Rose Villain

Manca sempre meno alla partenza di Sanremo 2024, per esorcizzare l’attesa vi proponiamo la nostra intervista a Rose Villain, all’anagrafe Rosa Luini, tra i protagonisti della prossima edizione del Festival

“Click Boom!” è il brano che l’artista milanese ha scelto di presentare in concorso, un pezzo che mette in risalto la sua versatilità e che si presenta come un giusto biglietto da visita per riassumere al grande pubblico il suo mondo sonoro a metà strada tra pop e urban.

In attesa della sua partecipazione festivaliera e della pubblicazione del suo secondo album “Radio Sakura“, prevista per il prossimo 8 marzo, abbiamo raggiunto Rose Villain per approfondire la sua conoscenza e scoprire i suoi stati d’animo alla vigilia di questo importante debutto.

Sanremo 2024, intervista a Rose Villain

Quali sono gli aspetti che in questo momento ti gasano in questa esperienza alla vigilia del Festival e quelli che, invece, magari un po’ ti spaventano?

«Sono entusiasta all’idea di portare un brano di cui sono così fiera su un palco che rappresenta comunque una grande opportunità per arrivare a un pubblico più ampio e che ascolta generi diversi. Questa è la parte più emozionante, giuro che vorrei fosse domani, quasi non riesco più ad aspettare. D’altra parte, però, mi spaventa un po’ il riuscire a fare i conti con la stanchezza, perché so che saranno giorni pesanti. Lo scorso anno, quando ho partecipato nella serata delle cover come ospite di Rosa Chemical, alla fine sono stata lì solo due giorni, ma al terzo ero distrutta, ricordo che sono rimasta a casa a dormire tutto il giorno. L’unica cosa che temo, quindi, è arrivare troppo stanca la sera, ma sono certa che l’adrenalina arriverà in mio soccorso».

“Click boom!” è un pezzo che rappresenta un po’ il tuo dualismo e che, a mio avviso, racchiude al suo interno le varie angolature del tuo mondo. È questo che ti ha spinto a sceglierlo come una sorta di biglietto da visita per questo debutto e per rivolgerti a una platea così vasta?

«Sai, alla fine già il mio nome d’arte Rose Villain è un po’ un dualismo di per sé. Questo fa proprio parte del mio essere artista, no? C’è sempre una parte molto malinconica, molto dolce che è mia, che è la parte Rose, diciamo. E poi c’è anche questa parte Villain, questa parte cazzuta che mi sento in dovere di esorcizzare con la musica. Non potevo portare con me solo uno di questi due aspetti, perché entrambi fanno parte del mio carattere e di ciò che fondamentalmente sono, sopra e sotto il palco».

Il brano rappresenta anche una sorta di crescendo emotivo che viene traslato anche musicalmente con l’arrangiamento trascinante. E volevo chiederti qualcosa in più sulla costruzione del pezzo, perché francamente non sono riuscito a individuare un unico inciso, cioè sembra che ci siano più ritornelli, no?

«È stato tutto molto istintivo, la canzone l’ho scritta tra l’altro insieme a Davide Petrella che è un super songwriter. Personalmente, io stessa individuo l’inciso nel cantatone più melodico e una sorta di drop la parte successiva, che è una cosa un po’ moderna che fa parte dell’urban, genere che mi appartiene. Volevo fare dunque un pezzo che unisse il pop all’urban, puntando a tirare fuori il meglio di me».

Dal punto di vista testuale, racconti le pene di una relazione in maniera molto originale. Mi piace molto il paragone che fai dell’amore con un proiettile, che favorisce l’idea del titolo stesso. Da quali pensieri e da quali stati d’animo ti sei lasciata trasportare in fase di scrittura?

«Penso che anche l’amore più importante, l’amore più forte, inevitabilmente porti con sé dei lati negativi. Cioè, in genere nelle canzoni si tende a scrivere o dell’amore meraviglioso o del cuore spezzato. Invece, con questo pezzo, volevo far emergere altri aspetti di questo sentimento, gli stessi che anche in una relazione si manifestano quando meno te l’aspetti. C’è sempre qualcosa che minaccia la stabilità di una copia, magari la gelosia, magari la paura di soffrire, perché alla fine anche l’amore fa male in qualche modo. Persino amare tanto è doloroso, mi piaceva riflettere su tutti questi aspetti».

Rose Villain

Nel testo ci sono anche tante altre immagini che colpiscono, penso al “piove sopra una lacrima” o al “trasformare il male in musica”, ma c’è una frase che secondo te racchiude e riassume il senso che tu stessa attribuisci a questa canzone?

«Forse… “se non mi importa di te, non mi importa di me”. Credo che sia questa la frase perfetta per sintetizzare ciò che abbiamo voluto esprimere con questa canzone».

Musicalmente parlando, dicevamo che in questo brano racchiudi un po’ il tuo mondo fatto di contaminazioni. E mi viene da pensare ai tuoi studi, al fatto che tu ti sia diplomata al conservatorio contemporaneo negli Stati Uniti. Quindi questo pezzo contiene sia la tua anima italiana, più tradizionale e melodica se vogliamo, ma anche quello spirito più internazionale e quel libero approccio fuori dagli schemi?

«Assolutamente, quello che ho imparato dagli Stati Uniti è proprio di osare artisticamente, provare a buttarmi e sperimentare. Sono contenta di aver unito quelli che potenzialmente potrebbero apparire come due canzoni diverse tra loro, in questo credo di aver osato parecchio. La mia lunga esperienza in America mi ha insegnato proprio questo, sicuramente ad essere ambiziosa».

Come sono andate le prove con l’orchestra e che valore restituisce al pezzo l’innesto delle varie sezioni?

«È tutta un’altra cosa, io poi sono molto fan dei musicisti, sono una musicista e ho sposato un musicista, quindi per me è stato emozionante provare con l’orchestra. All’inizio ho voluto fare un ascolto senza cantare e, appena è iniziato il primo giro di chitarra, sono scoppiata a piangere subito. Poi l’abbiamo provata più volte e devo dirti che questa canzone non l’ho mai cantata bene come con l’orchestra. Quindi, mi ripeto, non vedo l’ora di poterlo fare sul palco dell’Ariston e che questa canzone possa essere ascoltata da tutti».

Sei reduce dal successo di “Radio Gotham”, il tuo primo disco pubblicato lo scorso anno, e hai appena annunciato l’uscita del tuo secondo lavoro “Radio Sakura”. Caparezza qualche anno fa diceva che il secondo album è sempre quello più difficile, per te è stato così?

«In realtà questo mio secondo disco è un po’ come se si fosse scritto da solo, l’ho chiuso in circa un mese. Dopo che avevo fatto un anno di promozione con il precedente album e dopo aver ho suonato in giro parecchio, ho deciso di fermarmi a scrivere e avevo proprio voglia di buttare giù cose nuove, sentivo la necessità di dire altre cose. Così si è trattato quasi di un flusso di coscienza e per me questa è la musica migliore che abbia mai fatto».

Per concludere, al di là della classifica finale e di un risultato in termini di gara, qual è l’obiettivo che ti poni con questo Festival? Quale sarebbe per te la reale vittoria?

«Per me la reale vittoria sarebbe riuscire a creare nuove connessioni, affinché la mia musica in qualche modo arrivi potenzialmente a chiunque e si connetta alle anime di più persone possibili».

Sanremo 2024, videointervista a Rose Villain

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