Intervista a Shori, giovane cantautore di 23 anni che ha appena firmato un contratto con Epic Records / Sony Music. Non siamo broke è il nuovo singolo, in cui si avverte la sua peculiarità compositiva.
Intervista a Shori
– Ciao Shori, cosa rappresenta nel tuo percorso il nuovo singolo “Non Siamo Broke”?
Un prima e un dopo. Non siamo finiti perché c’è una semina che aspetta di essere raccolta e un nuovo raccolto che aspetta di essere seminato. C’è un futuro di opportunità da sbranare, prima lo vedevo sbiadito.
– Musicalmente come si è svolta la lavorazione del brano?
In modo molto naturale, l’ho scritto da solo e dopo aver registrato le prime voci sono andato in studio da Kyv per produrlo. Fin dalla prima stesura avevo percepito che avesse qualcosa in più.
– “Non siamo broke” si può considerare un inno. C’è una dedica speciale?
È un grido timido, che può diventare inno, se condiviso. È la voce della mia intimità, ma anche la voglia e la fame del mio team. Più che dediche ci sono tante ispirazioni diverse, racconto più storie oltre la mia, perché sento collettivo il significato di ripartenza.
– Ci siamo incontrati poco meno di un anno fa per il lancio di “Aria”. Qual è l’aspetto del tuo approccio musicale che è maggiormente cambiato rispetto ad allora?
La padronanza delle parole e di quello che voglio esprimere. Lavoro per far arrivare un messaggio nel modo più diretto possibile, ma soprattutto cerco di ridurre al minimo quello strato di spettacolarizzazione che c’è nella musica. Oggi mi affascina un linguaggio meno retorico e più concreto. Le immagini più emozionanti per me, sono quelle incise in un quotidiano semplice.
– Hai partecipato ad Area Sanremo. Come valuti l’esperienza?
Mi ha insegnato che tutte le esperienze vanno vissute, piccole o grandi che siano, possono rivelarsi profonde, arricchendo il proprio bagaglio con nuovi incontri e nuove misure.
– Cosa rappresenta il Festival per un artista della tua generazione?
Molto, soprattutto con il cambio di percezione negli ultimi anni. Arrivare lì sarebbe un’opportunità immensa, ma non mi sentirei totalmente realizzato.
– Cosa significa per te la firma con Sony Music?
Come per Sanremo, una grande opportunità, ma non un punto d’arrivo. È il frutto del lavoro in questi primi anni, un ulteriore step in un percorso di ricerca più ampio. Proprio perché, la mia realizzazione parte da dentro e non può dipendere da un contesto, per quanto speciale esso possa essere.
– Qual è il ruolo dei social media nella diffusione della tua musica?
Condivido poco sui social perché trovò difficile trasmettere l’energia che c’è dietro con una storia o un post. C’è un equilibrio che forse ancora devo trovare e quindi mi limito principalmente a comunicare la musica quando esce. Spero in futuro di trovare maggiore scioltezza nell’utilizzo, ma per ora vedo troppe sovrastrutture, tentativi di coinvolgimento che tolgono spazio e importanza alla musica stessa. Un po’ vecchia scuola da questo punto di vista.
– Oggi qual è l’aspetto della tua musica del quale sei maggiormente orgoglioso?
Il percorso, perché solo se guardi lui nella sua completezza riesci ad apprezzare il punto in cui ti trovi. Dunque la costante angoscia e fame di migliorarsi. Sorprendersi.
Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello” e nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia”.
