Ghemon

Intervista a Ghemon, che ha pubblicato il 10 gennaio l’album Una Cosetta Così (OTR Live / ADA Music), un esperimento tra musica e stand-up comedy.

Il progetto è disponibile in digitale, ma anche in vinile, in una speciale edizione numerata e autografata. Qui il link per l’acquisto.

Intervista a Ghemon, il nuovo album “Una Cosetta Così”

Ciao Ghemon, oggi parliamo del tuo nuovo album, nato da un progetto particolare che unisce stand-up comedy e musica. Come è nata l’idea di mescolare questi due linguaggi così diversi?

L’idea è nata prima ancora di scrivere lo spettacolo. Da anni sentivo il desiderio di esprimere un lato di me che, al massimo, emergeva ogni tanto sui social con qualche battuta. Mi sono detto: “Perché non portarlo sul palco in modo più autentico?” Ho iniziato frequentando le serate di open mic, quelle dove i comici provano i loro pezzi, e lì ho capito che poteva funzionare. Quando ho visto che le cose iniziavano a girare, ho immaginato uno spettacolo più grande che unisse questa vena comica alla musica, la mia prima passione.

Hai detto che ti sei ispirato alla tradizione americana dei comedy album. Come hai reso questo progetto personale e legato alla nostra cultura, contaminandolo con il teatro-canzone italiano?

È vero, i comedy album americani mi hanno ispirato, ma mi sono reso conto che c’era una sorta di continuità anche con il nostro teatro canzone. Devo essere sincero: ho scoperto Gaber tardi, quando alcune persone mi hanno fatto notare il parallelo. Documentandomi, ho capito quanto il suo approccio fosse vicino a quello che stavo cercando di fare. Gaber mescolava ironia, musica e profondità, e ho voluto onorare quella tradizione con umiltà, aggiungendo il mio tocco personale.

Qual è stata la sfida più grande nel trasformare uno spettacolo dal vivo in un album?

La sfida più grande è stata catturare l’atmosfera del vivo, quella magia che si crea tra il pubblico e l’artista. Nella stand-up comedy, ad esempio, la risata è un momento collettivo, quasi un rito. Riprodurre questa dinamica in un disco è stato complesso, ma ho cercato di far emergere le emozioni autentiche, sia mie che del pubblico.

Come riesci a bilanciare comicità e introspezione senza perdere autenticità?

È stata una sfida anche per me. Inizialmente pensavo che fosse impossibile passare da un momento serio a uno comico senza sminuire l’uno o l’altro. Poi, lavorandoci, ho capito che i due elementi possono coesistere. Sono così anche nella vita: serio e scherzoso. Sul palco riporto questa dualità in modo naturale.

Pensi che in Italia ci sia spazio per sperimentazioni come la tua, considerando quanto il mercato musicale sia saturo?

Assolutamente sì! La stand-up comedy in Italia sta crescendo, ma è ancora un territorio da esplorare. Credo che il pubblico sia pronto per progetti che uniscano musica e comicità, purché siano autentici. Ovviamente richiede coraggio: devi essere disposto a provare, sbagliare e migliorare continuamente.

Nei tuoi spettacoli affronti anche temi delicati come la salute mentale. Come riesci a parlare di argomenti così personali in un contesto artistico?

Parlare dei propri momenti difficili può sembrare narcisistico, ma per me è il contrario. È un modo per creare empatia, per dire al pubblico: “Non siete soli.” La comicità aiuta a sdrammatizzare, a vedere le cose da una prospettiva diversa. Ho vissuto momenti difficili, e so che molti ci passano o conoscono qualcuno che lo fa. Portare questi temi sul palco è una forma di terapia collettiva.

Hai scelto “Sindrome di Stoccolma” come brano di lancio. Cosa rappresenta per te?

È un brano che sfida le convenzioni. In un’epoca in cui tutto deve essere breve e immediato, io ho scelto di prendermi il mio tempo, sia con la musica che con lo spettacolo. “Sindrome di Stoccolma” parla delle sfumature della vita, di quelle parti di noi che conosciamo bene, che ci tengono in pugno, ma che ci spingono anche a migliorarci.

Hai notato differenze nel modo in cui la tua musica viene percepita oggi rispetto a qualche anno fa?

Sicuramente sì. Credo che il pubblico oggi apprezzi di più l’autenticità, anche a costo di essere meno “perfetti.” Ho sempre cercato di essere me stesso, e penso che questo sia ciò che le persone riconoscono nella mia musica.

Pensi che questo progetto sia di ispirazione per altri?

Spero di incoraggiare altri artisti a sperimentare, a uscire dalla loro comfort zone. La musica, come l’arte in generale, è fatta di rischi. Se posso lasciare un messaggio, è quello di essere sempre curiosi e di non aver paura di fallire.

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