Lui è Luì, lei è Sofì e insieme sono i Me Contro Te: chissà quante volte avrete sentito anche solo distrattamente questa frase. Stiamo parlando di un vero e proprio fenomeno generazionale che, in quasi dieci anni di carriera, ha intrattenuto e cresciuto almeno due generazioni di bambini.
Dopo il successo dell’album “Il Fantadisco dei Me Contro Te” che ha esordito in vetta alla classifica ufficiale FIMI/Gfk nel febbraio del 2020, è appena uscito il loro nuovo disco “Natale con Luì & Sofì”, disponibile per Warner Music Italy dallo scorso 24 novembre.
Nel corso dell’ultimo decennio, i Me Contro Te hanno pubblicato 10 libri e sono usciti con 5 film campioni d’incassi, realizzato una serie tv che ha raggiunto ascolti altissimi e girato l’Italia con una tournée nei palazzetti che ha coinvolto sia grandi che piccini. Abbiamo incontrato i due giovani siciliani, al secolo Sofia Scalia e Luigi Calagna, per approfondire la conoscenza di questo loro nuovo progetto.
Intervista ai Me Contro Te
Come è nata l’idea di realizzare un album natalizio?
«È un sogno che si avvera, perché in realtà è da tantissimo tempo che volevamo realizzare un album di Natale. Amando la musica, lo abbiamo solo rimandato perché negli scorsi anni in questo periodo dell’anno eravamo sempre impegnati con altri progetti, in primis per le uscite dei nostri film in programma solitamente a gennaio. Questo era il momento giusto e siamo super contenti anche perché per noi il Natale è il periodo più bello dell’anno».
Nel disco ci sono tre brani inediti, cosa raccontano?
«”Super Babbo Natale” è la traccia di apertura in cui rappresentiamo Babbo Natale come se fosse un supereroe, perché nel nostro immaginario, e immaginiamo anche in quello dei bambini che ci seguono, Babbo Natale è proprio questo. Nella seconda canzone intitolata “Come il Grinch” facciamo praticamente un parallelismo tra il nostro “Signor S” e il Grinch, due personaggi che hanno intenzioni simili, ovvero rovinare il Natale ed è un invito appunto a non essere cattivi. Poi il terzo brano originale è “Sotto l’albero”, il pezzo più romantico di questo trittico. Siamo stati noi a pensare a tutto, grazie all’aiuto di un carissimo amico che è Shade, con il quale siamo soliti lavorare ai nostri brani. Insieme abbiamo fatto un super lavoro».
Sette sono invece le cover prese in prestito dal vasto repertorio tradizionale natalizio, come le avete scelte?
«Abbiamo scelto le cover tra quelle che hanno in qualche modo influenzato la nostra vita e che abbiamo ascoltato fin da piccoli. Alcune sono molto famose, per esempio “Din Don Dan” che è la nostra versione di “Jingle Bells”, altre invece sono meno conosciute in Italia. come “12 giorni a Natale” che è un brano americano molto particolare, perché è una sorta di filastrocca in stile “Alla fiera dell’est”, dove in ogni strofa si aggiunge un personaggio. Abbiamo cercato in tutte le tracce di aggiungere i personaggi ricorrenti nei nostri video e nei nostri film. Diciamo che abbiamo voluto portare questa canzoni, un po’ nel nostro mondo».
Quali dischi natalizi vi hanno ispirato per la realizzazione di questo vostro album?
«Tra i nostri ascolti, ci sono in assoluto le versioni di Michael Bublé, che sono tutte bellissime, ma anche quelle di Laura Pausini. Noi, però, abbiamo voluto utilizzare delle sonorità un po’ diverse dal solito, al punto che alcuni brani appaiono se vogliamo anche poco natalizi, alla fine abbiamo restituito una chiave dance a quasi tutte le canzoni. Questo per trasmettere l’idea di festa che vogliamo regalare a tutti in questo periodo, oltre che per differenziarci dalle numerosissime versioni incise negli anni. Tra l’altro abbiamo inciso tutti i brani in piena estate, mentre si moriva di caldo. È stato davvero molto divertente, un po’ meno anche andare in studio ad agosto. Un altro aneddoto simpatico è che di solito incidiamo le nostre canzoni nello studio di Marco Zangirolami, uno dei produttori più quotati, da lui incidono praticamente quasi tutti i rapper della scena italiana. Quindi capita di ritrovarci a registrare prima o dopo Emis Killa, Fabri Fibra e J-Ax, questa è una cosa che ci fa molto sorridere».

Vi diverte la parodia di Fiorello e Biggio dei Ma senza Se?
«È molto divertente, noi siamo dei grandissimi fan di Fiorello. Lo stimiamo un sacco, però da lui ci aspettavamo qualcosa di più, perché ha fatto una parodia basandosi sui luoghi comuni, forse un po’ troppo superficiale. Massima stima per lui, anche perché lo abbiamo sempre guardato in tv e l’idea di essere imitati da lui ci riempie d’orgoglio. Fiore e Biggio fanno molto ridere camuffati da noi, però crediamo che si sarebbe potuto fare qualcosina di più. Probabilmente non ci hanno studiato bene, si sono basati sul sento dire. Dovrebbero guardarsi i nostri video, magari imparare a fare il saluto delle trote!».
Oggi come oggi i bambini hanno un potere discografico nelle loro mani, perché con il telefonino streammano, attraverso i genitori acquistano e soprattutto televotano. Avete mai pensato alla possibilità concreta di partecipare in gara al Festival di Sanremo? Siete consapevoli del fatto che sbanchereste al televoto?
«Quella di Sanremo è una storia strana perché nel 2020, l’anno d’uscita del nostro primo film, dato il successo imprevisto che nessuno si aspettava e la spinta mediatica, siamo andati vicino ad andarci come ospiti. Gli autori ci contattarono a ridosso della settimana del Festival e non siamo riusciti ad incastrare una nostra partecipazione con i numerosi altri impegni già programmati. Ovviamente ci è dispiaciuto moltissimo, quindi speriamo che in futuro ci siano altre occasioni, ce lo auguriamo, diciamo che andremo più che volentieri. A livello generale, diciamo che non sentiamo il peso della responsabilità discografica di dover restituire a tutti i costi una sorta di credibilità ai nostri personaggi, ma ci limitiamo a fare musica seguendo ciò che ci piace. Non a caso, nelle nostre canzoni passiamo da un genere all’altro e spesso utilizziamo questa forma d’arte per raccontare e accompagnare progetti come i film, i libri e le serie tv. C’è molta libertà, anche in chi lavora con noi che ha modo di poter sperimentare e di tornare un po’ bambino».
Sono ormai quasi dieci anni che vi rivolgete al pubblico più piccolo. un pubblico che è cresciuto insieme a voi. Come pensate si sia evoluto?
«In questi dieci anni abbiamo già cambiato quasi due generazioni di fan. La verità è che siamo molto legati a quello che facciamo e ci piace farlo, quindi non è soltanto una questione di target, ma è quello che ci diverte. Probabilmente è proprio questa nostra spensieratezza che riesce a coinvolgere le nuove generazioni, che spesso sono rappresentate dai fratellini o dalle sorelline di chi ci seguiva prima. La cosa molto strana è che ci capita di incontrare per strada ragazzi di vent’anni che ci ringraziano per aver accompagnato la loro infanzia. Questo è motivo di grande orgoglio, dall’altro ci fanno sentire un po’ anziani (ridono, ndr)».
Questo è un aspetto molto interessante, perché voi farete sempre parte della vita di questi bambini, anche quando saranno adulti…
«Sì e questa cosa ha davvero dell’incredibile, pensare che accompagneremo quelle persone per sempre e che un giorno per qualcuno saremo quello che Cristina D’Avena o Giovanni Muciaccia hanno rappresentato per noi. È ovviamente qualcosa che ci riempie il cuore. Crescendo ci sta che molti bambini non guardino più i nostri contenuti o che non ascoltino più la nostra musica, però ci rende felici la possibilità di immaginare che quando ripenseranno a noi sul loro viso comparirà un sorriso. A noi succede quando ci capita di vedere sui social qualche estratto della Melevisione o di programmi che ci riportano indietro alla nostra infanzia. Quindi è bellissimo, oltre che incredibile».

foto di Loris T. Zambelli
Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte di raccontare. È autore del libro “Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin” (edito D’idee), impreziosito dalla prefazione di Amadeus. Insieme a Marco Rettani ha scritto “Canzoni nel cassetto”, pubblicato da Volo Libero e vincitore del Premio letterario Gianni Ravera 2023.
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