X Factor 2025 finalisti

Analisi sull’ultima edizione di X Factor, controcorrente rispetto all’attualità discografica

La musica al centro: un’espressione spesso inflazionata che però, negli ultimi anni, all’atto pratico, trova difficilmente un reale riscontro. Prima della musica, si prediligono infatti gli interessi commerciali, i numeri sulle piattaforme, la possibilità di diventare una facile tendenza ed è ciò che, recentemente, abbiamo visto anche con l’annuncio del cast del prossimo Festival di Sanremo, riempito di nomi che a stento soddisfano i criteri di popolarità richiesti da regolamento e inseriti proprio per rincorrere i target di TikTok e Spotify. Pensiamo, ad esempio, a Eddie Brock, diventato Big grazie a una sola canzone diventata virale negli ultimi mesi, “Non è mica te“.

Una rincorsa al fenomeno che coinvolge tutta l’industria musicale: le tre major discografiche (Sony, Universal e Warner) non hanno più un’attività di scouting e mettono sotto contratto solo artisti che hanno già un importante seguito sui social, e anche le radio hanno, di fatto, smesso di creare successi, adeguandosi a ciò che viene lanciato prima dalle piattaforme. Calza, anche qui, a pennello l’esempio del già citato Eddie Brock, che grazie a “Non è mica te” ha firmato un contratto con Warner e si è trovato ad alta rotazione su tutti i network radiofonici più importanti dopo quasi dieci anni in cui ha pubblicato diversi singoli e anche un album senza però essere notato da nessuno. Sia la major che le radio sono arrivate quando erano già arrivati prima i social.

E la storia del cantautore romano è, comunque, un unicum al giorno d’oggi, perché rappresenta un premio a una lunga e ostinata gavetta in tempi in cui i giovani passano direttamente dalla propria cameretta ai grandi palchi senza alcun tipo di lavoro e preparazione. Questa ossessione verso la tendenza porta infatti, in gran parte, ai vertici della scena degli artisti che non sono strutturati, che non hanno studiato e che, spesso, non hanno neanche talento. Pensiamo, ad esempio, a Tony Effe, acclamatissimo alla vigilia dell’ultimo Festival di Sanremo e poi sgonfiatosi inesorabilmente proprio in virtù della sua totale inadeguatezza mostrata sul palco dell’Ariston.

Tutta questa lunga premessa per arrivare a quello che è l’argomento centrale di questo articolo, ovvero X Factor, che ha chiuso pochi giorni fa una trionfale edizione (la finale, con quasi due milioni di spettatori e il 9% di share, è stata la più vista degli ultimi sette anni), ponendosi in netto contrasto proprio con i fattori menzionati che condizionano l’attualità discografica. Il rilancio del talent di casa Sky non è, infatti, solo televisivo ma è, soprattutto, musicale in virtù della scelta di portare sul palco di Piazza del Plebiscito a Napoli, durante la scorsa settimana, tutti artisti preparati, con un grande talento vocale e con una loro, definita, personalità a formare una commistione di generi lontana dall’omologazione odierna e senza andare forzatamente a pescare verso ciò che funziona di più.

Emblematico il caso della vincitrice Rob e della sua dimensione pop-punk, un genere pressoché inesistente nelle fila della major se non per le Bambole di Pezza, che parteciperanno al prossimo Sanremo ma comunque senza alcun successo consolidato alle spalle. Impossibile non menzionare anche il folk di Delia, altro mondo distante anni luce dal mainstream, e l’attitudine da musical e squisitamente pop di PierC, con la sua ambizione di non voler essere solo cantante, ma anche performer. Una tavolozza di colori a cui hanno contribuito anche i semifinalisti Tomasi, il 16enne con i grandi cantautori del passato come modelli, e Tellynonpiangere con il suo indie-pop, ma anche i meno compresi, come Viscardi e la sua dimensione funk o Michelle con la sua elettronica (ancora acerba ma con prospettive).

A rappresentare, però, al meglio questo rilancio di X Factor è EroCaddeo, secondo classificato ma primo per distacco guardando i risultati delle piattaforme. Il suo inedito, “Punto“, ha debuttato direttamente al 12esimo posto della classifica di Spotify e, attualmente, è ancora al 29esimo, con quasi due milioni di ascolti raccolti in poco più di due settimane. Risultati che, nel post-X Factor, non si verificavano addirittura dal 2018, con “La fine del mondo” di Anastasio, ma il discorso si allarga in generale al discorso talent: “Punto” ha superato l’esordio in classifica di tutti gli inediti lanciati negli ultimi cinque anni da Amici che, ultimamente, nonostante abbia a disposizione la platea di Canale 5 estremamente più ampia di quella di Sky, sta facendo una gran fatica a lanciare successi di tale portata.

Sarah Toscano, vincitrice della categoria canto nel 2024, è stata in qualche modo “salvata” dalla partecipazione a Sanremo arrivata, però, senza neanche un disco d’oro raccolto dopo oltre otto mesi in televisione. Stesso, modesto, risultato raccolto l’anno scorso da Trigno che, senza Festival, rischia di finire definitivamente nell’anonimato e l’edizione in corso sta già dando la medesima sensazione: nessuno degli inediti lanciati durante le scorse settimane è riuscito a debuttare nella Top200.

La spiegazione di questa “rivincita” di X Factor nei confronti di Amici può essere molto semplice: il programma targato Maria De Filippi continua a inseguire il target giovanile da sempre centrale nella trasmissione, proponendo il solito pop dozzinale e cercando di creare il fenomeno costruendo attorno ai concorrenti una strada forzatamente televisiva, fatta di querelle tra gli insegnanti, continui confronti tra i ragazzi e gossip. E, in un’epoca in cui i ragazzini la musica se la cercano però da soli sulle piattaforme, questa strada non paga perché non porta interesse nei confronti degli artisti in gara né da parte del target che segue il programma programma, né dal pubblico che cerca un ascolto più maturo, rischiando di ridurre Amici unicamente al successo televisivo e non più anche discografico.

La scelta di X Factor va, invece, in netta controtendenza: prima del successo televisivo, cerca di essere uno spazio in cui i ragazzi possono veramente esprimere se stessi e la loro musica a prescindere dalle mode del momento, senza essere quindi snaturati e senza neanche cadere in dinamiche più televisive che artistiche. C’è, ovviamente, la gara, ma non ci sono tutti quegli elementi più da Grande Fratello che da talent e questa strategia, durante l’ultima edizione, ha finalmente pagato partendo proprio da un’azzecatissima selezione iniziale che ha portato il pubblico a interessarsi sin da subito agli artisti in gara.

È stato dato spazio a concorrenti che, difficilmente, avrebbero trovato spazio ad Amici o in qualche major discografica, a partire proprio da quell’EroCaddeo oggi trionfatore nelle classifiche con una canzone molto classica, cantata senza autotune, non pensata per essere un tormentone e in cui la cassa dritta è sostituita da chitarra e pianoforte. “Punto” sarebbe stata difficilmente promossa ad Amici dal Rudy Zerbi o dall’Anna Pettinelli di turno proprio perché poco moderna e radiofonica, ma è stata proprio questa la fortuna quest’anno di X Factor: mettere la musica al centro senza alcun tipo di condizionamento esterno. Quando una canzone è forte, l’artista ha talento e entrambi ottengono il giusto spazio, non c’è alcun bisogno di scendere ad alcun compromesso con l’attualità per arrivare al pubblico. Il talent di Sky ha trionfato proprio così: creando il successo senza inseguire a tutti i costi il fenomeno.

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