Nemo, vincitore dell’Eurovision 2024 a Malmö, ha pubblicato un lungo sfogo social, nel quale spiega il motivo per cui ha scelto di restituire all’Ebu il trofeo vinto.
L’Eurovision Song Contest 2026, atteso a Vienna, si trova al centro di una delle crisi più profonde della sua storia. La decisione dell’Ebu, l’European Broadcasting Union, di non estromettere Israele dalla competizione ha infatti spaccato l’opinione pubblica e provocato una serie di reazioni a catena che stanno ridefinendo lo scenario del prossimo Eurovision.
Nonostante le pressioni crescenti e il dibattito internazionale, la maggioranza dei Paesi membri dell’Ebu ha votato per mantenere Israele in gara, ritenendo non necessario un voto formale sulla sua partecipazione. Una scelta che ha alimentato polemiche e ha portato diversi Stati a prendere una posizione drastica: non partecipare all’edizione 2026.
Nel giro di poche ore, cinque emittenti pubbliche hanno annunciato il loro ritiro ufficiale dal contest. A guidare la protesta sono state Spagna, Paesi Bassi, Slovenia e Irlanda, presto seguite anche dall’Islanda, l’ultima ad aver comunicato la decisione.
Si tratta di un fronte compatto che accusa l’Ebu di non essere coerente con i valori fondanti dell’Eurovision, riassunti nello storico slogan “United by Music”. Per questi Paesi, la partecipazione di Israele in un contesto segnato dalle tensioni in Medio Oriente rappresenta una contraddizione insanabile tra i valori dichiarati e le scelte concrete dell’organizzazione.
In questo clima, l’Italia ha invece confermato la propria presenza, ribadendo l’intenzione di partecipare all’edizione 2026.
Eurovision, Nemo restituisce il trofeo vinto nel 2024 a Malmö
A rendere ancora più forte la protesta è arrivato il gesto simbolico di Nemo, vincitore dell’Eurovision Song Contest 2024 con il brano The Code. L’artista svizzero ha annunciato che restituirà il trofeo all’Ebu, scegliendo di spedirlo direttamente alla sede centrale di Ginevra, che paradossalmente si trova proprio nel suo Paese.
Nemo ha motivato il gesto con un lungo messaggio sui social, in cui ha spiegato di essere grato per l’esperienza, per l’affetto dei fan e per le possibilità artistiche nate dall’Eurovision. Tuttavia, ha dichiarato che il premio “non merita più di stare sul mio scaffale”, perché rappresenta un valore che oggi non riconosce più all’organizzazione.
Nel suo messaggio, l’artista sottolinea come l’Eurovision si professi promotore di unità, inclusione e dignità, ma permetta allo stesso tempo la partecipazione di un Paese che, secondo un rapporto dell’ONU, sarebbe coinvolto in “atti classificabili come genocidio”. Per Nemo non si tratta di una critica agli artisti, ma alle scelte politiche dell’Ebu, accusata di usare “la neutralità” per evitare responsabilità su questioni eticamente cruciali.
Il cantante ha concluso il suo comunicato con un invito chiaro:
“Live what you claim. Vivi ciò che predichi.”
Un messaggio che chiede coerenza tra ciò che l’Eurovision racconta sul palco e ciò che l’organizzazione fa dietro le quinte.
Il gesto di Nemo ha trovato il sostegno di molti artisti ed ex partecipanti, tra cui la portoghese Iolanda e la greca Marina Satti, che hanno pubblicamente appoggiato la sua decisione. Per molti, il suo gesto rappresenta la presa di posizione più forte mai compiuta da un vincitore del contest nei confronti dell’Ebu.
Allo stesso tempo, il clima interno all’Unione europea di radiodiffusione resta complesso. Da un lato ci sono i Paesi che continuano a sostenere la partecipazione di Israele, affermando che l’Eurovision debba rimanere “apolitico” e fedele alle sue regole. Dall’altro, cresce il fronte di chi ritiene impossibile separare del tutto politica e cultura quando sono in gioco diritti umani, conflitti e responsabilità etiche.
La crisi del 2026 mostra una frattura senza precedenti. Lo slogan “United by Music” sembra oggi più fragile che mai. L’Eurovision, nato per unire l’Europa nel dopoguerra, si ritrova ora a dover fronteggiare una delle più forti contestazioni della sua storia moderna.
Resta da capire come l’Ebu risponderà, se aprirà un dialogo più ampio o se resterà ferma sulla linea finora adottata. Di certo, l’edizione 2026 a Vienna rischia di segnare un punto di svolta per il futuro della manifestazione, chiamata a confrontarsi con ciò che è stata e con ciò che vuole essere.

La musica è la sua grande passione, segue come inviata l’Eurovision Song Contest e il Festival di Sanremo. Negli anni ha collaborato con diverse emittenti radiofoniche. Ama i gatti, il Giappone e la cultura manga!
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