La nostra intervista a Gigi D’Alessio in occasione dell’uscita del nuovo album “Fra“, fuori per GGD Edizioni Srl/Sony Music a partire da venerdì 24 maggio. Qui il link per l’acquisto.
Concepito come se fosse una playlist da ascoltare dall’inizio alla fine, il disco scorre veloce con le sue dieci tracce che spaziano tra nuovi brani e pezzi di repertorio impreziosite da numerose collaborazioni, tra cui citiamo: Guè, Clementino, Geolier, Elodie, Ernia, LDA e Alessandra Amoroso.
Intervista a Gigi D’Alessio
In questo progetto si incastrano brani inediti e riletture di grandi classici del tuo repertorio, il tutto impreziosito da diverse collaborazioni che restituiscono una dimensione corale al risultato finale. È questa oggi la tua visione di disco?
«Non so se sia la mia visione di disco, ma è quello che ho sentito in questo momento storico. Tutto è partito dal semplice bisogno di scrivere una canzone dedicata a mio figlio Francesco, poco dopo sono passato a un altro brano inedito e così via. Parallelamente, durante i concerti realizzati in Piazza Plebiscito, mi è capitato di collaborare con tanti colleghi in maniera del tutto naturale. Poi, ancora, sono andato a trovare in studio Geolier perché mi voleva far ascoltare il suo nuovo disco di prossima uscita. Quasi per gioco ci siamo messi a lavorare a un pezzo inedito, cosa che non avevamo mai fatto insieme, e all’una di notte è arrivata inaspettatamente “Senza tuccà”. In qualche modo, con questo disco, volevo lasciarne traccia di quello che è successo in questi ultimi anni, un modo anche per fare un regalo a chi ha acquistato i biglietti per i prossimi concerti quasi a scatola chiusa. Io non avevo promesso nulla di nuovo, ma avevo voglia di tornare con un album che, in questo caso, rappresenta il primo tempo, mentre la seconda parte credo uscirà prima di Natale. Ho preferito suddividere in due parti questo progetto perchè avevo voglia di tornare».
Quella delle collaborazioni è una strada che avevi già inaugurato con l’album “Buongiorno” e poi ripresa come dicevi in Piazza Plebiscito. La tua è una storia affascinante perché parte da una collaborazione, quella con Mario Merola, con quella “Cient’anne” che in qualche modo ha rappresentato tra voi un passaggio di consegne. Quando lavori con artisti più giovani, ti capita mai di ripensare a quel momento?
«Ci penso tutti i giorni, perché quello è stato per me un grande insegnamento. Basti pensare che quando ho collaborato con Merola, lui rappresentava già la storia, mentre io non avevo ancora inciso alcuna canzone. “Cient’anne” ha segnato il mio debutto. Quindi vedere la storia che investe su uno sconosciuto è stato il più grande insegnamento della vita ed è per questo che ho deciso di non progettare mai nulla e di seguire l’istinto. La musica non si suona con la calcolatrice, non bisogna pensarci trovo, ragionare se conviene fare un duetto con quello o con quell’altro. Non sono uno che pensa di certo ai numeri, le cose belle capitano sempre in modo naturale».
La traccia che dal titolo all’album è una dedica a tuo Francesco, ma non è la prima volta che regali una canzone a un figlio, per cui mi incuriosisce chiederti come ti approcci la scrittura di questo genere di pezzi?
«Cerco di descrivere il momento, fotografare quello che sto vivendo. Quando ho scritto “Il cammino dell’età”, per esempio, raccontavo di come vedevo crescere mia figlia Ilaria, mentre “Padre per metà” era dedicata a Claudio, il mio primogenito, e parlava del fatto che non c’ero mai, perchè ero sempre in giro per lavoro. Poi con Luca ho vissuto “Babbo Natale non c’è”, una canzone che parlava del fatto che mi ero appena separato, mentre “Vita” immortalava la gioia di quando è arrivato Andrea. Con “Fra” è stata esattamente la stessa cosa e so che capiterà ancora, visto che tra qualche mese arriverà un’altra bambina. Ma il principio non cambia, io scrivo solo se sento il bisogno di raccontare uno stato d’animo e di trasformare un pensiero o un sentimento in musica».
Per concludere, sempre nel brano “Fra” canti: “non aspettare che le cose succedono, falle accadere”. Questo è un monito importante ed è quello che senti di consigliare ai giovani d’oggi, a chi si sente in balia di un tempo incerto?
«Esattamente, perchè queste sono frasi che dedico a mio figlio, ma che direi a qualsiasi giovane, o per meglio dire che qualsiasi papà potrebbe raccomandare ai propri figli. Questo è ciò che mi sento di consigliare, nella vita ho imparato che non bisogna aspettare che le cose succedono, ma che dobbiamo farle accadere noi. Ci stiamo un po’ rilassando anche sotto l’aspetto musicale, il messaggio che passa è che tanto poi c’è l’autotune che aggiusta o un computer che corregge tutto, quando non è affatto così, perchè prima o poi sul palco dal vivo un cantante ci dovrà pur andare. Rimango dell’idea dovremmo usare la tecnologia e non lasciarci usare dalla tecnologia. Questo è un processo che dobbiamo assolutamente invertire, perché altrimenti non avremo più modo di esprimere la nostra la creatività».
Videointervista a Gigi D’Alessio
Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte di raccontare. È autore del libro “Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin” (edito D’idee), impreziosito dalla prefazione di Amadeus. Insieme a Marco Rettani ha scritto “Canzoni nel cassetto”, pubblicato da Volo Libero e vincitore del Premio letterario Gianni Ravera 2023.
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