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Intervista a Lorenzo Vizzini: “Mi sento fortunato e mi sono concesso un momento di libertà”

Lorenzo Vizzini

Intervista a Lorenzo Vizzini, che ha appena pubblicato il nuovo singolo Austu, brano che inaugura una nuova fase del suo percorso cantautorale, fatta di radici e di partenze, di malinconia e di libertà. “Austu è nata circa un anno dopo aver lasciato per sempre la mia casa a Ragusa – racconta – scriverla è stato un modo per sentirla ancora vicina”. Una canzone che è insieme diario intimo e specchio di un Sud che ferisce e accarezza.

Intervista a Lorenzo Vizzini

Ciao Lorenzo, torni con un nuovo singolo che segna una nuova fase del tuo percorso cantautorale. Cosa rappresenta per te questo brano e qual è stata la scintilla che ti ha spinto a pubblicarlo?

È un brano simbolico, perché nasce dopo un lungo periodo di gestazione in cui ho scritto tanti pezzi in siciliano. Questo è il primo passo di una nuova fase e ho scelto di farlo uscire il 29 agosto, il giorno della festa del Santo Patrono a Ragusa. Per me quella data ha sempre rappresentato la fine dell’estate, un momento di rottura che ho voluto tradurre in musica. L’estate per me è sempre stata quel mondo un po’ onirico dell’adolescenza che però svanisce in fretta, lasciandoti subito nella realtà.

Nel brano racconti di una Sicilia che ferisce e consola allo stesso tempo. Qual è l’immagine più forte o il ricordo personale che ti ha guidato nella scrittura?

Lorenzo Vizzini: È una somma di ricordi. Nel testo ci sono tante immagini legate soprattutto alla fine dell’estate: i palloni mezzi sgonfi, i bar che chiudevano al primo temporale… Da bambino e da ragazzo li vedevo con un misto di fascinazione e malinconia. È proprio questo contrasto ad aver guidato il brano e, più in generale, tutto il disco, che ruota attorno a memoria e ricordo.

Agosto, nel testo, sembra diventare quasi un personaggio: il più amato, ma anche il più beffardo. C’è malinconia, urgenza di fuga, ma anche radici e ritorni. Quanto è stato voluto parlare delle contraddizioni della tua terra?

Molto. La Sicilia nelle canzoni è sempre stata per me una compagna di viaggio. In passato l’ho spesso romanticizzata, questa volta invece ho cercato di raccontarla senza filtri, mostrando anche i suoi lati più duri. Ad esempio, per noi siciliani vivere vicino al mare è quasi una condanna: lo attendi tutto l’anno, ma la vacanza vera non arriva mai, perché il mare è lì accanto e non lo vivi come chi viene da fuori. È un po’ come vivere in un’attesa continua, come una domenica che non arriva.

E oggi qual è il tuo legame con Ragusa?

Dopo anni di vai e vieni mi sono trasferito definitivamente, lasciando la città un anno fa. È stata una resa dei conti. La Sicilia resta dentro di me, nel bene e nel male, e mi accompagnerà sempre. Sarò siciliano per tutta la vita, in ogni cosa che faccio.

Dal punto di vista musicale, il brano è una ballata intima. Quali criteri hai seguito nella produzione e quali atmosfere volevi evocare?

È una produzione che ho fatto letteralmente in casa, suonando io stesso tutti gli strumenti. Mi sono divertito a riscoprire il piacere degli arrangiamenti. Ho cercato di dare al suono, soprattutto alle chitarre, un’atmosfera di lontananza: chitarre tremolanti, riverberate, come il mare che per me rappresentava sempre un altrove inaccessibile. Volevo che si percepisse quella malinconia che, pur ferendoti, a volte ti coccola.

Tornando al tuo percorso, tu hai una posizione privilegiata come osservatore dello stato della musica italiana. Come la vedi oggi e come può posizionarsi il tuo nuovo brano nel panorama attuale?

Mi sento molto fortunato e mi sono concesso una fase di libertà, senza dare troppa attenzione a certe dinamiche. Mi auguro che chiunque lo ascolti possa sentirsi parte di questo racconto. Per me è il primo passo di un viaggio a lungo termine, i frutti li voglio vedere nel tempo. Quanto alla musica italiana, credo che oggi ci sia spazio per tante cose diverse. Forse il coraggio di fare quello che piace è la cosa fondamentale che dobbiamo seguire sempre di più.

A Sanremo 2025 abbiamo visto una nuova centralità del cantautorato, spesso mescolato ad altri generi. Per anni si è detto che si fosse perso. Tu come lo vedi oggi?

Sono molto contento di questa riscoperta, anche perché io sono cresciuto con il cantautorato. Se sono qui è grazie ai cantautori, sono sempre stati la mia stella polare. Credo che il cantautorato sia un po’ come la canzone italiana: unisce tutte le regioni, tutte le età, tutte le latitudini. Ci sono stati autori che hanno saputo sintetizzare influenze diverse – penso a Dalla, Pino Daniele e tanti altri – creando un modello unico nel mondo, tra suono mediterraneo, melodia e centralità della parola. Per me il cantautorato non è mai morto: forse ha solo avuto meno forza dirompente in certi momenti.

Nel tuo percorso quali sono state le tre tappe fondamentali che ti hanno portato alla libertà artistica che oggi si respira in questo singolo?

Ornella Vanoni è stata fondamentale: la prima a credere in me quando ero davvero una scommessa. Poi Mario Lavezzi e tanti altri che hanno segnato la mia carriera da autore. Ogni artista con cui ho lavorato mi ha lasciato qualcosa, da Renato Zero a Mr. Rain, da Mengoni ad altri meno noti. Tutti mi hanno insegnato molto. Ma la vera libertà che sento oggi deriva dal ricordarmi che nasco come cantautore: negli ultimi anni, dedicandomi agli altri, avevo perso di vista cosa volevo davvero dalla musica. Tornare a scrivere liberamente quello che sono è vitale per me.

Nel tuo singolo ho trovato molto di cinematografico, tante immagini. È un tratto tipico della tua scrittura.

In realtà la mia passione più grande è sempre stata il cinema, anche più della musica. Perciò mi fa molto piacere che tu lo abbia notato.

Tu scrivi anche in spagnolo. Cosa ti colpisce di questa lingua e come riesci a essere credibile anche fuori dall’italiano?

Lo spagnolo lo parlo quasi quotidianamente ed è molto vicino al siciliano, che considero la mia lingua madre. Io penso in siciliano e poi traduco in italiano: per questo lo spagnolo mi risulta naturale, affine al mio istinto. Inoltre, il lavoro d’autore mi ha portato a viaggiare, conoscere produttori spagnoli e latinoamericani che hanno apprezzato questa mia attitudine. È una lingua che sento profondamente e scriverci è un piacere.

Questo singolo è solo l’inizio di un progetto più ampio?

Sì, è un progetto che sogno fin da quando ero ragazzino, il progetto di una vita che spero di portare avanti a lungo termine. Questo è il primo volume: ho voluto partire dalle mie radici, dal siciliano, perché è una lingua naturale per me. Ma l’obiettivo è incontrare altre lingue, altre culture, altri uomini lungo il cammino. Per me la musica è uno strumento per conoscermi e conoscere il mondo. Nei prossimi anni mi stupirò io stesso dei passi che verranno.

Ci hai incuriosito. Ti auguro buona musica e ci vediamo presto anche dal vivo.

Grazie a te, è stato un piacere!

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