Daniele Cobianchi

L’eclettico cantautore e manager pubblicitario Daniele Cobianchi torna con il nuovo album Ciclista Amatoriale.

Un progetto ora disponibile anche in formato fisico, arricchito da una speciale copertina realizzata dall’artista di fama internazionale Paolo Troilo.

Ne abbiamo parlato in un’intervista.

Intervista a Daniele Cobianchi

Cosa rappresenta per te l’album “Ciclista amatoriale”?

Questo album nasce in un momento della mia vita nel quale ho sentito il bisogno di riconnettermi con una parte di me che avevo stivato, pur avendola accudita negli anni per non farla scomparire.

Ritornare a scrivere musica mi ha permesso di interpretare l’adulto che sono diventato. Ciclista Amatoriale è una metafora per raccontare il mio viaggio e forse anche il viaggio di una generazione che si trova in bilico tra passato e futuro, tra sogni realizzati e abbandonati, tra illusioni e disillusioni, in un mondo che preferisce la velocità della superficie al passo più lento della profondità. Un disco contemporaneo nelle immagini e nei suoni che non si nutre di nostalgia ma di prospettiva.

Il disco prende vita anche dalla copertina. Per nulla scontata…

Il concept creativo è di Paolo Troilo uno dei più importanti artisti contemporanei. Paolo dipinge solo con le dita e non usa pennelli. Cercavamo una simbologia che fosse immediata, evocativa. Paolo mi ha mostrato con uno schizzo ciò che aveva in testa, dopo aver ascoltato il disco due volte di fila. Ho trovato questo concept potente e perfettamente descrittivo. Ciclista Amatoriale è colui che non gareggia e non usa abiti performanti ma sa cogliere, del percorso della normalità, la bellezza.

Come nasce l’idea di una suddivisione in capitoli?

Ho scritto diversi romanzi con Mondadori negli ultimi anni e ho imparato l’importanza della posa di singoli mattoni nella costruzione di una storia. La narrazione ha bisogno di spazio e respiro e diventa difficile esprimere un concetto importante senza l’ampiezza e i tempi giusti. Oggi esistono singoli con testi banali ad uso e consumo del momento e dei social; nulla rimane, nulla sedimenta. Ciclista Amatoriale è un album, non un collage di singoli, fatto di canzoni che contribuiscono alla costruzione di un racconto unico.

Non ho interesse nel compiacere il sistema e forse non ne sarei nemmeno capace. Vedo che gli artisti che amo di più come Fabi, Silvestri e Bersani fanno la stessa cosa. Non è un presidio di un passato-passato ma la valorizzazione della musica per ciò che può ancora essere nonostante la tecnologia la spinga sempre più a diventare un semplice corollario di altri contenuti.

L’aspetto del disco che più colpisce è la consapevolezza del presente. Una celebrazione del concetto del “qui e ora”. C’è un momento in cui hai fatto pace con te stesso?

Non sono in conflitto col presente perché è il risultato delle mie scelte e in parte della direzione che sono riuscito a darmi nella corrente. Ma ho 52 anni e la consapevolezza che ho maturato è la mia più grande ricchezza. Non c’è vanità in questo disco.

Non ci sono palchi ai quali ambisco e che hanno guidato la scrittura. Ho trovato salvifico comporre mettendomi a nudo, senza timori di scoprirmi o di sembrare fragile. Passo la gran parte del mio tempo in giacca e cravatta, interpretando un ruolo, ma dentro ho un mondo meno omologato e più intimo che ho voluto far emergere attraverso la musica. La bellezza del tempo che sto vivendo è proprio il senso di libertà espressiva e credo che questo arrivi in modo prepotente in ogni singolo brano.

Musicalmente hai lavorato su melodie tutto sommato semplici, ma rese interessanti da una produzione che, a volte minimale, permette di concentrarsi sulla forma canzone. Come sei arrivato a questo tipo di equilibrio?

Adoro John Mayer e mi ha ispirato molto sia nella scrittura sia nella produzione. Mayer nonostante sia uno dei più grandi chitarristi viventi ha sempre ricercato una semplicità di scrittura e un mondo prevalentemente acustico per valorizzarla.

Le canzoni vengono prima di tutto, sempre. Le melodie, i testi, le armonie e il loro combinarsi magicamente non hanno quasi mai bisogno di sovrastrutture. Quest’ultime sono necessarie quando i brani sono deboli e richiedono tutori per stare in piedi. Ho contattato Alberto Bianco, artista e produttore che stimo profondamente, e insieme a lui e ai suoi straordinari compagni di viaggio, Filippo Cornaglia, Matteo Giai e Riccardo Parravicini abbiamo immaginato e realizzato il mondo sonoro di Ciclista Amatoriale, suonando molto insieme, registrando in presa diretta. Le canzoni hanno trovato il loro vestito più naturale e la loro verità, quello di cui avevo bisogno.

Daniele Cobianchi, qual è l’aspetto della tua musica che oggi ti rende più orgoglioso?

Sono orgoglioso di questo progetto perché mi ha nutrito, divertito ed emozionato. Mai mi sarei immaginato di tornare in studio e di far nascere un disco così importante. Poi mi rende davvero felice aver raccontato una generazione, quella mia, che non se la passa bene, pressata dai tempi nuovi e da quel senso di essere stata sorpassata perché appartenente a un mondo che non c’è più. Credo che abbiamo ancora tante cose da dire se continuiamo a interpretare il tempo che viviamo e non ci chiudiamo in comode zone di conforto.

Avrei potuto selezionare dieci canzoni, che avevo nel cassetto da tanti anni, e farci un disco, forse anche più pop: invece ne ho scritto uno nuovo perché significa avere ancora delle cose da dire, oggi, e non aver paura di mettersi in gioco.

Cosa pensi del mercato musicale attuale, qualcosa non ti piace?

Non mi piacciono diverse cose. Mi intristiscono gli artisti del passato che fanno i giovani su Tik Tok e non mi piacciono quei giovani che non capiscono che la differenza tra l’essere artisti o semplici content creator è la capacità di andare in profondità. Ma ancora mi emoziono quando sento una bella canzone, scritta bene e che arriva dritta. E questo mi basta.

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