Distribuito da Believe Digital, “Non è una favola” è il nuovo concept album di Luca Bonaffini: autore, cantautore, discografico e storico collaboratore di Pierangelo Bertoli. Il disco contiene dodici brani e si caratterizza per un sound minimale, ottenuto grazie all’utilizzo di chitarre acustiche e ad una voce “live“, che non ricorre a correttori di intonazione.
Per “Non è una favola” Bonaffini si è ispirato alle fiabe tradizionali e, in particolare, a quelle scritte e narrate alla corte del Re Sole da Charles Perrault. Si tratta, dunque, di una sorta di rivisitazione dei suoi racconti che, prendendo spunto dai testi originali in francese, diventano oggi storie di cronaca quotidiana.
Intervista a Luca Bonaffini
Buongiorno Luca, bentrovato su IMusicFun. Come stai?
Male. Come si fa a star bene in un mondo che ha perduto completamente i suoi punti di riferimento? Da oltre un secolo, l’uomo sta attraversando la più grande crisi esistenziale della storia e la messa a morte dei valori la sta aggravando. Chi dice di sentirsi bene, mente.
A maggio è uscito il tuo 20esimo album da solista, “Non è una favola”: una rivisitazione contemporanea delle fiabe tradizionali scritte e narrate da Charles Perrault alla corte del Re Sole. Cosa ti ha spinto a compiere quest’operazione tanto particolare quanto complessa?
La memoria. Scavando nella tradizione si riscoprono punti cardinali dell’essenza umana che, al di là delle strutture dei linguaggi e dei codici morali, hanno come filo conduttore l’etica. Le fiabe raccontate nel Seicento dal Perrault sono racconti terribili che, in ogni genere di rivisitazione – buona o cattiva, realistica o fantastica – ritraggono stereotipi interessanti e riconoscibili. I bambini vengono aiutati nel superare le paure, gli adulti nella ricerca della verità. La vita non è una favola, ma l’abilità visionaria degli esseri umani può migliorare la realtà.
Ci parli del processo creativo che si cela dietro questo tuo nuovo progetto: la selezione delle storie da raccontare, la loro riscrittura e il metterle in musica?
Lunghissimo, dal 1982 ad oggi. Quando scoprii in biblioteca gli scritti originali in francese di “Les Contes”, l’idea di realizzare un concept album divenne progetto. Poi iniziai a scrivere, influenzato dai miei ascolti di allora (Bennato, Neil Young, Gaber, De Andrè). Mi ritrovai colmo di insoddisfazione, mi sentivo banale. Ho riscritto tutto e, nel 2004, ho iniziato a lavorare al disco che, come vedi, è sbocciato 18 anni dopo. Diversi i contenuti, le musiche, la produzione. Ma Perrault rimane il mio mentore e il vero coautore dell’album.

Di tutte le storie che racconti in “Non è una favola”, ce n’è una che ti sta particolarmente a cuore per la tematica trattata?
“Berrettino rosso”. La violenza sui minori, tra pedofilia e molestie sessuali, è trattata come una storia di “non amore”. È difficile trasformare in canzoni l’amore per la vita e l’odio per chi la vuole uccidere.
Oltre ad aver pubblicato album da solista, hai scritto per Fabio Concato, Nek, Claudio Lolli e Flavio Oreglio. Per non parlare della storica collaborazione con Pierangelo Bertoli. Cosa ti porti di quegli anni? Ci racconti un aneddoto o un ricordo che custodisci gelosamente?
Porto l’orgoglio dell’esserci stato. Da ragazzo, tra i banchi di scuola, avevo le foto dei loro 45 e 33 giri. Qualche anno dopo ero un loro collega. Accanto ai loro dischi c’erano i miei e quelli fatti insieme. Una specie di favola reale, con un lieto fine.
Com’è il bilancio di questi primi quarant’anni di musica e parole?
Primi e ultimi. Chiudere bottega significa avvalorare la storia e il passato, offrire agli altri la possibilità di studiare il tuo repertorio edito. Sono soddisfatto, mi sono sentito amato. È il top.
Hai qualche rimpianto? Potessi tornare indietro nel tempo, c’è qualcosa che ti piacerebbe modificare?
No.
Com’era fare musica 40 anni fa? Cosa è cambiato?
Tanto. 40 anni fa era un mercato nobile, anche nelle sue modalità più periferiche. Oggi, il cerchio è vuoto e il perimetro non c’è più. Governa il nulla e chi si lascia governare dal niente. Cosa rimane? Niente.
Oggi, secondo te, qual è il ruolo del cantautore?
Cambiamo definizione. Il ruolo di ex cantautore è non negare se stesso, continuare a raccontare la bellezza di un Novecento che l’ha reso fondamentale per la cultura di massa.
Oltre ad essere un cantautore, da un paio di anni sei anche un discografico. Come e perché nasce Long Digital Playing Edizioni Musicali?
Desiderio di indipendenza. Ma fino a un certo punto, perché prima o poi qualcuno ti fa capire che l’autonomia è sempre parziale o illusoria. La considero la cosa meno importante della mia carriera.
Luca, grazie per essere stato qui con noi. Buona musica!
Grazie a te.
Classe 1998, negli ultimi 4 anni ha collaborato con diverse emittenti radiofoniche. Di notte recensisce musica, di giorno ne parla con gli artisti. Nostalgica ed empatica, scrive spesso nei giorni di pioggia. La musica? Un ricordo senza origine che ha ribaltato ogni prospettiva.