Grande anima

Intervista a Clementino, che con Grande Anima si spoglia dei cliché e mostra il lato più profondo, spirituale, cantautorale. A 43 anni compiuti da poco, Clementino è un uomo che ha attraversato il buio e ne è uscito trasformato: “Questo disco è il mio risveglio, la mia rinascita”.

Lo incontriamo in un momento di pace apparente. Sorride, ma gli occhi raccontano un viaggio lungo e tortuoso. “Negli ultimi tre anni ho iniziato a meditare, a viaggiare da solo: India, Costa Rica, Giappone. Ho letto molto, mi sono guardato dentro. Grande Anima è il frutto di questo percorso. Non è un disco rap, è una perla a parte”.

Nel disco si respira un’energia nuova. I beat lasciano spazio a melodie calde, al pianoforte, a testi che scavano nel profondo. Clementino parla di rinascita (“Il Risveglio”), di amore (“Aspettando questa notte”), di spirito e radici (“Costa Rica”, “Batte il cuore”). Ma senza mai perdere il legame con Napoli: “Porto la lava del Vesuvio nello zaino. È la mia benzina”.

Non è stato facile arrivare qui. “Ho vissuto anni duri, segnati dall’alcol, dalla dipendenza. Ma la musica mi ha salvato. E questa volta l’ho scritta con calma, senza rincorrere le mode. Ho ascoltato più Dalla e Pino Daniele che rap. Non ho bisogno di seguire le tendenze per dimostrare chi sono”.

Anche i featuring seguono la logica del cuore: niente ospiti per fare streaming. Gigi D’Alessio, Pao dei Negrita, giovani come Andrea Settembre e Ste… sono tutti legami veri, non calcoli. Volevo un disco autentico, non furbo”.

Clementino non rinnega il passato, ma oggi è un altro uomo. “Clementino è il robot, Clemente è chi lo guida. E adesso è il momento di far parlare l’anima. Mi dicono: ma tu sei un rapper o un cantautore? E io rispondo: sono entrambi. Sono me stesso, finalmente”.

Grande Anima non è un’operazione nostalgica, né un disco di svolta forzata. È un album sincero, spirituale, umano. Un disco che parla con chi ha voglia di ascoltare — davvero.

Intervista a Clementino, il nuovo album ‘Grande Anima’

Clementino, il tuo nuovo album si intitola Grande Anima. Cosa rappresenta questo progetto per te, oggi, a 43 anni?

Grande Anima rappresenta tantissimo per me, è come un giro di boa. A 43 anni sento il bisogno di voltare pagina, ma senza rinnegare il passato. È un disco profondamente cantautorale, nato dall’esigenza di raccontarmi in modo diverso. Il rap hardcore fa parte di me e lo porterò sempre avanti, ma questo album è una perla a parte, un’opera che sentivo il bisogno di realizzare.

Nel disco si avverte la tua trasformazione interiore: parli di viaggi, meditazione, lettura. In che modo tutto questo ha influenzato il tuo modo di scrivere e vivere la musica?

Negli ultimi tre anni ho iniziato a meditare con costanza, mettendo la meditazione sullo stesso piano del rap. Ho viaggiato molto, da solo, in posti come l’India e il Costa Rica. Questi viaggi mi hanno cambiato profondamente e, di riflesso, hanno influenzato le mie canzoni. Ho iniziato a pensare a un concept album che parlasse dell’anima, delle sue sfumature: spiritualità, amore, speranza. Tutto nasce da lì.

Si percepisce un equilibrio ritrovato nel disco. Quanto è stato difficile raggiungerlo?

Non è stato semplice. Ho attraversato anni difficili, tra alcol e altre dipendenze. Ma ho dovuto fermarmi, ritrovarmi. Questo album nasce da quel lavoro su me stesso. Ultimamente ho ascoltato più Pino Daniele e Lucio Dalla che rap. È stato naturale virare verso un approccio cantautorale. Il boom bap lo facevo quando tutti portavano la trap. Ora che il boom bap è di moda, io faccio altro. Sono sempre stato così, non sarei Clementino altrimenti.

Napoli è sempre presente nelle tue canzoni, ma qui sembra diventare quasi una figura spirituale. Che rapporto hai oggi con la tua città?

Un rapporto ancora più profondo. Porto la lava del Vesuvio nello zaino, la porto ovunque. Dopo anni a Roma e Milano, sono tornato a vivere a Napoli. E mi fa piacere vedere che oggi sono gli altri a voler venire qui. Napoli è ritmo, accoglienza, contaminazione. Senza Napoli non saprei scrivere così. Il disco si chiude con “Giorni Nostri”, dove torno a casa: è un ritorno alle radici.

“Risveglio” è una canzone che parla di inferno e rinascita. Come si racconta un dolore profondo senza filtri, senza paura di essere giudicati?

RNon devi avere paura di essere giudicato. Musica significa verità. E se non sei autentico, sei uno dei tanti. La spiritualità mi ha insegnato a togliere il superfluo. È la prima regola della meditazione: andare all’essenza. Raccontarsi senza filtri è l’unico modo per arrivare all’altro.

“Dolce come il miele” è un altro brano introspettivo. Quanto è importante scavare dentro se stessi?

È fondamentale. In quella canzone invito a “scavare nelle viscere per trovare te stessa”. L’ho scritta ad Amsterdam dopo aver letto James Hillman e Giulio Verne. La meditazione mi ha insegnato che le soluzioni si trovano dentro di noi. Non è che i problemi spariscono, ma cambia il modo in cui li affronti.

Nonostante il tono intimo, non manca in alcuni casi la tua inconfondibile ironia. In che modo hai equilibrato questo lato nel disco?

Grande Anima è forse il mio disco meno ironico. È stata una scelta voluta. Ho voluto far vedere che dietro Clementino c’è Clemente, una persona seria. Clementino è il robot, Clemente è chi lo guida. Ci tengo a mostrare entrambe le facce. Chi non sa ridere e chi non sa essere serio mi fa paura: bisogna trovare un equilibrio.

“Aspettando questa notte” è una ballata d’amore semplice e luminosa. È difficile per chi ha sempre vissuto di adrenalina raccontare la serenità?

Non è difficile, ma serve lavoro su se stessi. Ho scritto questa canzone per la mia compagna Roberta, con cui sto molto bene. L’ho scritta dopo un viaggio insieme in Giappone. È venuta fuori tutta di getto. A volte scrivi canzoni per mesi e non ti convincono, altre volte bastano pochi minuti. Quelle spontanee spesso sono le più vere.

“Batte il cuore” sembra un inno alle radici e alla memoria. Cosa rappresenta per te questo brano?

È una sorta di “Quando sono lontano 2.0”, ma con una differenza: non è solo per chi è lontano dalla propria terra, è per chi riscopre la forza delle radici. Il videoclip l’ho girato nei miei paesi: Nola, Cimitile, Camposano. Sono figlio del Vesuvio, vivo proprio lì. Quel legame con la mia terra è inscindibile.

Costa Rica” è uno dei brani più spirituali del disco. Cosa ti ha ispirato nella scrittura?

Vado in Costa Rica da anni, in particolare a Guanacaste, dove faccio meditazione con gli sciamani e ayahuasca. Vado da solo, per ritrovare me stesso. Quel brano è un omaggio a quel luogo e alla sua energia. Le percussioni tribali, il suono… tutto è nato da lì. E non a caso chiudo molte canzoni parlando dell’universo. Perché ho capito che sotto l’universo, ci salveremo.

I featuring del disco sembrano scelti con il cuore, non per moda. Come hai lavorato in questo senso?

Ho voluto evitare i featuring da “acchiappa-streaming”. Ho già duettato con tutti i big del rap, da Marracash a Fibra fino a Geolier. Stavolta ho scelto artisti che sentivo vicini a me qui e ora. Gigi D’Alessio ad esempio: ci siamo chiariti dopo anni di dissidi, e chiudere quel cerchio mi sembrava giusto. Andrea Settembre ha aperto i miei concerti e ha vinto Sanremo Giovani. Greg Rega, Calmo e Crepa fanno parte della mia band. Pao degli Negrita l’ho incontrato per caso allo stadio, ed è nata così la collaborazione. Non ho forzato nulla: è stato tutto naturale.

Ti senti oggi più vicino alla figura del cantautore o del rapper? O entrambe possono coesistere nel futuro della musica italiana?

Sicuramente sì. Il rapper è un cantautore. La differenza sta nel dire la verità: se racconti chi sei, fai musica vera. Io non voglio scegliere tra essere rapper o cantautore: io sono Clementino. E dentro Clementino ci sono entrambe le anime, più anche quella televisiva. Fanno tutte parte della mia grande anima.

In molte tracce si avverte un’intensità spirituale, quasi da preghiera laica. Cosa ti ha insegnato il silenzio, quello che hai incontrato nei tuoi viaggi?

Il silenzio ti insegna chi sei. Marco Aurelio, il padre dello stoicismo, diceva che per arrivare a un risultato servono lavoro e silenzio. Quando smetti di forzare le cose e fai spazio, la vita ti porta dove devi andare. Il rumore nella mente ti confonde, il silenzio dell’anima ti guida. Oggi so che è meglio la calma dentro che il caos fuori.

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