Site icon imusicfun

Intervista ad Amsi, in gara a Sanremo Giovani 2025

Amsi Sanremo Giovani 2025

Intervista all’artista genovese Amsi, in gara a Sanremo Giovani 2025 con Pizza Americana, sognando un posto all’Ariston

AMSI si prepara a una nuova ed entusiasmante fase della sua carriera. PIZZA AMERICANA, scritto insieme a Michael Consigli (Consi) e Filippo Damagio (Werdn) e prodotto da Giupo e Simone Panero (Sic), racconta con ironia e sincerità la vita e le contraddizioni della sua generazione, fondendo autenticità e leggerezza in un linguaggio personale e diretto.

Qui le nostre pagelle delle canzoni di Sanremo Giovani 2025.

Intervista ad Amsi, in gara a Sanremo Giovani 2025

Amsi, tra i 24 artisti selezionati per Sanremo Giovani 2025. Quali sono le sensazioni che stai vivendo in questi giorni così intensi?
È un periodo complesso ma bellissimo. All’inizio ero incredulo, davvero non me lo aspettavo. Arrivare fin qui era uno degli obiettivi che sognavo ma non pensavo potesse diventare reale. Ora però prevale la voglia: voglia di salire sul palco, cantare e vedere come andrà questa esperienza. È come se fossi sospeso tra sorpresa e adrenalina.

Sanremo Giovani è per molti un traguardo ma anche un nuovo punto di partenza. Dove si colloca per te nel tuo percorso artistico?
Per il “vecchio Amsi” era un traguardo, il coronamento di anni in cui cercavo di entrare in questo mondo. Per l’Amsi di oggi è un inizio: un’occasione per provare a trasformare questa passione in una vita vera, fatta ogni giorno di musica, emozioni e nuove esperienze.

Sei originario di Genova, una città che negli ultimi anni ha dato molto alla musica italiana. Quanto ti ha influenzato questo ambiente?
Tantissimo. Alfa e Olly, ad esempio, sono persone con cui sono cresciuto e con cui ho fatto la gavetta: eravamo una trentina di ragazzi che volevano fare musica e siamo tutti della stessa “leva”. Vederli riuscire mi ha dato grande motivazione.
Poi, anche se ora sto molto a Milano, vivo con altri sette genovesi: la “genovesità” non la perdo mai. Genova ti dà un pensiero critico e un’emotività che secondo me sono uniche, mentre Milano mi ha insegnato a lavorare sodo e a credere davvero in quello che faccio.

Oggi conta ancora l’aspetto territoriale nella costruzione di un artista?
Dipende. Io non spingo troppo sulla mia genovesità, non sono quello che va in giro con la bandiera della città. Però è chiaro che per alcuni artisti, come Bresch, questo elemento identitario è fondamentale e funziona molto. Credo che dipenda dal tipo di musica che fai e da ciò che vuoi comunicare.

Parliamo di “Pizza Americana”, il brano che porti a Sanremo Giovani. Com’è nato e quando avete capito che poteva essere il pezzo giusto?
Fa ridere, perché in realtà volevo portare un’altra canzone, che infatti stava per uscire su Instagram. Quando abbiamo visto che stavamo andando avanti nelle selezioni ho bloccato tutto.
A pochi giorni dalla scadenza mi sono trovato con Giuppo e Berden, due autori: avevo salvato sul telefono la frase “pizza americana”, perché è la pizza che prendo una volta a settimana per coccolarmi. Da lì abbiamo costruito il claim del bridge, che è poi diventato la parte più riconoscibile del brano.
La canzone ha un’estetica quasi infantile, leggera, ma sotto c’è molto di più: è una riflessione su quei momenti di tristezza che ognuno si concede, con un sorriso un po’ amaro.

Nel pezzo usi molto l’ironia per raccontare contraddizioni generazionali. Quanto è difficile oggi usare l’ironia senza rischiare fraintendimenti, soprattutto nell’era del politicamente corretto?
Dipende dal linguaggio che scegli. Siamo in un momento storico in cui l’ironia serve tantissimo: ti permette di parlare di temi importanti senza cadere nel pesante. Ci sono artisti che spingono molto oltre, altri che restano più dentro certi limiti.
Per me la chiave è la musica “dolce amara”: ti fa sorridere, poi però ti resta addosso un sapore più profondo. È il modo migliore per far passare concetti ed emozioni.

Come riesci a bilanciare ironia e introspezione nel tuo stile?
Lavoro molto sulle sonorità allegre o comunque dinamiche. Anche quando scrivo un brano triste, non sarà mai completamente lento o spento. Dal punto di vista testuale invece gioco molto tra ironia e malinconia: puoi ballare e ridere su una mia canzone, ma se ascolti bene ti accorgi che sto dicendo qualcosa di triste.
È un contrasto che mi appartiene.

La tua musica si muove tra indie, urban e alternative. Quanto è importante per te non restare incasellato in un solo genere?
È importante, ma non è una lotta. A me piacerebbe essere definito indie perché è ciò che ho ascoltato di più, ma so che non faccio esattamente quella musica. Oggi i progetti più forti sono quelli fluidi, che non si fanno imprigionare da un’etichetta precisa: secondo me si deve lavorare su un’identità e non su un genere.

Anche Sanremo, negli ultimi anni, ha aperto le porte a brani più sperimentali. Quando pensi ci sia stato lo switch?
Credo con la vittoria di Mahmood. Da lì in poi si è passati a Big, Tananai, poi Olli e Mida. Quei momenti hanno cambiato la percezione del pubblico e del Festival.
Prima Sanremo, soprattutto Giovani, era una gara canora: bella voce, grandi interpretazioni. Adesso c’è spazio per percorsi artistici più moderni, per estetiche diverse. E questo ha creato dei paradossi bellissimi: Tananai, per esempio, arrivato ultimo al Festival e poi in cima alle classifiche.

C’è un brano della storia di Sanremo che avresti voluto scrivere o cantare?
Se avessi la voce di Mengoni, direi “Due Vite”. Per me è un pezzo perfetto: unisce ironia, malinconia, grande interpretazione, tante anime diverse. Negli ultimi anni è uno dei brani che più mi ha colpito. E poi io sono uno che, ogni edizione, si salva almeno metà delle canzoni.

Se ci incontrassimo tra un anno, quale traguardo ti piacerebbe aver raggiunto?
A: Mi piacerebbe poterti dire che sono rimasto almeno su questa stessa linea d’onda per tutto l’anno: che non è stato solo un picco momentaneo, ma un percorso costante. E poi, magari, arrivare a novembre prossimo e capire che ho fatto un passo in più.

Exit mobile version