche per molti colleghi italiani rappresentanti della carta stampata che per la prima volta seguivano l’Esc in presenza e che hanno giurato che non ci metteranno mai più piede.

A parte rare occasioni, a Torino non si è mai respirata quell’atmosfera eurovisiva che rendeva magica anche la visione delle serate dalla Sala Stampa.

Tanti piccoli segnali che si sono poi riversati inevitabilmente sulla proposta musicale. Mahmood e Blanco, nonostante l’ottimo sesto posto finale, hanno vissuto tutta la manifestazione come un fastidio, un impedimento tra i vari impegni promozionali già fissati. Un vero peccato visto che l’artista secondo nel 2019 aveva compreso l’importanza di una buona esibizione davanti a un pubblico globale, ma che dopo la performance svogliata al Pala Olimpico ha perso buona parte della credibilità internazionale acquisita.

Tanti segnali che fanno vacillare l’interesse nei confronti dell’Eurovision. Al momento si tratta solo di una sensazione, ma anche a livello internazionale sono molti meno rispetto al passato gli articoli riservati alla nostra selezione nazionale, ovvero il Festival di Sanremo.

Pare che i primi sintomi della disaffezione siano, quindi, bidirezionali e chissà come verrà gestita la kermesse a Liverpool da parte della Rai. Dipenderà molto dal nostro rappresentante, ma anche da tutto il contorno mediatico che verrà creato.

L’impressione è si sia incrociata una parabola discendente pericolosa per un progetto che faticosamente aveva fatto breccia nei cuori degli appassionati di musica e televisione e che ora potrebbe ridimensionarsi, anche troppo velocemente. Con rammarico di chi ha veramente creduto in un’operazione di lancio dell’Esc nel nostro paese, a questo punto riuscita solo a metà.

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