Amadeus eredità

A una settimana di distanza dalla finale di Sanremo 2024, è il momento di cominciare a pensare all’eredità di Amadeus e al ruolo di aggregatore sociale che il Festival è tornato a ricoprire.

Ma prima, facciamo un passo indietro a quel 2 agosto del 2019, giorno in cui il buon Amedeo Umberto Rita Sebastiani ha appreso di essere diventato sia il conduttore che il direttore artistico della rassegna musicale che da ragazzo aveva seguito come inviato radiofonico, prima di emittenti locali e poi di network.

Un legame viscerale che ha fatto la differenza, perché la passione e l’entusiasmo, miste alla competenza e alla professionalità, hanno dato vita a questo straordinario lustro, la cui narrazione meriterebbe una lunga e dettagliata analisi, che cercheremo invece di condensare soffermandoci sugli aspetti principali.

Le polemiche che fanno bene al Festival

Sin dal primo momento in cui Amadeus ha messo piede nel tempio della musica, le polemiche non sono certo mancate. Ci sono state all’inizio, quando nessuno avrebbe potuto immaginare quanto sarebbe cresciuto il Festival, ma soprattuto ci sono state durante e dopo, anche quando francamente non era necessario.

Sembra quasi assurdo oggi, ma quello che gli era stato affidato era una sorta di mandato esplorativo di un anno, nessuno avrebbe pensato a una riconferma, figuriamoci ad altre quattro. Anzi, c’era chi vociferava e scriveva: “Lo hanno dato a lui solo perché si porta dietro l’amico Fiorello”.

Fortemente voluto dall’allora direttrice di rete, Teresa De Santis, e dal presidente di Rai Pubblicità, Antonio Marano, Amadeus si è ritrovato così sul palco che aveva sempre sognato, con l’intento di traghettare il Festival negli anni ’20. Nei corridoi si mormorava che la sua scelta sarebbe stata un palliativo per accontentare tutti, in attesa della vera scommessa, quella di puntare su un volto giovane e che in quel momento aveva ancora bisogno di un po’ di rodaggio. Il cosiddetto “nuovo che avanza”, che per la cronaca non è mai avanzato.

Il destino ha voluto, invece, che il rivoluzionario del Festival fosse un professionista classe ’62, che fino a quel momento era stato apprezzato per il suo impegno quotidiano nei quiz e che aveva un importante trascorso come deejay, un passato che si è rilevato determinante.

Amadeus

Ricevuta la benedizione da Pippo Baudo in persona, nel corso di un’udienza privata in un ristorante di Roma, Amadeus ha capito subito che non doveva fare il passo più lungo della gamba, così ha cominciato a lavorare con quello che c’era, ma con un’idea ben chiara in testa, una visione che ha messo in atto in maniera graduale.

In breve tempo, ha dimostrato a tutti di che pasta fosse fatto, al punto che le polemiche non le ha mai né cavalcate né condannate. Anzi, ha capito che il chiacchiericcio fa parte del gioco e ha cominciato ad alimentare i rumors sul Festival con i suoi imprevedibili annunci al Tg1, che sono forse la cosa che ci mancherà di più.

Amadeus ha creato l’attesa attorno all’evento, rinnovando la kermesse senza snaturarla, intraprendendo un processo di modernizzazione volto ad attuare quel ricambio generazionale che, già da tempo, aveva preso pieno possesso del mercato discografico. 

Più vincitori che vinti: i 5 Festival di Amadeus

Diodato, i Maneskin, Mahmood e Blanco, Marco Mengoni e Angelina Mango sono gli artisti che si sono aggiudicati la vittoria negli ultimi cinque Festival. Ma che dire delle medaglie d’argento Francesco Gabbani, Fedez e Francesca Michielin, Elisa, Lazza e Geolier?

Sorprendente anche la cinquina di chi si è piazzato sul gradino più basso del podio, dai Pinguini Tattici Nucleari ad Annalisa, passando per Ermal Meta, Gianni Morandi e Mr Rain. Insomma, Amadeus è riuscito nel delicato compito di riportare in gara grandi nomi e grandi canzoni, rivalutando anche il concetto di classifica, che oggi è quasi relativa. Un passaggio a Sanremo equivale a triplicare, quadruplicare o quintuplicare i propri numeri e permette di affacciarsi a un pubblico transgenerazionale.

32 canzoni nel 2020 (24 tra i big e 8 tra i giovani), 34 canzoni nel 2021 (26 tra i big e 8 tra i giovani), 25 canzoni nel 2022, 28 canzoni nel 2023 e 30 canzoni nel 2024 (le ultime tre edizioni a categoria unica): un totale di 149 proposte musicali che hanno saputo accontentare i gusti di tutti. Al di là delle certificazioni e dei record infranti, ciò che resterà saranno proprio le canzoni.

Amadeus Sanremo

Sanremo 2025, quale eredità artistica lascia Amadeus?

È sotto gli occhi di tutti che ciò che lascia Amadeus è una macchina organizzativa quasi perfetta, correggibile in diversi punti, ma sicuramente migliore di come l’ha trovata. Per tanti anni il Festival è sembrato come una Ferrari con il motore di una Panda, le varie organizzazioni che si sono avvicendate non hanno saputo spesso intuirne e valorizzarne il potenziale.

Non si è mai ragionato in un’ottica di continuità, per cui ogni direttore artistico apportava le proprie modifiche quasi senza un criterio, più per un principio di osmosi. Si è andato per tentativi ed è giusto che sia stato così, anzi per quanto mi riguarda il prossimo anno andrebbe bene tutto, anche il ritorno delle eliminazioni o la reintroduzione della categoria Nuove Proposte. Ci sta, la musica è ciclica, e la forza del Festival di Sanremo risiede proprio in questo, nel non somigliare troppo a se stesso, nel rinnovarsi e non ripetersi.

Lo stesso Amadeus ha realizzato cinque edizioni differenti l’una dall’altra, pur ragionando in termini di continuità, ma senza volersi ripetere crogiolandosi nei buoni risultati dell’anno precedente. Formula che vince si cambia, o per lo meno si perfeziona, altrimenti si corre il rischio di cadere nella solita solfa, quella “messa cantata” cui il Festival è stato, per troppo tempo, accostato.

In queste ore si sono già fatti dei nomi di possibili eredi, proviamo a ragionarci insieme a voce alta. Archiviati i ritorni di Paolo Bonolis e Carlo Conti, che avrebbero smentito il loro interesse, si è parlato del tandem Antonella ClericiAlessandro Cattelan. Proposta interessante, ma che comporterebbe un passo indietro e l’individuazione di un direttore artistico che agisca dietro le quinte, cosa che non accade dal 2012 con Gianmarco Mazzi. Un altro nome che potrebbe starci a pennello, se non fosse che attualmente ricopre la carica di Sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura.

Si è poi ipotizzato il duo composto da Laura Pausini e Paola Cortellesi, puntualmente smentito dalla prima, devo dire fortunatamente, e con la seconda che è ormai orientata verso un altro tipo di carriera, meno televisiva e più cinematografica. Sarò impopolare, ma non mi entusiasma l’idea di affidare un prodotto che, secondo le regole del marketing, può essere essere definito in fase di maturità a chi non avrebbe alcun interesse a far continuare questo trend in positivo. Parliamoci chiaro, Laura è una grande artista, amata in mezzo mondo, figlia del Festival ma che al Festival ha dichiarato più volte di non volerci tornare in gara. Che interesse avrebbe a mantenere alto l’hype se poi questo potrebbe tradursi in un problema per lei?

A questo punto sarebbe meglio affidare questo delicato compito a chi ha una visione, spiace dirlo, più moderna… e che è riconoscente a Sanremo, seppur non lo abbia mai vinto. Per quanto mi riguarda, l’identikit del direttore artistico ideale porta a Gigi D’Alessio: è un musicista, è un conduttore, è un uomo Rai, è nazionalpopolare ed è amato anche dai giovani artisti. Si perché Amadeus si è guadagnato il rispetto dei ragazzi, li ha incontrati e li ha corteggiati, al pari dei grandi nomi della musica italiana.

Il Festival non può permettersi di perdere questo filo diretto con la contemporaneità perché, se ci pensate bene, è la chiave di tutto. Ad oggi mi sento di poter indicare D’Alessio come successore ideale, sempre in un’ottica di continuità, affiancato magari alla conduzione da Vanessa Incontrada, che già dai tempi di Carlo Conti avrebbe meritato quel palco. Una coppia già rodata, protagonista sul piccolo schermo del varietà “20 anni che siamo italiani“.

Certo è che Amadeus lascia un’eredità importante, chiunque arriverà al suo posto dovrà necessariamente tenere conto di quanto fatto e dei risultati raccolti in questo lustro. Poi, come ogni direttore artistico, godrà del libero arbitrio e della possibilità di modificare il regolamento a proprio piacimento, tornando indietro oppure cambiando ulteriormente passo.

La storia sanremese pullula di rivoluzioni a metà e di clamorosi cambi di rotta. Questo è però comprensibile quando i risultati non soddisfano le aspettative, in termini sia televisivi che discografici, tesi che non si può assolutamente sostenere nel caso di questo ultimo soddisfacente mandato.

Certo, nulla è perfetto e tutto è migliorabile, ma è doveroso sottolineare che si parte da una base solida, costruita grazie all’apporto e all’impegno di Amadeus, che si è battuto in prima persona, assumendosi responsabilità e correndo anche dei rischi. L’augurio è che chi lo sostituirà possa avere a cuore sia la musica che il Festival, così come è stato per lui, e che riesca ad anteporli con passione e serietà a tutto il resto.

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