Intervista al cantautore Federico Baroni, che ha appena pubblicato l’album Blackout, nato per comunicare un vero e proprio punto di svolta del suo percorso artistico. (Qui il link per l’acquisto).
Ambizione, maturazione e consapevolezza: questi i punti di forza, sia dal punto di vista della scrittura che del sound, di un progetto in cui l’artista si distacca dalla sua dimensione acustica per mostrare nuove sfaccettature della propria musica.
Ad impreziosire “BLACKOUT” sarà la dimensione live, da sempre punto di forza di FEDERICO BARONI: l’artista, infatti, presenterà i brani che compongono il disco in una chiave totalmente rivisitata grazie al sound unico del gruppo jazz/funk strumentale Planet Butter. I live, le cui date saranno svelate nelle prossime settimane, includeranno anche un corpo di ballo che trasformerà la performance in un vero e proprio show sul modello delle grandi performance delle pop star americane.
È online il videoclip di “Blackout”, prodotto da Spectra Movie, è caratterizzato da un forte imprinting cinematografico e vede FEDERICO nei panni di un pugile che si prepara al prossimo match. L’avversario, però, non è quello che ci si aspetta. I colpi che l’artista deve schivare sono infatti quelli di una ragazza che lo mette al tappeto in tutti i sensi, soprattutto sentimentalmente, mandandolo completamente in “Blackout”. Un brano intimo e malinconico, che strizza l’occhio alle sonorità anni Ottanta e fa emergere tutte le sfumature della voce di FEDERICO, dai toni più bassi e graffiati delle strofe, ai falsetti, all’esplosione della voce piena nel ritornello.
Intervista a Federico Baroni, il nuovo album Blackout
Federico Baroni, cosa rappresenta “Blackout” nel tuo percorso artistico?
Un nuovo inizio! L’album nasce da due intensi anni di scritture, sessioni, incontri… anche se il concept è già di quattro anni fa. Sentivo la necessità di evolvermi come artista mettendo “da parte” l’approccio busker, mondo a cui sono legato e a cui devo molto, ma che iniziava a “starmi stretto”. É un progetto frutto di un instancabile lavoro che contemplerà anche una forte componente live, perché comunque esibirmi dal vivo rimane nel mio DNA di artista. Per questo sto preparando una versione rivisitata di tutte le tracce, che includerà anche un corpo di ballo che trasformerà la performance in un vero e proprio show sul modello delle grandi performance delle pop star americane.
Musicalmente nell’album esplori diversi generi. Qual è il filo conduttore del progetto?
Il filo conduttore è un sound 80’s che lega i pezzi più up alle ballad senza snaturare la natura del disco, che è concepito come un concept album e a livello di tematiche racconta l’amore in tutte le sue sfaccettature: per la musica, per la vita, nei rapporti, nell’amicizia e per le passioni che ogni giorno ci fanno andare avanti. È un disco molto autobiografico.
Tra gli autori dei brani ci sono diversi nomi di primo piano del panorama nazionale. Come hai scelto gli artisti con cui collaborare?
In realtà le collaborazioni a livello autorale sono tutte nate in modo molto spontaneo, da un rapporto prima di tutto di amicizia e poi di stima. Con Scirè, Adel e Pierdavide Carone è nata una grande amicizia che poi ci ha portati a scrivere più brani del disco insieme. Mentre con Raige e Federica Camba è stato amore a primo ascolto. Ci siamo incontrati per la prima volta durante una session ed è nato subito un bellissimo rapporto a livello umano, che poi ha dato vita a due dei brani più belli del mio disco: “Chilometri”, scritta con Raige e Spine con Federica Camba.
Collaborazioni che sicuramente valuterò per la scrittura anche del prossimo disco.
In “Pur di stare con lei” collabori con Folcast. Qual è il punto di incontro tra le vostre idee di musica?
Folcast per me è davvero un fratello. Il punto d’incontro è stato prima di tutto una grande amicizia e la passione sfrenata per quel tiro funky che ha sempre caratterizzato la nostra scrittura e il nostro modo di stare sul groove. Gli ho proposto di venire a casa mia per scrivere un pezzo insieme e in dieci minuti abbiamo scritto lo special del brano. È stato tutto un flusso spontaneo che ha unito alla perfezione i nostri due mondi e ha sorpreso i fan e gli addetti ai lavori che fino a quel momento ci vedevano completamente distanti. É stata davvero una bella collaborazione e abbiamo già altri brani pronti insieme da far uscire.
In “Fino a tardi” ti confronti con sonorità reggaeton e con un suono di tromba. Quanto sei intervenuto nel processo di produzione del pezzo?
Sono sempre presente in ogni brano anche sul processo creativo e legato alla produzione. Ad esempio, in “Fino a tardi” avevo questo hook in testa, quello fatto dalle trombe, ed è stata una delle prime cose che ho proposto di inserire a riccardo. La scelta del groove reggaeton è nata dalla voglia di avere un brano diverso dagli altri. Volevo sperimentare qualcosa di nuovo e uscire dalla mia “comfort zone”.
La title track mette in risalto la tua versatilità vocale su un tappeto sonoro tipicamente anni ’80. Quale obiettivo ti sei posto con questo brano?
Esattamente! “Blackout” è stata la scelta per il titolo dell’album anche per questo motivo, perché più di tutte racchiudeva quell’immaginario cinematografico molto anni ‘80 che ho cercato di tenere come collante per la maggior parte dei brani del disco. Oltre ad essere uno slogan per questa nuova ripartenza era il brano che più di tutti metteva sul piatto la versatilità della mia voce, passando da tonalità molto più basse e cupe come quelle delle strofe a un’esplosione nei ritornelli con la voce piena. È un brano molto vario e molto difficile da cantare a livello tecnico, che rappresenta in pieno il sound di tutto il disco e dell’immaginario visivo che darò al progetto nell’immediato futuro.
Anche in “Psycho Love” ti confronti con sonorità anni ’80. Musicalmente cosa apprezzi di quel periodo?
“Psycho Love” è strettamente legato a “Blackout” come immaginario. Erano i due brani che ho tenuto alla fine proprio per comunicare con queste sonorità 80’s l’inizio del mio nuovo percorso. I miei riferimenti principali sono stati artisti che si sono ispirati a queste sonorità, come The weekend, Dua Lipa eCharlie Puth. Mi piace comunque cambiare continuamente, il nuovo disco sarà sicuramente diverso, sia come scrittura che come sound
In “Cosa ti aspetti da me?” Pare tu abbia trovato la serenità. Quanto è stato complicato raggiungere questa consapevolezza personale?
Molto! Ho passato un periodo molto difficile nel quale non riuscivo ad accettare determinate cose della mia vita. Sentivo di dare 100 e ricevere 10. Mi sentivo completamente ignorato ed era come se l’unica “persona” che sapesse capirmi fosse la musica. Da lì è nata “Cosa ti aspetti da me”, che è il brano più autobiografico del disco. Parla proprio di me, delle mie insicurezze, dei sorrisi che mostro al di fuori ma che non corrispondono all’immagine di me nel profondo. Dopo una lunga ricerca personale sono riuscito a capire che non possiamo piacere a tutti, che è inutile rincorrere le mode o fingersi per come non si è solo per andare bene a qualcuno che poi non ci conosce davvero; e allora tanto vale fare quello che davvero ci piace e ci fa stare bene, senza nascondersi “dietro una maschera”. È stato un brano che mi ha aiutato tanto ad auto analizzarmi e a trovare delle risposte. Ora sono sereno perché ho trovato il mio equilibrio e la musica mi ha aiutato a raggiungerlo. Questo è quello che cerco di trasmettere con le mie canzoni.
Qual è l’aspetto del progetto che ti rende più orgoglioso?
La versatilità. Molta gente dice che nel mio disco riesce a trovare di tutto, dai pezzi che fanno ballare e mettono allegria a quelli molto più intimi.
Non è stato qualcosa che ho costruito a tavolino, sono semplicemente io: una persona con le sue fragilità, che vuole trasmettere le sue emozioni in musica nel modo più vero e spontaneo possibile.
Federico Baroni, quanto c’è della tua esperienza di bunker in “Blackout”?
Tutto viene da lì! “Chilometri”, che ho dedicato a Michele Merlo, è ad esempio proprio un racconto della mia vita come busker descritta come un lungo viaggio fatto di sogni, di amicizie, di amori e di emozioni. Tutto prende spunto dalle tante storie che ho vissuto suonando e viaggiando in giro per il mondo in questi anni.
Se dovessimo incontrarci tra un anno, quale obiettivo vorresti aver raggiunto?
Tra un anno mi vedo un artista nuovo, con la mia band, i Planet Butter, a portare finalmente la musica dal vivo in giro per tutta Italia. Ho studiato tanti anni musica e dopo tanta gavetta mi sento finalmente pronto a uscire dai social e buttarmi di testa dentro la musica vera ripartendo dai live! Tra un anno spero di potervi invitare finalmente a un concerto tutto mio, con l’idea dello show che ho in testa finalmente concreta.
Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello” e nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia”.