Luframilia

Sulla scia della pubblicazione del suo album full length d’esordio Migliaia di Frammenti di Luce, avvenuta a novembre 2020, il cantautore reggino Luframilia ci regala ora il video ufficiale della traccia che ha dato il nome al disco.

La canzone ha forse il sound più particolare all’interno della tracklist, allontanandosi dal rock e dal punk che caratterizzano buona parte delle tracce per proporre un momento di riflessione più intimista e interiore.

Quasi una naturale conseguenza quindi che il video, diretto da Filippo Toscano, Tommaso Daffinà e Martina Casetti, sia stato concepito come un’opera concettuale, realizzata peraltro con la tecnica della body projection, dove le immagini sono proiettate direttamente sopra il corpo degli attori protagonisti del video.

La resa grafica è una chiara citazione dello stesso autore: ancora una volta, il mondo di Luframilia si costruisce su ossimori visivi e sonori in cui l’onirico si fonde con la quotidianità e il buio si illumina del riflesso di una realtà parallela.

Ma non si tratta solo di un inno alla resilienza e alla speranza di redenzione della società contemporanea: “l’eremita postmoderno” (per citare il titolo di un altro brano dell’artista, quasi un suo alter ego) non è più “solo” e si libera delle maschere dell’io che gli impedivano di contemplare le migliaia di frammenti di luce dentro di sé, con la consapevolezza che esiste una lotta condivisa persino nella solitudine collettiva del nostro tempo.

Intervista a Luframilia

LUFRAMILIA, al secolo Davide Bolignano, un nome d’arte che si avvicina molto al titolo del tuo primo album “Migliaia di frammenti di luci”, quasi un anagramma. E’ così? E perché hai scelto questo nome d’arte piuttosto singolare?

Avevo appena iniziato le registrazioni dell’album, e per gioco avevo creato un hashtag originale che andasse a veicolare tutto il “dietro le quinte” delle sessioni di registrazione che condividevo sui social.

All’inizio l’intenzione era semplicemente di nascondere in modo criptico il nome del disco in quest’hashtag, per cui usavo “luframilia”, dove “lu” sta per luce, “fra” per frammenti, e “milia” in latino significa migliaia. Non avevo la precisa intenzione di farlo diventare il mio nome d’arte, ma alla fine mi sono reso conto che calzava perfettamente, e ho sentito che era quello il nome perfetto per il progetto.

Ascoltando l’album si denota un cambiamento repentino di suoni, immagini e stati d’animo, direi un album molto travagliato. Ci puoi raccontare come è andata realmente?

Le canzoni che ho inserito nell’album vengono da vari momenti della mia vita: la fase di scrittura racchiude gli ultimi dieci anni, se non di più addirittura, e con tutte le differenti esperienze e sensazioni che si possono vivere dalla post-adolescenza sino al diventare “grandi”, non mi sorprende di aver “portato in scena” un gruppo di canzoni abbastanza variegate.

La vita è un fottuto saliscendi emozionale, e viviamo in balia di situazioni contrastanti, spesso indecisi, insicuri, liberi di esplorare le sfumature di questi continui dualismi esistenziali, ed è un po’ questo che emerge nell’album, sia a livello di significato dei testi che a livello sonoro, passando da suoni molto in stile “americano” grossi e potenti, a momenti chiusi, intimi, al buio, a sottolineare l’eterno contrasto cameretta / mondo fuori.

Miglia di frammenti di luce” da la sensazione all’ascoltatore di essere di fronte all’eterna lotta interiore del bianco o nero, dello yin e yang, quanto c’è di autobiografico in questo lavoro?

Se ti metti a esprimere qualsiasi cosa di artistico, anche quando cerchi di raccontare storie di altri e non tue, qualcosa di te ci sarà sempre per forza, a parer mio.

Sicuramente c’è tanto del mio mondo interiore tra quelle canzoni; mi ha affascinato l’idea di poter esprimere metaforicamente tutti questi dualismi viscerali, e alla fine trovare questo canto disilluso e di speranza nei frammenti di luce che possono riaccendersi dentro di noi e darci una forza rinnovata per andare avanti.

Dopo circa un anno dalla pubblicazione dell’album, quali sono i commenti e le sensazioni che hai raccolto riguardo a questo inizio del tuo percorso musicale?

L’album con mia grande sorpresa ha ricevuto tantissime recensioni, e per me è stato davvero entusiasmante leggere i commenti più che positivi!

Non era detto che fare un album con queste sonorità oggi, e di questa lunghezza, avrebbe davvero avuto la possibilità di arrivare a qualcuno.

Penso sia stato un percorso abbastanza organico, lo è tuttora, e posso dirmi abbastanza fiero di questi primi passi compiuti, anche grazie ad amici ed esperti del settore che mi sono affianco… ma al contempo non mi accontento per niente: so che posso fare di meglio e molto di più, e ci proverò con tutto me stesso!

Da Eclisse passando per Viaggio nel tempo fino ad Apocalisse, Luframilia ha dato una continuità a tutte le 14 tracce che compongono l’album? Oppure ogni traccia ha una vita propria?

Non volevo intenzionalmente dar vita a un concept album. Come accennavo, mi sono trovato a inserire nella tracklist canzoni provenienti da diversi momenti della mia vita, con diverse intenzioni sonore, ma alla fine una sorta di fluida connessione è venuta fuori, inconscia e prepotente, e ha fatto in modo che ogni pezzo dialogasse molto bene con quello dopo, tant’è che tutto il disco poi in studio è stato registrato in ordine di tracklist, perché era “giusto” fare così, e stava funzionando perfettamente.

Quando ho fatto il primo ascolto dell’intero album mixato ero in studio dal mio sound engineer Alessio Mauro, e arrivato all’ultima traccia Apocalisse mi sono reso conto di aver messo davvero in gioco tantissime emozioni, di aver spinto davvero molto, ed era un po’ come ascoltare la fine del disco ma allo stesso tempo l’inizio di tutto.

In un mondo musicale che per la maggiore va in altre direzioni rispetto al tuo modo di vivere e vedere la musica, hai avuto difficoltà nel far accettare il tuo lavoro?

È vero, oggi le canzoni lunghe e con le chitarre elettriche sembrano non essere al top dei trend musicali mondiali, ma al contempo mi sembra ormai così difficile indicare ciò che va davvero di moda… tutto è molto veloce, vario, e cambia in continuazione: sarebbe da pazzi cercare di emulare un determinato genere solo per essere musicalmente trendy. È scontato dire che bisogna scrivere la musica che si ascolta, ma troppo vero per non ribadirlo.

All’inizio temevo eccome che in una scena musicale molto orientata all’indie pop in mutazione trap, un disco che suonava più come una rock opera americana dei primi anni 2000 ma cantata in italiano sarebbe stato stroncato da gran parte delle testate e dagli ascoltatori, e invece forse proprio perché era un lavoro con suoni revival di anni così distanti, praticamente dimenticati, chi si è trovato le tracce in cuffia ha avvertito una sorta di novità, e ha dato un feedback positivo al lavoro.

Le difficoltà ci sono, e non le nego; più che per il genere in sé, si legano a un discorso di musica veramente indipendente, che combatte online ogni giorno con una quantità immensa di altra musica, a colpi di acquisti di views, ascolti, e ambigue playlist a pagamento su Spotify.

Luframilia

Anche la copertina dell’album molto ben curata, riflette in pieno il senso del contenuto dell’album. Chi è l’autore e se è stata una tua idea.

La copertina è stata realizzata da Perla Giraudo, un’interessantissima artista di Torino. Ho visto le sue opere sul suo profilo Instagram, ho pensato subito che sarebbe stato fighissimo poter avere quello stile per le parti grafiche del mio progetto.

L’ho contatta e le ho raccontato l’idea della copertina che volevo realizzare (quindi sì, l’idea parte da me): lei è stata molto disponibile a provare a rappresentare quello che sentivo, e ha fatto un lavoro grandioso; non c’è una volta che lo guardi senza provare una profonda emozione!

Luframilia è di origini Calabre, esattamente di Reggio Calabria. Nonostante i grandi talenti che questa terra come tutto il sud ha partorito, ancora oggi è difficile fare musica rimanendo nella propria terra. Qual’è la tua realtà e il tuo pensiero a proposito?

Sono pienamente d’accordo che il Sud Italia, anche Reggio Calabria stessa, sia ricco di artisti bravi e talentuosi, ma restano zone che rappresentano più un “micromondo”, dove, mi secca dirlo, ci sono davvero pochi spazi e realtà organicamente interessate a promuovere la musica originale indipendente sul territorio.

Forse questo dipende dalla mancanza di fondi e di incoraggiamento, dalla presenza di burocrazie folli, che più che tutelare spesso vincolano e bloccano. Sto avendo modo di vedere che dalle mie parti non è avvenuto un cambio generazionale di musicisti, band che decidono di produrre musica inedita, e questo fa un certo effetto.

Resto però fiducioso che il cambiamento esista, e parta sempre dalla gente stessa, da chi si rimbocca le maniche ogni giorno, da chi cerca di reinventarsi sempre e continua a mettere il piede fuori dagli schemi… anche perché nord, sud, centro eccetera… al diavolo questi confini, preferisco vederla come un’unica grande possibilità di spazio di cooperazione artistica!