Intervista a Carlo Marrale e Silvia Mezzanotte, che, con un tour in giro per l’Italia, celebrano i Matia Bazar e i 50 anni dello storico brano Stasera che sera.
Venerdì 21 novembre Carlo Marrale e Silvia Mezzanotte si esibiranno al Teatro Verdi di Montecatini (Pistoia). I biglietti per la data di Montecatini sono disponibili al seguente link: https://www.ticketone.it/artist/silvia-mezzanotte/silvia-mezzanotte-la-nostra-storia-nei-matia-bazar-3810064/.
Queste le date di “Stasera che sera 50th” prodotte da Baldrini Group:
- 21 novembre 2025 – Montecatini (Pistoia) – Teatro Verdi
- 27 dicembre 2025 – Sulmona (Aquila) – Teatro Maria Caniglia
- 11 gennaio 2026 – Marano (Napoli) – Teatro Alfieri
- 16 gennaio 2026 – Foggia – Teatro del Fuoco
“Stasera che sera“, è uscita a marzo del 1975 ed è diventata la colonna sonora di intere generazioni. La nuova versione (Raydada / Emi Music Italia) unisce l’eleganza della chitarra di Marrale alla magia delle voci dei due artisti. L’arrangiamento in chiave acustica,a cura di Riccardo Cherubini, dona al brano una nuova profondità emotiva, esaltando l’essenza melodica originale.

Intervista a Carlo Marrale e Silvia Mezzanotte
Carlo Marrale e Silvia Mezzanotte, sommando le vostre carriere si ottengono oltre settant’anni di musica: una vita intera dedicata al canto, alla scrittura e al palco. Cosa vi sorprende ancora, oggi, del vostro rapporto con la musica?
CM: Dopo tanti anni dedicati alla musica, ciò che ancora ci sorprende è come essa riesca ad emozionare continuamente, a svelare nuove sfumature di noi stessi e del mondo. La musica non è mai statica: è un viaggio interiore che evolve con noi, capace di raccontare emozioni profonde e di creare un dialogo sincero e intimo con chi ascolta. Questo legame così profondo è ciò che rende ogni esperienza unica e preziosa, anche dopo una vita passata tra note e parole.
SM: Sono sostanzialmente due cose: la prima è che mi sorprendo ancora di come salire sul palco e cantare mi procuri felicità. Quella che poi vedo riflessa negli occhi della gente. La seconda cosa che amo e che mi sorprende è l’accoglienza che Carlo ed io riceviamo ogni sera dal pubblico. La nostra è una storia particolare, direi unica, perché proveniamo da due diverse formazioni Matia Bazar e non eravamo mai saliti insieme sul palco. Eppure, il pubblico ci riconosce l’autenticità di chi racconta una storia vera. In particolare, ritengo che Carlo unico tra i fondatori ancora in attività, sia anche l’unico ad avere il prestigio, lo spessore e la credibilità di una storia musicale che gli appartiene fino nei cromosomi essendo l’autore di tutti i più grandi capolavori del passato musicale della band da Vacanze romane a Ti sento a C’è tutto un mondo intorno, e potrei citarne decine. E voglio aggiungere che chiunque sia stato parte grande o piccola dei Matia Bazar gli deve qualcosa. Io, per esempio, sono grata a Piero Cassano per aver scolpito sulle mie corde vocali alcuni grandi successi come “Brivido caldo” e “Messaggio d’amore”, con cui abbiamo vinto il festival di Sanremo. Ma sono altrettanto grata di aver ricevuto in eredità da Carlo i brani della prima ora come “Per un’ora d’amore” e “Stasera che sera” che stiamo celebrando. Ancora di più adesso che stiamo lavorando ad un progetto di inediti… Gratitudine è la parola chiave nei confronti di un artista come Carlo.
In un’intervista avete raccontato che la vostra collaborazione è nata in modo del tutto spontaneo, in un hotel, dopo spettacoli diversi. Nell’odierno panorama musicale italiano, secondo voi c’è ancora spazio per collaborazioni così “genuine” o prevalgono logiche e criteri diversi?
CM: Crediamo che la spontaneità e la genuinità nelle collaborazioni siano ancora possibili, anche se oggi il panorama musicale è molto cambiato e spesso influenzato da dinamiche di mercato e strategiche. Tuttavia, quando c’è un vero incontro artistico e umano, le collaborazioni più autentiche emergono naturalmente, proprio come è successo a noi. La passione per la musica e il desiderio di creare qualcosa di vero riescono a superare molte barriere, rendendo possibile quel momento “magico” di sintonia. È una questione di sensibilità e apertura, valori che, siamo convinti, non passeranno mai di moda…
SM: In genere prevalgono logiche di mercato e discografiche. Però quando tra gli artisti c’è sincera volontà di collaborazione e talento lo si percepisce. Faccio un esempio recentissimo su tutti: Annalisa e Mengoni. Probabilmente si sarà trattato di una proposta discografica ma la loro intesa umana e artistica è palpabile e nel brano si sente tutta. La stessa che si percepisce tra me e Carlo.
Dalla vostra collaborazione è nato il tour “Stasera che sera” che celebra e rivive i brani più iconici dei Matia Bazar. Com’è stato rientrare in contatto con una storia comune ma da due prospettive diverse?
CM: Rientrare in contatto con una storia così ricca e condivisa è stata un’esperienza intensa e molto significativa. Ogni prospettiva porta con sé ricordi, emozioni e dettagli unici, e poterli confrontare e vivere insieme sul palco rende il viaggio ancora più prezioso. È come riscoprire un patrimonio comune da punti di vista differenti, che si completano e arricchiscono a vicenda. Questa collaborazione ci ha permesso di celebrare non solo la musica, ma anche il percorso umano dietro di essa, rinsaldando quel legame speciale che ci ha uniti fin dall’inizio
SM: Una magia. Dalla simbiosi che abbiamo sperimentato durante il nostro primo incontro è nata la voglia di condividere il resto. Ed è stato tutto molto naturale. Consideriamo questa intesa artistica una sorta di miracolo. Un dono ricevuto dal cielo che amiamo condividere (ricambiati) dal nostro pubblico.
Domande per Silvia Mezzanotte:
Nel 1999 quando sei entrata nei Matia Bazar, eri poco più che trentenne e raccoglievi un’eredità importante. Come hai vissuto emotivamente quel passaggio? E cosa pensi di aver portato di tuo in quella fase del gruppo?
Sono entrata con un pizzico di sana incoscienza, con la consapevolezza di giocarmi l’occasione della vita, con la volontà di portare la mia personalità nella dimensione musicale anni 2000 dei Matia Bazar, nel rispetto della meravigliosa eredità musicale ricevuta.
Nel 2002 con la vittoria a Sanremo di Messaggio d’amore, arrivò la consacrazione definitiva. Cosa rappresenta per te oggi quella vittoria? E, a tanti anni di distanza, che rilettura dai di quel traguardo?
La vita cambia con una vittoria così importante. Cambiano aspettative impegni e prospettive. È stato uno dei momenti culmine della mia carriera e da lì a testa bassa ho continuato e continuo a ricercare progetti che mi corrispondano in termini di qualità e autenticità. Per questo sul lato discografico sono meno attiva, perché l’attuale mondo discografico, con brani che sembrano scritti per l’algoritmo di Tiktok e voci appiattite di autotune, non mi corrisponde.
Oltre ai Matia Bazar c’è stato anche spazio per la carriera da solista: tre album in studio e diversi singoli dagli anni ’90 ad oggi. Qual è la stata la sorpresa più formativa che ti ha fatto crescere umanamente e musicalmente nel percorso da solista?
Diventare artista imprenditrice di me stessa, sempre con la consapevolezza di avere un gruppo di lavoro intorno a me in grado di costruire un progetto artistico coerente. Persone che sappiano motivarmi nei momenti bui, ma anche gioire con me. Perché da soli non si fa nulla. E che non siano yes men. Mai. Lo detesto. Detesto gli uomini zerbini e le lecchinate.
Nella tua carriera, oltre alla musica, c’è anche tanto amore per il teatro. Nel corso degli anni sui palchi d’Italia hai omaggiato voci del calibro di Mina, Giuni Russo, Mia Martini e Liza Minnelli. In che modo ti senti debitrice a queste figure femminili uniche e irripetibili?
Sono state le mie “formatrici” in qualche modo. Donne e artiste che con la loro vita e musica hanno davvero contribuito a farmi diventare ciò che sono.
Recentemente per i cinquant’anni del brano Stasera che sera avete rilasciato una cover del brano in chiave acustica: com’è stato interpretare il brano in questa nuova veste?
È stato naturale come il rapporto semplice e spontaneo che abbiamo costruito io e Carlo. Nel rispetto delle nostre opinioni differenti, ma nella piena consapevolezza della nostra simbiosi artistica.
Tra tour celebrativi e concerti in teatri e palchi giri ancora l’Italia in lungo e in largo: come descriveresti oggi il tuo approccio al palco e alla musica?
Più consapevole e maturo. Più complesso. Sono ipercritica e tendo al perfezionamento. Ma ho capito che tra la volontà di perfezionarsi e la ricerca della perfezione c’è una differenza astrale: mettersi in discussione e migliorarsi è corretto. La perfezione invece non esiste. È un mito irraggiungibile e autolesionistico.
Domande a Carlo Marrale
Essendo tra i fondatori dei Matia Bazar hai lasciato la tua firma in molte canzoni iconiche del gruppo. Oggi invece come nasce una tua canzone? Le ispirazioni sono le stesse di allora oppure c’è un’intuizione differente?
Oggi, come allora, la nascita di una canzone parte sempre da un’emozione o da un racconto che sento importante da esprimere. Tuttavia, con il tempo le ispirazioni si sono arricchite di nuove esperienze, riflessioni e sensibilità diverse. C’è una maggiore consapevolezza nel modo di lavorare, ma anche la stessa passione e desiderio di comunicare qualcosa di vero. Forse oggi l’intuizione è più meditata, meno immediata rispetto al passato, ma questo non toglie spontaneità al processo creativo e artigianale, che resta sempre un incontro tra istinto e ragione.
Tra i Matia Bazar e poi la carriera solista hai vissuto il periodo d’oro della musica italiana pop-melodica. Secondo te oggi c’è la stessa vitalità di allora o manca qualcosa alla canzone italiana?
Il periodo d’oro della musica italiana pop-melodica è stato senza dubbio un momento magico, ricco di creatività e di un forte legame emotivo con il pubblico. Oggi il panorama musicale è molto cambiato: ci sono nuove forme di espressione e nuovi linguaggi, ma forse manca un po’ di quella stessa unità e calore che caratterizzava allora la canzone italiana. Detto questo, la musica continua a evolversi e a rinnovarsi, e sono convinto che ci siano ancora Artisti capaci di toccare il cuore delle persone, anche se con modalità diverse rispetto al passato. La vitalità non manca, semplicemente si manifesta in modi nuovi, e questo inevitabilmente fa parte del percorso naturale di ogni epoca.
I brani che hai inciso non si sono fermati all’Italia, molti artisti internazionali hanno adattato o reinterpretato alcuni pezzi storici. Pensi che la scrittura italiana abbia una forza particolare oppure è solo una questione di stile? Inoltre, quando hai ascoltato una vostra canzone riadattata che effetto ti ha fatto?
Credo che la scrittura italiana di canzoni abbia una forza particolare, radicata nella nostra capacità di raccontare storie con emozione, poesia e attenzione al dettaglio. È uno stile che sa essere al contempo intenso e raffinato, capace di arrivare dritto al cuore. Quando ascolto una mia canzone riadattata da artisti internazionali, è sempre un’emozione speciale: è bello vedere come una melodia e un testo creati in un contesto così specifico possano trasformarsi e trovare nuove vite in culture diverse. Mi fa sentire parte di un linguaggio universale, qualcosa che supera confini e tempi.
Sul web oggi le vostre canzoni sono talvolta apprezzate anche da un pubblico giovane. Come vivi o ti spieghi il fatto che brani scritti più di vent’anni fa continuano ad essere scoperte dalle nuove generazioni?
È una grande gioia scoprire che canzoni nate tanti anni fa continuano a parlare alle nuove generazioni. Credo che la musica abbia la straordinaria capacità di attraversare il tempo perché racconta emozioni profonde e universali: l’amore, la speranza, la ricerca di sé. Anche se le epoche cambiano, queste emozioni restano vive dentro ognuno di noi. Forse i giovani si ritrovano in queste storie perché sono autentiche, sincere. E oggi, grazie al web, questo legame si fa più forte e immediato, permettendo alle canzoni di viaggiare e rinascere ogni giorno con nuovi ascoltatori.
I cinquant’anni di Stasera che sera sono stati celebrati con una cover del brano totalmente in chiave acustica. Come hai scelto questa chiave per il ridare forma alla canzone?
Abbiamo scelto una chiave acustica per celebrare i cinquant’anni di “Stasera che sera” perché volevamo riportare la canzone alla sua essenza più pura e intima. L’arrangiamento minimalista permette di valorizzare il testo e l’emozione originale, creando un’atmosfera calda e raccolta. È un modo per riscoprire la bellezza del brano in una veste nuova, ma allo stesso tempo fedele allo spirito con cui è nato, permettendo all’ascoltatore di avvicinarsi alla canzone in un modo più diretto e profondo.
Oltre alla musica hai sviluppato anche una passione per la fotografia dove cogli dettagli e sfumature con un clic. C’è un filo rosso tra lo scrivere una bella canzone e scattare fotografie?
Sì, c’è sicuramente un filo rosso che unisce la scrittura di una canzone e lo scatto di una fotografia. Entrambe le arti cercano di catturare un’emozione, un attimo, un dettaglio che parla più di mille parole. Scrivere una canzone è come dipingere con suoni e parole, mentre la fotografia blocca nel tempo un’immagine, una sfumatura di realtà. In entrambi i casi, si tratta di raccontare una storia e di trasmettere qualcosa di personale e universale allo stesso tempo. Per me sono due modi diversi di osservare il mondo e condividere la bellezza che trovo nei dettagli.

Nato nel 1988. Da piccolo ascoltava quintali di musica e sognava di: diventare un ghostbusters, guidare una Delorean, cantare nei blues brothers, entrare in Matrix e fare a pugni con Bud Spencer e Terence Hill.
Più in là ha capito che andava bene laurearsi in teologia, scienze della comunicazione digital media e tentare di diventare uno speaker radiofonico.
Brianzolo di nascita, milanese d’adozione, collabora dal 2024 come speaker a RV radio e dopo Sanremo 2025 con iMusicFun
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