La voce di Giuni Russo torna a risuonare con “Mediterranea” in versione remix: un progetto che celebra la sua voce unica e la sua eredità nella musica italiana.
A vent’anni dalla scomparsa, Giuni Russo continua a vivere nella memoria degli amanti della musica italiana. Oggi il suo nome torna prepotentemente d’attualità grazie al progetto Mediterranea, brano del 1984 ripubblicato in una nuova versione remix firmata dal producer Dumar e lanciata da Warner Music Italy in collaborazione con Vanity Fair. Un ritorno che profuma di rivincita per un’artista troppo spesso incompresa ai suoi tempi, ma oggi finalmente riconosciuta come pioniera, innovatrice e voce senza tempo.
A raccontare questo nuovo capitolo è Maria Antonietta Sisini, compagna di vita e d’arte di Giuni per 36 anni. «Mediterranea era Giuni, diceva sempre così. Questo remix sembra ridarle finalmente lo spazio che merita», ha dichiarato a Vanity Fair. Dal successo planetario di Un’estate al mare alle sperimentazioni raffinate, Giuni Russo ha sempre anticipato i tempi, pagando spesso il prezzo della sua coerenza e della sua unicità.
Maria Antonietta non smette di ripetere la sua preghiera: «Madonnina, fa’ che la mia Giù abbia ciò che merita». Oggi sente che questo desiderio si stia realizzando, anche grazie all’interesse che la nuova generazione sta mostrando verso l’arte della cantautrice siciliana.
La rinascita di Mediterranea non è solo un’operazione nostalgica: la voce di Giuni suona incredibilmente attuale, moderna, come se non fosse mai passata di moda. «Quel brano nacque dalla nostalgia per il mare, per le nostre isole, la Sardegna mia e la Sicilia di Giuni. E lei ripeteva: “Io sono Mediterranea”», racconta Maria Antonietta.
La nuova versione si inserisce nel filone revival italodisco, ma lo fa con stile, rispettando l’anima originaria del pezzo. Un modo per far conoscere Giuni anche ai più giovani, in un’epoca in cui la musica spesso si consuma in fretta ma le voci autentiche riescono sempre a emergere.
Anche Sanremo fa parte del ricordo e della storia di Giuni Russo. Nel 2003, nonostante la malattia avanzata, Giuni volle salire su quel palco per portare la sua Morirò d’amore, uno dei brani più intensi e struggenti della storia del Festival. «Non volle che si parlasse della sua malattia, non cercava pietà. Pretendeva che si guardasse solo alla musica», ricorda Maria Antonietta.
Il rifiuto delle case discografiche, i no ricevuti anche per motivazioni assurde («addirittura dissero che era stonata»), il disinteresse di un’industria discografica miope: tutto questo non ha mai fermato Giuni Russo, che ha continuato a seguire il suo percorso con integrità e fede. «La musica era la sua vita. Non avrebbe mai potuto abbandonarla, anche se in tanti glielo suggerirono», racconta la Sisini.
Oggi, nel panorama discografico dominato dai numeri e dalla velocità, la lezione di Giuni Russo appare ancora più preziosa. «Lei diceva che l’industria musicale non si rendeva conto del male che faceva ai giovani. Li illudeva, li triturava, li abbandonava», sottolinea Maria Antonietta, ricordando anche il forte legame spirituale che ha accompagnato Giuni negli ultimi anni.
La musica di Giuni, con la sua continua ricerca e il suo spirito libero, resta un esempio di come arte e fede possano fondersi in qualcosa di eterno, che sfugge alle mode e supera ogni confine.
A 21 anni dalla scomparsa, Giuni Russo continua a essere un faro per chi ama la musica fuori dagli schemi. «Non siamo riuscite a invecchiare insieme, ma io sento che lei è ancora qui», confessa Maria Antonietta Sisini. Mediterranea oggi rappresenta una nuova vita, un altro piccolo passo verso quella rinascita artistica che Sisini invoca da sempre.
Il ricordo di Giuni resta vivo anche grazie a chi, come Maria Antonietta, non ha mai smesso di credere nel suo talento e nella sua unicità. Perché alcune voci non smettono mai di cantare.

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