ENRICO NIGIOTTI

Dopo un periodo di riflessione e scrittura, Enrico Nigiotti torna con un nuovo singolo che profuma d’estate e malinconia: Passatempo. Un brano che, come lui stesso racconta, rappresenta una pausa luminosa, una “malinconia bella”, capace di emozionare senza ferire.

“Tengo tantissimo a questa canzone, perché da quando è nata non c’è stato un solo giorno in cui non l’abbia ascoltata.
Ha il sapore di bei ricordi, di tramonti e di vento in faccia.”

Passatempo è nato con l’intento di essere condiviso dal vivo, come colonna sonora dei prossimi concerti, e ha finito per accompagnare quotidianamente anche lo stesso Nigiotti, legandosi in maniera speciale al suo vissuto.

In questa intervista, l’artista livornese si racconta con la consueta sincerità, parlando dell’evoluzione della sua scrittura, delle collaborazioni con i produttori Enrico Brun e Celo, dell’incontro artistico (e umano) con Olly, ma anche del suo rapporto con il pubblico e del significato profondo che ancora oggi attribuisce all’idea di “fare un disco intero”. Un dialogo intimo e diretto, come la sua musica.

Intervista a Enrico Nigiotti, il nuovo singolo “Passatempo”

Enrico, bentornato! Partiamo subito dal tuo nuovo singolo “Passatempo”: cosa rappresenta per te questo brano nel tuo percorso artistico?
È un attimo di leggerezza, una pausa piena di luce. Lo definirei una “malinconia bella”, quasi una saudade brasiliana. L’ho scritto lo scorso settembre mentre lavoravo al nuovo album, e ho sentito che aveva il sapore dell’estate. Mi sembrava perfetto per accompagnare le date del tour, per uscire e condividerlo con la gente dal vivo.

Hai raccontato che ascolti “Passatempo” ogni giorno da quando l’hai scritto. Cosa ti lega così tanto a questa canzone?
È strano, perché non sono solito riascoltarmi così spesso, ma ogni volta che la metto mi trasmette energia, mi fa stare bene. Di solito cerco un certo distacco dopo aver scritto un pezzo, invece con questa sentivo un’emozione forte ogni volta. È per questo che ho deciso di pubblicarla, è una canzone che vive con me.

Hai parlato di una nostalgia che “scalda e non ferisce”. È un’immagine potente. In che modo “Passatempo” si distingue dagli altri tuoi brani?
Credo che sia più visiva, più fotografica. Ho cercato immagini nitide come “senza tramonto il cielo è solo un tetto”, per raccontare la nostalgia in modo solare. Di solito esco con brani più densi, qui volevo essere più leggero ma senza perdere profondità. Diciamo: “dignitosamente brillo”, ecco. Leggerezza vera, non superficialità.

La tua scrittura è sempre stata sincera e immediata. Negli anni come si è evoluto il tuo modo di raccontare temi universali come la malinconia?
Continuo a scrivere solo se sento il bisogno. Però ho imparato a confrontarmi anche con cose che inizialmente non mi piacevano, per capirle. La musica è come il cibo: non è cattiva se non ti piace, semplicemente non fa per te. Questo mi ha insegnato ad ampliare lo sguardo. Ma il mio approccio resta sempre autentico: scrivo solo quando ho qualcosa da dire.

Nel brano ci sono due produttori importanti: Enrico Brun e Celo. Che contributo hanno dato alla canzone?
Celo è stata una bella scoperta. È una persona con cui lavorerei anche quattro giorni di fila: umano e musicalmente molto in sintonia. Con Brun, invece, ho un legame speciale: è con me dai tempi de L’amore è, è il mio produttore “storico”, una figura fondamentale per il mio suono. Anche nei tour lo coinvolgo sempre, è come un fratello artistico.

Hai collaborato anche con Olly, in un duetto sorprendente. Com’è nata “Sopra la stessa barca”?
Tutto è nato da un incontro casuale. Juli, il produttore, mi ha scritto perché ascoltava L’amore è in vacanza. Così ci siamo visti in studio e ho conosciuto Olly, con cui è scattata subito una sintonia umana e artistica. Mi fa piacere che quella collaborazione sia diventata anche un’amicizia vera.

A proposito di live, i tuoi concerti hanno sempre un’energia speciale. Che rapporto hai oggi con il tuo pubblico?
Per me ogni concerto è una scoperta. Non ho mai vissuto la musica per tutto ciò che le ruota attorno. Non mi sono mai spostato da Livorno proprio per questo: per rimanere me stesso. E ogni volta che sento il pubblico cantare le mie canzoni – anche in concerti non miei – è un’emozione vera, mai scontata. Mi sento più un uomo che scrive canzoni, non un artista.

Hai parlato di un nuovo album. Oggi, secondo te, ha ancora senso pubblicare un disco intero?
Assolutamente sì. Per chi fa il mio mestiere – cantautore o compositore – un album è come un diario. Una canzone può essere un successo passeggero, ma un album racconta una fase della tua vita, la tua crescita personale. Non ho mai scritto pensando a cosa potesse piacere al pubblico, ma solo a cosa sentivo di voler dire. E credo che questo sia il modo più onesto di fare musica.

La prossima estate Enrico Nigiotti sarà in tour. Qui il calendario e Qui il link per l’acquisto dei biglietti.

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