Francesco De Gregori, cantautore simbolo della musica italiana, ha recentemente espresso la sua posizione sulla “musica passiva”, schierandosi al fianco del maestro Nicola Piovani in una critica condivisa durante l’ultima puntata del 2024 di Splendida Cornice, il programma condotto da Geppi Cucciari su Rai 3.
Ma questa posizione solleva inevitabilmente una domanda: come si concilia con l’utilizzo di due suoi celebri brani, “La storia siamo noi” e “Sempre e per sempre”, in spot pubblicitari di grande visibilità come quelli di Enel?
Durante il programma, Piovani ha definito la musica di sottofondo “un malcostume”, criticandone l’uso distratto e svalutante, paragonandola a una sorta di “carta da parati sonora” che finisce per essere ignorata mentre si compiono attività banali, come mangiare o fare la spesa.
De Gregori, intervenuto telefonicamente, ha rincarato la dose, paragonando la musica passiva agli effetti nocivi del fumo: “La musica passiva è uno spreco, soprattutto in luoghi come le farmacie. Che senso ha che ci sia mentre qualcuno compra dei preservativi?”.
Se da un lato De Gregori si mostra critico verso l’uso della musica in contesti non curati, dall’altro i suoi brani sono attualmente protagonisti di due campagne pubblicitarie di grande risonanza. “La storia siamo noi” ha accompagnato gli spot Enel durante gli Europei 2024 e i Giochi di Parigi 2024, diventando una presenza costante nelle pause pubblicitarie delle dirette televisive. Successivamente, “Sempre e per sempre” è stata scelta come colonna sonora della campagna autunnale di Enel, confermandosi come una delle melodie più riconoscibili della stagione.
La domanda sorge spontanea: gli spot pubblicitari trasformano la musica in un’esperienza “attiva”, come sottolineato da alcuni, o ne perpetuano un utilizzo passivo? Grazia Sambruna, sulle pagine del Corriere della Sera, ha messo in luce questa apparente contraddizione: “De Gregori critica la musica usata distrattamente, ma i suoi brani negli spot Enel non subiscono lo stesso trattamento?”.
In un’epoca in cui la musica è onnipresente, il confine tra valorizzazione artistica e banalizzazione commerciale si fa sempre più sottile. L’utilizzo di canzoni iconiche come quelle di De Gregori negli spot pubblicitari è un esempio lampante di come il dibattito sia più complesso di quanto appaia.
Questa dualità non è nuova nel mondo della musica. Molti artisti, pur manifestando scetticismo verso il mondo pubblicitario, accettano collaborazioni che garantiscono visibilità e introiti economici. È una contraddizione inevitabile o una scelta consapevole? Nel caso di De Gregori, la domanda resta aperta: è possibile conciliare una posizione critica verso la “musica passiva” con la diffusione massiva delle proprie opere attraverso campagne pubblicitarie?
Se da una parte gli spot possono introdurre i brani a un pubblico più ampio, dall’altra rimane il rischio che perdano il loro valore originale, trasformandosi in semplici accompagnamenti sonori. E, forse, proprio in questo risiede il cuore del dibattito.

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