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Intervista a Celeste Gaia: “Per me la musica è nutrimento”

Celeste Gaia Canzoni in Scatola

Già disponibile in tutti i digital store, “Canzoni in scatola” (ADA Music Italy) è il nuovo album di inediti di Celeste Gaia, che torna con otto canzoni chiuse all’interno di un barattolo di latta in edizione limitata, perché “io mi sento un barattolo, uno di quelli che trovi al supermercato: lo guardi e non capisci mai cosa c’è dentro“.

Nel menu, questa volta, ci sono un po’ di malinconia, la meraviglia nascosta dentro a ogni giorno e ironia in quantità abbondanti. Ma ci sono anche diverse emozioni, tanta passione e il coraggio di celebrare perfino l’imperfezione di chi, ogni tanto, non si spaventa a scoprirsi vulnerabile.

Intervista a Celeste Gaia

Ciao, bentrovata su ImusicFun. Come stai?

Ciao, ti ringrazio per la domanda, che non è per niente scontata. Sto bene, è un periodo molto pieno. Sono felice che sia uscito “Canzoni in scatola“.

Canzoni in scatola” è il tuo nuovo album. Cosa ti ha spinto a chiudere gli 8 brani che lo compongono in un barattolo in edizione limitata?

Racchiudere queste canzoni in un barattolo di latta e creare un packaging simile a quello di un prodotto alimentare è stato un modo per trasmettere questo messaggio: per me la musica è nutrimento, una sorta di cibo dell’anima quotidiano, fatto di ipotetici valori nutrizionali immaginari. Io stessa, a volte, mi sento un po’ come un barattolo di quelli che trovi al supermercato, che la gente vede distrattamente e non sa cosa c’è dentro.

Cosa troviamo all’interno di questo barattolo?

Troviamo spaghetti di carta contenenti frasi delle mie canzoni.

Nell’album c’è “Una pizza” (la cena), “Brioche” (la colazione) e “Gelato” (la merenda). Se potessi aggiungere un primo, un secondo e un contorno che sapore avrebbero queste tue “Canzoni in scatola”?

In realtà ci sono moltissimi altri riferimenti un po’ più nascosti. In “Bambolina” parlo di “chinotto, sugo e adrenalina”, ma anche di quando ero una “teppista di fragole con panna”. In “Sette” sono “triste come la pasta in bianco”. In “Almeno tu” ci sono “arance e limoni che tolgono il fiato”.  I riferimenti sono molteplici!

In alcuni singoli estratti – occupandomi anche della regia e degli aspetti di direzione artistica – ho inserito degli elementi, come la torta di compleanno nel video di “No”, che diventa la colazione conservata in un frigo vuoto con una rosa al posto della forchetta. In “Dedicato A”, invece, c’è una ciambella rubata prima di un morso. Non te li cito tutti, ma è stato un modo per introdurre questo sfondo legato al cibo. Per rispondere alla tua domanda, il sapore generale di “Canzoni in scatola” è dato dalle emozioni che trasmette e per ognuno può essere diverso.

Una pizza” è accompagnato da un videoclip, che vede la partecipazione di un ospite speciale. Ce ne puoi parlare?

Il video di “Una pizza” racconta anche un altro progetto, ovvero quello del fotografo e designer brasiliano Ricardo Seola. Quando ci siamo conosciuti mi ha raccontato di questa sua impresa di catalogare le pizze in giro per l’Italia, conservando scontrini, foto e momenti di ogni viaggio. Iniziato nel 2016, si sarebbe coronato con la millesima pizza ad ottobre di quest’anno.

Il suo è un progetto bellissimo, fatto di emozioni e di crescita. In tutto questo tempo, ha capito di non cercare la pizza migliore di tutte, ma la versione migliore di se stesso. Dialogava perfettamente con la mia canzone, così gli ho proposto di partecipare al video ed è stato molto divertente unire questi due mondi. Tra l’altro, siamo persone molto simili dal punto di vista creativo e credo sia fondamentale trovarsi su questo piano, perché diventa un piacere collaborare insieme.

Da dove nasce l’idea di associare la musica al cibo?

La musica fa parte del mio vivere da sempre e, in molte situazioni, diventa come un nutrimento dell’anima e del corpo. Inoltre, spesso mi sono trovata a scrivere canzoni che hanno riferimenti più o meno espliciti al mondo del cibo. La metafora è stata dunque anche una conseguenza di questo.

I brani contenuti in “Canzoni in scatola” li hai presentati per la prima volta in occasione di una serata speciale all’Ostello Bello di Milano. Ti aspettavi una reazione così entusiasta da parte del pubblico?

È stato molto bello tornare a suonare dopo anni complicati come quelli legati alla pandemia. Poter raccontare in dialogo con Massimo Poggini anche dei pezzi di vita è stato un modo per aprirmi di fronte a tutte le persone che mi vogliono bene e che in questi anni mi hanno sempre sostenuta. Mi ha fatto molto piacere che a suonare ci fossero Samuele – che insieme a me ha prodotto l’album – e Francesco, che ha visto nascere fin dall’inizio queste canzoni. È stato il frutto di un lungo lavoro e di tanto entusiasmo. Non ti nego che l’emozione è stata tanta.

Hai in programma altre date live?

Spero che il prossimo anno ci sia modo di suonare dal vivo, magari in contesti meno canonici, ma volti all’ascolto di un disco come questo.

Nel 2012 hai partecipato a Sanremo, nella sezione giovani, con il tormentone “Carlo“. A 10 anni di distanza hai mai pensato di tornare sul palco dell’Ariston?

Non per il momento. Sanremo rimane sempre un bellissimo modo di far conoscere la propria musica, quindi non so cosa mi riserverà il futuro. In ogni caso “mai dire mai”.

Oggi, rispetto a 10 anni fa, cosa rappresenta per te la musica? In questi anni, il tuo approccio alla scrittura è cambiato in qualche modo?

Diciamo che cresce e si modifica come succede per gli esseri umani. Per me è un modo di esprimermi intimo e vero, scorporato da logiche che non sono proprie del mio modo di essere.

Quale significato dai all’espressione “contaminazione musicale“?

Credo che una contaminazione sana sia sempre positiva e necessaria, perché mette in moto molteplici cose e accresce dal punto di vista umano. Come persona mi lascio guidare dall’apertura mentale e mi pongo sempre in ascolto, perché penso ci sia sempre qualcosa da imparare in ogni situazione, anche in quelle negative. Nella creazione musicale, per esempio, per me è fondamentale lavorare con persone che entrano dentro al progetto e lo contaminano con sensazioni positive, senza pregiudizi o preconcetti. Quando c’è un incontro vero e sincero questo fa la differenza. 

Qual è l’aspetto della fruizione musicale in streaming che non ti piace affatto?

Il fatto che molte volte si ragioni più in termini di quantità rispetto alla qualità. Ma credo che non sia lo streaming il problema in sé, ma il sistema di cui fa parte. Misurare le emozioni è complicato e mettere sullo stesso piano chi non ha le stesse possibilità di partenza non porta ad una creatività costruttiva e alla valorizzazione del talento.

Grazie per essere stata qui con noi. Buona musica e in bocca al lupo!

Grazie a voi, a presto!

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