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Intervista a Seltsam, in gara a Sanremo Giovani 2025

SELTSAM

Intervista a Seltsam, in gara a Sanremo Giovani 2025 con il brano Scusa Mamma, una carezza in forma di musica, un gesto d’amore semplice e sincero verso chi ci ha insegnato cosa vuol dire sentirsi al sicuro.

Seltsam racconta la vita di tutti i giorni, quella vera, fatta di piccole sfide, sogni semplici e momenti in cui ci si riscopre fragili. Niente di fantasioso o sopra le righe: solo la realtà che ogni ragazzo vive, con le sue paure, i suoi desideri e la voglia di restare un po’ bambino anche quando il mondo ti chiede di crescere in fretta.

Le sue canzoni sono un invito a difendere quel fanciullo che è in noi e a ricordarci che vivere davvero significa non smettere mai di sentire.

“Scusa Mamma” è così: un abbraccio in musica, una richiesta di perdono e un modo per dire grazie, con la voce di chi non ha paura.

nel mostrarsi umano. Un gesto a tratti rivoluzionario con due parole dall’impatto fortissimo che, insieme, si trasformano nell’atto di amore più riconoscibile di sempre.

Qui le nostre pagelle delle canzoni di Sanremo Giovani 2025.

Intervista a Seltsam, in gara a Sanremo Giovani 2025

Seltsam, cosa significa per te essere entrato tra i 24 finalisti di Sanremo Giovani 2025?
Entrare nei 24 è come raggiungere l’ultima isoletta prima delle Colonne d’Ercole: non sei arrivato, ma capisci di essere sulla strada giusta. Per me è una soddisfazione enorme, perché vuol dire che il lavoro fatto fin qui sta andando nella direzione corretta. E, anche se dico sempre “speriamo che me la cavo”, sapere di essere tra i selezionati dà una bella carica.

Come ti stai preparando alla selezione televisiva di Sanremo Giovani?
La preparazione riguarda tante cose: il Vestiario, perché l’immagine conta; la Voce, anche se dopo l’audizione il brano lo porti già rodato; Coreografia e presenza scenica e Promozione, soprattutto sui social. Sono un outsider, un underdog: vengo da un talent, non ho la visibilità di altri in gara, quindi in questa settimana ho fatto un grande lavoro online per far ascoltare la canzone. L’ansia? Malissimo: non dormo da un mese e ho la gastrite. Ma sul palco, per fortuna, tutto svanisce.

Parliamo del brano “Scusa mamma”, una canzone molto emotiva. Come hai trovato l’equilibrio tra testo, interpretazione e arrangiamento?
Il brano è nato in modo estremamente spontaneo. Prima strofa e ritornello sono stati scritti in un’ora e mezza. Nulla è stato costruito a tavolino: il pezzo nasce dal cuore, dalla mancanza reale di casa e di mia madre, in un periodo in cui sia io sia il co-autore—palermitano a Milano, come me romano a Milano—sentivamo un bisogno di radici. Il produttore ha lavorato tantissimo, ma la canzone era già “scritta emotivamente”: chiedeva da sé il suo vestito.

È un brano sulla mamma, ma senza retorica. Perché questa scelta?
Perché non sono un “mammone”, ma amo mia madre. La forza del brano sta proprio nel parlare della mamma senza dipendenza o sentimentalismi forzati. È un bisogno di radici, più che un bisogno di protezione. Nel mondo dei grandi ci si dimentica delle basi, e quando mancano le basi, l’albero cade. La madre, per molti, è proprio quel posto sicuro che ti ricorda da dove vieni.

Dal punto di vista sonoro, come avete costruito il sound del brano?
Io vengo dall’indie e negli ultimi anni ho cercato una nuova identità artistica, più pop, con influenze country-pop. Però per questa canzone il punto di partenza non è stato il suono ma il testo. Abbiamo messo il testo al centro, anche sacrificando alcune melodie, che normalmente cambio spesso. Da lì è nato tutto il resto. In studio ci siamo detti subito: questa canzone può esistere solo così. Il brano chiamava naturalmente quel tipo di sound.

Quanto conta il tuo team?
Tutto. Lo dico sempre: i cantanti prendono onori che spesso non meritano del tutto. Il mio produttore ha passato 70 voci al Melodyn solo per questo brano. Senza il mio team non sarei qui. Io metto la faccia, ma il lavoro grosso lo fanno loro.

Uno dei tuoi brani precedenti, Canteremo Un Ritornello, è diventato un inno per gli universitari. Quanto ha contato TikTok nel tuo percorso?
TikTok mi ha salvato la carriera. Dopo un milione di stream al terzo singolo, i successivi brani non sfondavano più. Ero vicino al mollare: mi stavo laureando, ero stanco, due pezzi che amavo non erano andati bene. “Canteremo un ritornello” esce senza nemmeno una playlist Spotify. Mia sorella mi spinge ad aprire TikTok, e il brano esplode. TikTok per me è anche una forma di recitazione: ho fatto teatro, film, serie. È la valvola di sfogo che mi permette di raccontarmi e divertirmi.

Ti dà fastidio essere definito “tiktoker”?
Sì, un po’. Faccio musica da prima. Però non rinnegherò mai TikTok: è il mezzo più meritocratico che esista, si basa sui “mi piace”. Certo, a volte devi postare molto e può diventare pesante, ma è anche un modo creativo di esprimermi.

Fai parte della Nazionale Italiana Cantanti. Che esperienza è?
Bellissima. Unisce le mie due passioni: musica e calcio. Mi piacerebbe, un giorno, poter restituire molto di più in termini sociali, come fare beneficenza concreta. Per ora faccio quello che posso, anche sostenendo l’associazione di una mia cara amica che ha superato due tumori e ha partecipato al video di Sanremo. In campo poi mi diverto: nell’ultima partita ho giocato difensore centrale, un’esperienza fantastica.

Cosa ti auguri per Sanremo Giovani?
Io non punto alla vittoria. Punto a fare bene, a emozionare, a far arrivare la storia del pezzo. Sono un underdog e lo so. Ma il bello è proprio provarci. Voglio solo godermi il percorso e portare rispetto a questo palco.

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