Com’è andato il 2025? Un’attenta analisi delle classifiche musicali dell’anno che sta per finire firmato Stefano Brocks.
Senza dubbio il 2025 è stato l’anno di Olly: il cantautorapper genovese non ha solo vinto il Festival di Sanremo ma ha dominato per tuto l’anno le hit parade con i tre singoli: in inverno Per due come noi, in primavera Balorda nostalgia e in autunno Questa domenica, tutti puntualmente al numero uno, tranne in estate quando Depresso fortunato si è fermato poche posizioni più sotto. L’album Tutta vita, a sua volta, è in hit parade da 60 settimane, senza poi contare i numerosi sold out ai concerti. Il singolo sanremese ha sfiorato il record di permanenza al primo posto in hit parade per un disco sanremese, 10 settimane, appena una meno delle strisce da primato di Quando quando quando ed Una lacrima sul viso, più di un’era geologica fa, discograficamente parlando: da quei tempi non si coglieva un successo di tale portata. Se si aggiungono le 13 dell’ultimo singolo, significa metà settimane dell’anno dominate da suoi brani.
Si è fondamentalmente alternato con Alfa, conterraneo e di genere musicale simile, genoano anziché sampdoriano: per lui, due canzoni in vetta, Il filo rosso, 5 settimane a inizio 2025 e A me mi piace per tutta l’estate, 13, in tutto 18. Per gli altri, logico che non esistano che le briciole: Rose Villain & Guè, Shiva & Sfera Ebbasta, Blanco, Anna e, per una sola settimana a fine anno, i ritorni di Geolier ed Annalisa. Segno anche di una discografia che si è fermata a Sanremo, da cui ben sette artisti hanno portato l’album al numero uno in classifica: Corsi, Olly, Rose, Lauro, Bresh, Irama, Giorgia.
Ma dall’estate in poi sono pochissimi gli album usciti sul mercato da artisti di peso: Annalisa e Angelina Mango per il pop, Tommaso Paradiso e Gigi D’Alessio tra i cantautori, Salmo, Caparezza, Jovanotti, Ernia per le derivazioni rap e pochissimi altri, tra cui performance non proprio esaltanti di Tiziano Ferro ed Eros Ramazzotti, senza però dimenticare i long-seller Pinguini Tattici Nucleari e Cesare Cremonini. E il cast del Festival 2026 lascia intendere che molti big continuano a restare alla finestra, creando i dubbi che un cambio stilistico o discografico sia all’orizzonte: il cambio del calcolo delle certificazioni e la fine della spinta di ripresa post covid, oltre al burnout mostrato da molti artisti giovani che hanno annunciato un periodo di pausa sono segni che qualcosa sta cambiando. Così come nei generi musicali. Sanremo ha sancito una ripresa dell’interesse verso i cantautori, da Lucio Corsi a Brunori, ma attenzione a dare il rap per morto, primo perchè le classifiche dello streaming vedono continuamente nuovi protagonisti, oltre ai ben noti Fabri Fibra, Tony Boy, Shiva, Luchè, secondo perchè tale tecnica vocale permea ormai ogni genere, dall’urban al pop. Anche il dato americano della prima settimana dal 1990 in qua in cui nei top 10 non c’era alcun brano hip hop non può essere letto come una tendenza assoluta, ma come un cambio di gusto probabilmente sì.
Pochi gli internazionali di successo in Italia: Bad Bunny, Lady Gaga, Taylor Swift, Sabrina Carpenter, Alex Warren, tutti con pochissimi singoli estratti dai rispettivi album, ormai ridotti a blockbuster di una settimana. E’ però più significativo cogliere come nelle hit parade annuali a livello internazionale i brani più ascoltati sono stati tutti pubblicati nel 2024, segno di maggiore necessità di tempo per metabolizzarli, ma anche dell’assenza di veicoli generalisti per la promozione, stante anche l’abuso nelle radio di brani dal passato rispetto al ruolo di fare conoscere le novità.


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