cover welo Emigrato

Intervista a Welo, in gara a Sanremo Giovani 2025 con il brano Emigrato, sognando un posto all’Ariston…

Un manifesto generazionale, una storia collettiva raccontata senza filtri, in perfetto stile Welo. In “EMIGRATO” il Sud non è una cartolina, ma il luogo dove si cresce in fretta, dove il talento spesso non basta. C’è la rabbia, sì, ma anche l’ironia come forma di sopravvivenza. 

Le immagini sono semplici e potentissime: la nonna che tramanda valori, il vino come simbolo di convivialità, i trattori al posto dei grattacieli e il lavoro in nero come quotidianità. Non c’è romanticizzazione, tutto viene restituito per ciò che è: vita vera, vissuta, spesso scomoda.

Con “EMIGRATO” Welo prende posizione, raccontando una realtà che esiste anche quando non fa comodo ascoltarla. E dimostra che, a volte, la musica migliore nasce proprio da lì: da chi parte, senza però smettere mai di appartenere.

Intervista a Welo, in gara a Sanremo Giovani 2025

Welo, come vivi questo momento così importante, a pochi giorni dalla semifinale di Sanremo Giovani?
Per me è un momento estremamente positivo. Sanremo Giovani rappresenta una tappa importante del mio percorso, non il punto di arrivo, ma sicuramente un passaggio significativo per me, per la mia città e per ciò che sto cercando di rappresentare. Sono carico e non vedo l’ora di affrontarlo.

Hai parlato spesso di territorialità. Che cosa significa per te rappresentare il tuo territorio, e perché questo tema è diventato così centrale nella tua musica?
Per me la territorialità è un concetto fondamentale, già da prima ma in questo progetto ancora di più. Io sto cercando di fare musica non solo per me, ma per la mia gente, per un popolo che credo non abbia la voce che merita. Non parlo solo di Lecce, ma di tutto il Sud, un luogo dove i problemi non ricevono la risonanza necessaria. Non voglio fare il “paladino della giustizia”, ma ho vissuto certe situazioni e sento il dovere di raccontarle per me e per loro.

Negli anni il Salento è stato al centro dell’attenzione musicale grazie a nomi importanti. Qual è, secondo te, il gap tra l’immagine che si ha del Sud e la realtà quotidiana?
Spesso si pensa che al Sud ci siano solo il mare e la spensieratezza estiva. La verità è che quando arriva ottobre la vita cambia: mancano i soldi, ci sono problemi seri, e molte persone non riescono nemmeno ad avere una casa popolare. Le istituzioni non sono presenti come in altre parti d’Italia. È bellissimo che ci siano artisti forti e festival come la Notte della Taranta, ma non bisogna dimenticare che dietro c’è una realtà molto complessa.

Nel tuo brano “Emigrato” citi: “lo Stato è sempre assente ingiustificato”. Da cosa nasce questa urgenza? Perché oggi, a 25 anni, senti il bisogno di denunciare queste cose?
Perché sogno una città dove i ragazzi non siano costretti a scappare per studiare o per seguire un sogno. Sarebbe bello vedere talenti crescere nella propria terra, ma questo purtroppo succede raramente. Si investe poco e si crea poco “zoccolo duro”. Io nel mio piccolo sto provando a fare qualcosa: quest’anno ho aperto anche uno studio a Lecce. Vorrei contribuire allo sviluppo del mio territorio.

La scrittura del brano è molto cinematografica: la nonna, il vino, i trattori, il lavoro in nero. Come hai scelto queste immagini e quanto la scrittura per immagini è parte del tuo stile?
La verità è che quella strofa l’ho scritta in tre minuti. Non perché sia bravo, ma perché sono scene che vedo ogni giorno. Il pezzo è nato quasi da solo. Mi piace scrivere per immagini perché voglio che la musica sia diretta e comprensibile a tutti: temi difficili raccontati in modo apparentemente semplice, ma con un mondo dietro.

Nei tuoi video coinvolgi spesso ragazzi dei quartieri popolari. È un modo per restituire qualcosa al territorio?
Assolutamente sì. Io sono uno che ha sempre vissuto la strada, nel bene e nel male. Amo stare in mezzo alla gente e credo nell’unione. Coinvolgere le persone nei video è fondamentale per me. Senza questa dimensione, la mia musica sarebbe superficiale.

“Malessere” è stato per certi versi un punto di svolta nella tua carriera. Come lo vivi oggi?
“Malessere” è una canzone che non rinnego e che ho fatto per gioco. È uscita d’estate e ha avuto un boom che non mi aspettavo. Per un periodo sono stato identificato solo con quel pezzo, ma chi mi segue da prima sa che ho sempre trattato temi delicati. Io sono anche quello: mi piace scherzare e fare brani leggeri, ma vengo da un altro background.

Quanto sono importanti le collaborazioni nel tuo percorso?
Sono fondamentali, soprattutto quando sono fatte con amore e rispetto. La collaborazione più importante per me è quella con Isud, che mi ha plasmato sia artisticamente sia personalmente. Mi ha fatto capire qual era la direzione giusta da prendere.

C’è una canzone nella storia di Sanremo che avresti voluto scrivere o portare all’Ariston?
“SOLDI” di Mahmood. È un brano che sembra leggero, ma nasconde temi personali molto forti, dalla famiglia al tema della terza generazione. È un pezzo funzionale a livello sonoro, ma con un contenuto importante. È quello che sogno anch’io di fare con la mia musica.

Che cosa rappresenta oggi Sanremo per un artista della tua generazione?
È un onore incredibile. Parliamo del palco più importante d’Italia, che ha ospitato artisti immensi. Anche quando facevo solo rap, l’ho sempre guardato come un sogno. Spero davvero di poterci arrivare un giorno.

Qual è il segreto per parlare in maniera credibile di temi così delicati?
Sembra banale, ma è semplicemente essere se stessi. L’ho imparato sulla mia pelle. Devi dire quello che vuoi dire, senza filtri, e capire qual è la tua missione artistica. Io ho capito che devo parlare alla mia gente, perché faccio parte di loro. Poi certo, come artista è giusto sperimentare, ma la mia radice è quella.

Se ci incontrassimo tra un anno, quale traguardo ti piacerebbe aver raggiunto?
Mi piacerebbe aver realizzato un disco che segua il concept di “Emigrato”, e soprattutto portare questo messaggio nelle piazze, nelle città, tra la gente. Non solo sui social o su un palco televisivo. Voglio far crescere questo messaggio e sto dando tutto me stesso per riuscirci.



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