Franco Mari

È morto a 83 anni Franco Mari, l’attore e comico milanese conosciuto come Rupert Sciamenna. Volto storico degli sketch di Maccio Capatonda e Herbert Ballerina, ha reinventato l’assurdo televisivo con la sua voce inconfondibile e il suo humour fuori dal tempo.

Un addio che lascia un vuoto nel surreale

La comicità italiana perde una delle sue figure più singolari e riconoscibili: Franco Mari, noto al pubblico come Rupert Sciamenna, è morto a Milano all’età di 83 anni.
Attore, caratterista e simbolo di una comicità assurda e irresistibile, Mari ha attraversato quarant’anni di televisione e cinema mantenendo intatta la sua natura di artista laterale, inafferrabile e libero.
Il suo nome resta legato a doppio filo a quello di Maccio Capatonda e Herbert Ballerina, con cui ha dato vita a un linguaggio comico completamente nuovo, capace di mescolare la parodia, il nonsense e la malinconia in un impasto unico e inconfondibile.

Il ricordo di Herbert Ballerina

A dare la notizia della scomparsa è stato Luigi Luciano, in arte Herbert Ballerina, che ha condiviso sui social un messaggio carico di affetto e gratitudine:

«Purtroppo il mitico Rupert Sciamenna ci ha lasciati. Erano i miei inizi, e sono felice di averli vissuti insieme a lui. Franco era il più giovane di noi, anche se sembrava il più vecchio del mondo, con quella sua eleganza strana e quella voce assurda. Abbiamo fatto tanta strada insieme e, se oggi guardo indietro, penso solo a quanto siamo stati fortunati a incontrarci. Non lo capivamo, ma avevamo cambiato qualcosa: la gente per strada parlava come lui.»

Parole che riassumono perfettamente l’impatto culturale e affettivo di Franco Mari: un attore che, con il solo tono di voce o uno sguardo obliquo, riusciva a creare universi di ironia e poesia grottesca.

Franco Mari, una vita fuori dagli schemi

Nato a Milano nel 1942 da madre italiana e padre svizzero, Mari aveva iniziato la sua carriera in tutt’altro settore, lavorando nel mondo alberghiero prima di avvicinarsi, negli anni Ottanta, al cinema e alla recitazione.
Il suo volto è comparso in film di grandi maestri della commedia italiana come Steno (Mani di fata), Mario Monicelli (Facciamo Paradiso) e Neri Parenti (Cucciolo). Ma la sua vera esplosione è arrivata più tardi, grazie alla televisione e al linguaggio surreale dei finti trailer ideati da Marcello Macchia, alias Maccio Capatonda.

La nascita di Rupert Sciamenna

È proprio nei programmi “Mai dire Lunedì”, “Mai dire Martedì” e in altre produzioni firmate Capatonda e Enrico Venti (Ivo Avido) che nasce il mito di Rupert Sciamenna: un personaggio indefinibile, a metà tra aristocratico decaduto e alieno caduto sulla Terra, capace di trasformare ogni parola in un mantra comico.

Mari interpretava figure altolocate, presuntuose o crudeli, sempre caricaturali, con quella sua parlata inimitabile e le risate dal tono “malvagio” che sono diventate un marchio di fabbrica.
Da Rocchio 47 (parodia di Rocky Balboa) a Il vecchio conio, da Ahia ma sei scemo fino a La villa di lato e Mario (la serie cult di MTV in cui vestiva i panni di Lord Micidial), Mari ha attraversato tutte le incarnazioni dell’universo capatondiano diventandone uno dei volti più amati.

Il linguaggio Sciamenna: quando il grottesco diventa pop

La forza di Rupert Sciamenna non stava solo nelle battute o nei tormentoni, ma in un modo di recitare il surreale come fosse vero.
Franco Mari trasformava ogni frase in una scultura sonora, con pause, risate e inflessioni che sfuggivano a ogni logica ma finivano per diventare contagiose.
Come ha ricordato Herbert Ballerina, “la gente per strada parlava come lui”: un segno inequivocabile di quanto il personaggio fosse entrato nell’immaginario collettivo.

Quel linguaggio — grottesco, teatrale, volutamente “stonato” — ha influenzato un’intera generazione di comici, youtuber e sceneggiatori, anticipando di anni la comicità surreale e metanarrativa che oggi domina il web.

Tra cinema, tv e videoclip

Oltre alle collaborazioni con Capatonda, Mari ha partecipato a diversi film e progetti indipendenti.
Ha recitato in “Tutti gli uomini del deficiente” (1999), “Italiano medio” (2015) e “Omicidio all’italiana” (2017), dove ha portato sul grande schermo la sua maschera più celebre.
È apparso anche nel videoclip “Parco Sempione” di Elio e le Storie Tese, interpretando una versione caricaturale di Roberto Formigoni, in un cameo che è diventato virale ancora prima che il termine “virale” entrasse nel linguaggio comune.

Con il suo volto ossuto e lo sguardo obliquo, Mari incarnava il caratterista perfetto: un attore in grado di rubare la scena con un solo gesto, di costruire personaggi tragici e ridicoli insieme, come nella grande tradizione del teatro comico italiano.

Un attore di culto per una comicità d’autore

Negli anni, il nome di Franco Mari è diventato sinonimo di comicità alternativa, un modo di ridere che rifugge la gag facile e abbraccia l’assurdo come forma d’arte.
Il suo lavoro con Maccio Capatonda e Herbert Ballerina ha dato vita a una nuova grammatica visiva, fatta di tempi sbagliati, doppi sensi esistenziali e parodie che diventano specchi deformanti della realtà.

Rupert Sciamenna era tutto questo: una maschera archetipica e aliena allo stesso tempo, un personaggio che sembrava uscito da un film di Lynch ma con l’anima di un attore di avanspettacolo milanese.
In un’Italia televisiva dominata da format ripetitivi, Mari ha incarnato la libertà dell’improvvisazione, la bellezza dell’errore, la poesia del nonsense.

Un’eredità viva nel linguaggio di tutti i giorni

Oggi, rileggendo i commenti e i ricordi condivisi online, emerge un dato inequivocabile: Rupert Sciamenna non era solo un personaggio comico, ma un modo di vedere il mondo.
Il suo stile, volutamente fuori tempo, ha fatto scuola. Frasi come “Il vecchio conio” o le sue risate isteriche sono entrate nel linguaggio comune, diventando citazioni ricorrenti anche tra chi non conosceva il suo nome anagrafico.

La sua comicità non aveva bisogno di battute perfette o sceneggiature precise: bastava il suo volto, una pausa o uno sguardo in macchina per creare il corto circuito comico perfetto.
Franco Mari ha dimostrato che il grottesco può essere profondo, che la parodia può essere affettuosa, e che dietro l’assurdo può nascondersi una malinconia autentica.

Addio a un attore unico

Con la morte di Franco Mari, se ne va un pezzo irripetibile della comicità italiana, ma resta l’eredità di un artista che ha saputo trasformare l’assurdo in linguaggio e la stranezza in poesia.
Il suo Rupert Sciamenna continuerà a vivere negli sketch di Mai Dire Gol, nei film di Maccio Capatonda e nella memoria di chi ha imparato a ridere grazie a quella voce “assurda”, elegante e stranamente familiare.

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