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Intervista ai Sonohra: “La musica degli anni 2000 sta vivendo una seconda giovinezza”

Sonohra

La nostra intervista ai Sonohra, all’anagrafe Luca e Diego Faiello, in occasione dell’uscita di “Ovunque andrai io ci sarò”, rilettura della celebre hit “Wherever you will go” dei The Calling, pubblicata nella primavera del 2002.

Il singolo è impreziosito dal featuring con Alex Band, frontman del gruppo californiano, e accompagna la nuova tournée del duo veronese, il “Civico 6 tour club 2024” partito lo scorso 29 marzo.

Intervista ai Sonohra

“Ovunque andrai io ci sarò” è il titolo del vostro nuovo singolo, ci raccontare come sono nate la collaborazione con Alex Band e l’idea di rileggere un brano cult come “Wherever you will go”?

«Partiamo dal presupposto che il genere musicale degli anni 2000 sta vivendo una seconda giovinezza, poi questo featuring è nato in una maniera del tutto spontanea. Da circa un anno e mezzo portiamo avanti sui social il nostro format “Civico 6”, nel quale proponiamo delle canzoni nostre o delle cover che hanno segnato la nostra generazione, o comunque la nostra crescita musicale. Le riproponiamo in chiave acustica, e tra queste non poteva mancare “Wherever you will go”. Dopo averla cantata, non ci saremmo mai aspettati di ricevere il giorno dopo un messaggio dei The Calling, che ci dicevano di aver apprezzato la nostra performance. Così abbiamo cominciato a sentirci con Alex Band e da lì l’idea di ricantare il brano nella versione italiana e inglese con l’artista originale. Per noi è un sogno che si avvera, visto che da ragazzini eravamo fan dei The Calling e lo siamo tuttora».

Come vi siete approcciati alla scrittura in italiano per riuscire a restituire un senso prettamente non letterale pur mantenendo lo spirito e il significato del testo?

«Ovviamente, abbiamo cercato di mantenere il significato del brano, rispettando sia il senso che la metrica, riadattando comunque alcune parole. Siamo molto contenti anche di aver fatto cantare in italiano Alex Band, non ci aspettavamo che avesse una pronuncia così buona in italiano».

Come ve lo spiegate il successo di “Wherever you will go” nel tempo? Qual è secondo voi il segreto della sua longevità e del fatto che si tramandi di generazione in generazione?

«È un evergreen, in più è stato scritto in un momento particolare dove molti avvenimenti sociali erano anche molto invasivi nella vita normale delle persone, pensiamo ad esempio ai tragici fatti legati all’attentato alle Torri Gemelle. Quindi, probabilmente, c’era voglia anche nel rock di tornare alla normalità, di parlare della cosa più bella del mondo che alla fine è l’amore. E questo è un aspetto che probabilmente ha caratterizzato quelli anni, creando un filone che ha unito le generazioni, comprese quelle a venire. Tutti abbiamo dei ricordi profondi quando ascoltano i brani di quel periodo, al punto che crediamo che gli anni 2000 siano diventati un po’ come gli anni ’80. La sensazione è un po’ quella, di un decennio ricco di evergreen».

In una precedente intervista, mi avevate raccontato del vostro attuale modo di fare musica, libera da paletti, da compromessi e di questa fase nuova della vostra carriera. Per concludere, vi chiederei: cosa vi rende orgogliosi del vostro percorso sino ad oggi?

«Essere riusciti a creare comunque uno zoccolo duro, una fanbase che ci segue tuttora qualsiasi cosa facciamo, ma anche l’aver scritto una canzone che ha segnato un’intera generazione. Non è affatto una cosa scontata, ma “L’amore” ha cambiato la nostra vita, dopo la vittoria della sezione Nuove Proposte di Sanremo 2008, quello che è arrivato è stato una serie di meravigliose conseguenze. A distanza di 17 anni, è un brano che viene ancora ricordato e cantato. Questa è ciò che ci riempie d’orgoglio».

Videointervista ai Sonohra

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