27 giugno 1980: Bob Marley incanta 100.000 fan a San Siro con un concerto storico tra reggae, spiritualità rasta e lotta per la libertà.
C’è un prima e un dopo nella storia della musica live in Italia. Il confine è tracciato da una data scolpita nella memoria collettiva di chi c’era – e in quella ideale di chi avrebbe voluto esserci: 27 giugno 1980, stadio San Siro, Milano. Quella sera, oltre 80.000 persone assistettero al primo e unico concerto italiano di Bob Marley & The Wailers. Un evento che andò oltre lo spettacolo musicale: fu un rito collettivo, un’esperienza di consapevolezza sociale, politica e spirituale.
Marley, già icona mondiale, sbarcò a Milano nel pieno del suo Uprising Tour, per presentare quello che sarebbe stato l’ultimo album pubblicato in vita. Era l’uomo che aveva dato voce alle ingiustizie, agli ultimi, ai dimenticati. In Italia, dove il reggae era ancora una nicchia, il suo arrivo fu accolto come quello di un profeta. Migliaia di persone arrivarono da ogni parte del Paese: studenti, militanti, giovani alla ricerca di un’alternativa, fan veri o semplicemente affascinati da quell’uomo dai capelli rasta e dalla voce carismatica.
Quella sera San Siro si fece cattedrale del reggae. In apertura, due artisti italiani all’epoca emergenti: il bluesman romano Roberto Ciotti e un giovane Pino Daniele. Dopo le 21, le coriste I-Three iniziarono a cantare. Sul palco comparve Marley, introdotto dal brano “Marley Chant”: in quel momento, l’intero stadio si trasformò in una sola voce, un solo battito, una sola energia.
La scaletta fu un viaggio nel cuore della sua musica militante e spirituale: da “Natural Mystic” a “Get Up, Stand Up”, da “No Woman, No Cry” a “Redemption Song”. Brani come “War” e “Zimbabwe” ricordarono a tutti che Marley era sì un cantante, ma anche un combattente. E quando cantò “One Love”, scritta durante la guerra civile in Giamaica, lo stadio esplose in un abbraccio collettivo. Migliaia di accendini – all’epoca non esistevano i cellulari – illuminarono la notte come stelle terrestri, simboli di speranza, pace, unità.
Durante la sua breve permanenza in Italia, Marley concesse un’unica intervista, al Tg2. Le sue parole, oggi leggendarie, risuonarono come una dichiarazione d’intenti: “I soldi non sono importanti, sono importanti solo per l’uomo bianco. Quello che importa è Dio, il cielo, la terra, il sole, la natura. I soldi sono solo pezzi di carta, non devono condizionare la vita.” Era il pensiero rastafariano che metteva al centro l’armonia con la natura, la spiritualità, la liberazione dall’oppressione materiale e ideologica.
Marley parlava di Babylon system, il sistema oppressivo e disumanizzante che schiaccia i popoli. Le sue canzoni erano armi di consapevolezza. Non è un caso che alcune sezioni dell’ANPI di Milano – Crescenzago, Gratosoglio e 10 Agosto – abbiano recentemente proposto di intitolargli una via cittadina, riconoscendolo come “resistente” per la sua lotta contro razzismo, colonialismo e disuguaglianza.
Marley sarebbe morto meno di un anno dopo, l’11 maggio 1981, a soli 36 anni, per un melanoma che si era esteso al cervello. Eppure, il suo passaggio in Italia ha lasciato un’impronta incancellabile. Quel concerto a San Siro fu la performance con il pubblico più numeroso della sua carriera – secondo solo all’esibizione in Zimbabwe per l’indipendenza del Paese. Un momento unico, potente, irripetibile.
Nel 2021, per il quarantesimo anniversario della sua scomparsa, il critico musicale Gaetano Crupi ha pubblicato una biografia intitolata Don’t Give Up the Fight, omaggio a un artista che non smise mai di credere nella possibilità di un mondo migliore.
Grazie a Marley, il reggae è oggi patrimonio immateriale dell’umanità riconosciuto dall’UNESCO. La sua musica vive ovunque ci sia una lotta per i diritti, ovunque si cerchi pace e uguaglianza. E il 27 giugno 1980 resta il giorno in cui l’Italia vide da vicino, una sola volta, un uomo che con una chitarra riusciva a zittire persino i kalashnikov.
SCALETTA del concerto di Bob Marley a San Siro, Milano – 27 giugno 1980:
- Marley Chant
- Natural Mystic
- Positive Vibration
- Revolution
- I Shot The Sheriff
- War
- No More Trouble
- Zimbabwe
- Zion Train
- No Woman, No Cry
- Jammin’
- Exodus
- Redemption Song
- Natty Dread
- Work
- Kaya
- Roots, Rock, Reggae
- Is This Love
- Could You Be Loved
- Kinky Reggae
- Get Up, Stand Up
“Non lasciare la lotta” – cantava Marley. Quella sera, a San Siro, la lotta diventò musica, e la musica, un sogno condiviso.

La redazione di iMusicFun è composta da professionisti della musica e della comunicazione, uniti da una vera passione per le 7 note… in tutte le sue forme. Seguiamo con cura e competenza artisti, eventi e tendenze, offrendo contenuti sempre aggiornati e approfonditi. La nostra missione è raccontare la musica con autenticità, entusiasmo e attenzione ai dettagli che fanno la differenza.
📢 Segui iMusicFun su Google News:
Clicca sulla stellina ✩ da app e mobile o alla voce “Segui”
🔔 Non perderti le ultime notizie dal mondo della musica italiana e internazionale con le notifiche in tempo reale dai nostri canali Telegram e WhatsApp.