“Musica Triste” è il nuovo album di Emis Killa: 15 tracce, visione artistica rinnovata e un ritorno alle radici rap, ma con una visione contemporanea. Qui il link per l’acquisto di una copia fisica.
C’è un paradosso al centro del nuovo album di Emis Killa, e già dal titolo si intuisce la volontà dell’artista di sovvertire le aspettative. “Musica Triste”, in uscita il 5 dicembre, non è un disco cupo, non è un lavoro introspettivo in senso stretto e non è neppure il progetto malinconico che molti si sarebbero aspettati leggendo quelle due parole. È, piuttosto, un manifesto dichiarato, una presa di posizione che l’artista rivendica con forza durante l’incontro con la stampa, raccontando un progetto che ha cambiato pelle più volte prima di trovare la sua forma definitiva.
Il titolo nasce da un riferimento preciso: l’artista francese Eric Christian, autore da cui Emis si dice molto ispirato. Christian definisce la propria musica “triste”, pur non essendo una persona triste. Una contraddizione che Emis Killa sente profondamente sua. Anche le sue hit, osserva, sono sempre attraversate da una vena malinconica, nostalgica, lontana anni luce dalla leggerezza pop contemporanea. Non a caso, nel corso della conferenza precisa di non riconoscersi nella musica “leggera” e di non avere interesse a inseguire l’allegria artificiale che domina il mercato. “Musica Triste”, allora, diventa un’etichetta provocatoria, un modo per affermare la propria identità senza mezzi termini, in un momento storico in cui la musica rap, secondo l’artista, soffre di scarsa attenzione e molta superficialità.
Emis Killa chiarisce però che “Musica Triste” non è un disco depresso. Anzi: lo definisce “colorato”, vario nelle atmosfere, dinamico nei suoni, capace di attraversare più mood senza legarsi a un unico filo emotivo. Per la prima volta nella sua carriera, la copertina non lo ritrae in primo piano, un’altra scelta che riflette il desiderio di alleggerire la propria immagine e concentrarsi sul contenuto. La cover non possiede un messaggio nascosto, spiega, ma una pura scelta estetica, coerente con una cultura hip hop a cui è ancora profondamente legato. Nonostante riconosca che la generazione più giovane sembri più attenta alla moda che alle radici del rap, Emis difende la bellezza delle sue origini artistiche, pur accettando che i tempi cambiano.

Durante l’incontro non manca un riferimento al suo passato recente. L’artista racconta che un anno fa, anche complice Sanremo, aveva in mente un progetto diverso, più autorale e meno street. Poi ha cambiato rotta. Ammette di trovarsi decisamente meglio quando fa rap, senza il peso delle aspettative che ruotano attorno alla “hit obbligatoria“. I singoli, dice, sono spesso un inganno: possono far immaginare un disco che poi non rappresenta affatto ciò che l’artista sta costruendo. Negli anni, inoltre, confessa di avvertire un progressivo distacco verso i brani più pop che un tempo l’avevano divertito. Oggi sente il bisogno di rimanere fedele a ciò che è diventato.
Il racconto passa inevitabilmente per il lavoro in studio e per la costruzione del suono. Emis spiega che il processo è stato estremamente spontaneo e disordinato: “randomico”, lo definisce. Con Drillionaire, per esempio, si conoscono da anni, ma solo ora sono riusciti a collaborare davvero. L’artista ammette di non amare l’idea di affidarsi a un unico produttore per un intero album, perché questo può danneggiare la libertà creativa. Preferisce raccogliere brani diversi, selezionando solo quelli che davvero lo convincono. Rinuncia, così, alla coerenza totale del sound in favore dell’onestà artistica. Una scelta che rispecchia anche il suo pensiero sull’industria attuale: secondo lui gli album stanno diventando un formato sempre meno centrale. Crede che presto la musica verrà consumata solo attraverso singoli brevissimi, pensati per i social più che per l’ascolto approfondito. Una prospettiva che osserva con amarezza, sottolineando come oggi “la forza di un disco è per i fan, ma spesso si disperde”.
La sua riflessione tocca anche il tema delle collaborazioni, da sempre parte integrante del suo percorso. Emis racconta che nel tempo ha smesso di cercarle a tutti i costi. Ci sono featuring nati spontaneamente e altri più complessi. Tra questi cita “Ambra”, il brano con Tedua, definito il più difficile da portare a termine per questioni di tempistiche, ma anche uno dei più potenti del disco. Nel complesso, in “Musica Triste” convivono nomi storici come Salmo, Capo Plaza, Tony Effe, Baby Gang e nuove leve come Flaco G, Papa V, Nerissima Serpe, Ele A, Promessa. È un album intergenerazionale, che mette in dialogo la vecchia scuola e quella emergente senza sovrastrutture.
Tra i momenti più personali dell’incontro c’è il suo riferimento all’evento EM17, che non avrà un seguito. Nonostante il successo delle edizioni precedenti, Emis confessa che l’esperienza gli ha tolto serenità e molte notti di sonno, a causa delle tensioni e delle dinamiche poco sane dell’ambiente. Non vuole più trovarsi in situazioni del genere e preferisce dedicarsi a progetti live più mirati e sostenibili. Lo dice con una schiettezza che appartiene a pochi artisti nella scena attuale.
L’artista affronta poi anche il tema dell’intelligenza artificiale, argomento caldo nella musica contemporanea. La definisce “spaventosa”, soprattutto per la difficoltà di distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è. Tuttavia la considera un’innovazione inevitabile, uno strumento utile se usato con intelligenza, purché non sostituisca il lavoro umano. Secondo lui, ciò che salverà gli artisti sarà la presenza scenica, perché è una dimensione che non può essere replicata da un software. A suo avviso alcune categorie, come i doppiatori, sono particolarmente a rischio. Sente di essere “fortunato a non iniziare adesso”, in un mondo così diverso da quello in cui ha mosso i primi passi.
Se “Musica Triste” è un concept che gioca con le aspettative, lo è ancora di più quando si entra nel dettaglio dei singoli brani. L’apertura con “Luna Storta” è un ritorno deciso al rap old school, aggressivo e diretto, nato originariamente su un altro beat ma poi ricostruito per aderire meglio all’identità del disco. È uno sfogo e allo stesso tempo una dichiarazione di intenti: il rap, dice Emis, ti rende immortale e deve essere riconosciuto nella sua qualità. Con “Staila”, la collaborazione con Flaco G, emerge invece il lato club del progetto, energico e provocatorio, memore delle vibrazioni dei suoi successi degli anni passati. “Ambra”, con Tedua, è una delle sorprese più potenti del disco, scritta in chiusura del processo creativo e dotata di un magnetismo particolare.
Il viaggio continua con “Mama”, una dedica a una donna complessa e affascinante raccontata con il consueto “romanticismo di quartiere” che caratterizza l’artista, e con “Phrate”, forse uno dei brani più emotivi dell’album, un tributo a chi gli è accanto da sempre, un inno all’amicizia che supera il tempo e il successo. L’anima più cruda emerge in “Fanculo”, con Baby Gang, e trova il punto più intimo nella title track “Musica Triste”, brano che Emis definisce una lettera a se stesso, un confronto tra il ragazzo che è stato e l’uomo che è diventato.
Ci sono poi atmosfere più calde e sensuali in “Calda” con Tony Effe, aggressività tecnica in “Robb Stark” insieme a Salmo, romanticismo street in “Sogni Sporchi”, ironia spontanea in “Faccia da*” e una malinconia adulta in “Una Siga Fa”, che coinvolge Papa V e Nerissima Serpe in un racconto sorprendentemente emotivo. La chiusura con “Mare di Notte” è una sorta di sfogo finale, nato per caso negli ultimi giorni di lavoro, trasformato poi nella “ciliegina mancante”, il vero epilogo di un percorso intenso.
“Musica Triste” è un progetto che riflette la maturità raggiunta da Emis Killa. È un disco che unisce tecnica, identità e libertà creativa, svincolato dalle mode del momento e fedele a una visione personale che l’artista difende con determinazione. Non è un ritorno alle origini, né un allontanamento dal presente, ma un punto d’incontro tra ciò che Emis è stato e ciò che oggi vuole essere. È un disco vivo, costruito con autenticità e senza artifici, nato per restare.

Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello”, nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia” e nel 2205 “Ride bene chi ride ultimo”
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