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Intervista a Fulminacci: “Sento di avere il pop dentro di me!”

Fulminacci Infinito

Intervista a Fulminacci che torna conInfinito +1” (https://fulminacci.lnk.to/Infinitopiu1; Maciste Dischi/Artist First), il suo nuovo album fuori ovunque. In radio anche il singolo “Baciami Baciami”.

All’interno dell’artista ci sono sempre state due anime: una eccezionalmente sensibile e un’altra impareggiabilmente ironica. 

A partire da questa primavera il cantautore porterà i brani del nuovo album e i suoi più grandi successi nel  “FULMINACCI – IN TOUR“, in giro per l’Italia, sui palchi dei club e non solo. Il 13 aprile sarà per la prima volta live al Palazzo dello Sport di Roma, per quello che si prospetta un grande concerto proprio nella sua città. 

Qui il calendario delle date, prodotte e organizzate da Magellano Concerti.

Intervista a Fulminacci, il nuovo album “Infinito +1”

Sono passati due anni e mezzo dal tuo ultimo album e ora è arrivato Infinito “+1”…

In questo disco c’è molto della mia vita ed è un disco fatto con un approccio anche nuovo. Ho sperimentato in più direzioni differenti. E’ un album molto più pop, ma anche molto più cantautorale e personale. Quindi ci sono due estremi che si incontrano e ci sono due collaborazioni anche molto differenti tra di loro. Quindi è un disco che racconta sempre una cosa che ho sempre detto, cioè che il mio gusto è caratterizzato dall’indecisione, ma personalmente non la vivo come un problema. Anzi, amo il fatto che mi piacciono più cose differenti appartenenti a mondi differenti

Quello che mi colpisce di questo disco è proprio la sensazione di libertà. Già i due precedenti mi avevano dato un’idea in questo senso, ma la bipolarità creativa ti ha spinto addirittura oltre.

Lo penso anch’io, perché in effetti ci sono pezzi più estremi in un modo o nell’altro. Ci sono pezzi scritti solo andando dritti di pancia, cercando di trovare poche parole chiare e pezzi che sono l’opposto, cioè elucubrazioni con tantissimo testo, tantissime sillabe. C’è tutto!

Infinito +1” arriva dopo il Premio Tenco per “La Vita Veramente” e il Festival di Sanremo che ha anticipato “Tante care cose”. Con quanta pressione hai lavorato?

Nessuna pressione ed è per questo che io sono contentissimo anche della squadra con cui lavoro. Nessuno mi ha mai detto ‘fai questo’, ‘fai quello’, ‘cambia di qua’, ‘cambia di là’, ‘fai il pezzo più radiofonico’. Mi piace tutto, sento di avere il pop dentro di me, nel senso che non è uno sforzo per me fare pop. È una cosa che mi piace e quindi non fatico ad essere mainstream, ma allo stesso tempo so che ho l’occasione di esprimermi senza nessun tipo di censura e quindi sono veramente libero da questo punto di vista.

Voglio dedicare questo disco a chi non sa chi dedicare i dischi”, l’hai iscritto anche sui social. Cosa significa?

In questa frase c’è un immaginario letterario e cinematografico. Al mio pubblico piacciono le stesse cose che piacciono a me, un concetto a cui penso spesso. L’ho anche constatato parlando con persone che mi hanno fermato per strada e ho sempre visto persone di cui potenzialmente potrei essere amico e questo mi fa molto piacere. Penso che non sia scontato e ho voluto sottolinearlo scrivendo questa frase sui social. Io invidio molto gli scrittori dei libri che all’inizio hanno una dedica precisa.

I testi sono da sempre il fiore all’occhiello del tuo approccio artistico e musicale. Questa volta hai osato di più anche nelle produzioni. Quali sono state le indicazioni che hai dato a OkGiorgio?

Io e Giorgio siamo stati proprio una coppia di fatto, professionalmente parlando. Tutto è nato quasi per caso, quando ci siamo trovati per una session in studio. Il primo giorno è uscito “Tutto inutile” che è stato il primo singolo e subito abbiamo scoperto un nuovo approccio, cioè che i pezzi possono nascere anche in studio direttamente cosa che non avevo mai sperimentato prima. Ho sempre fatto tutto a casa, anche un pre arrangiamento, e poi ho sempre portato in studio il risultato del mio lavoro. Invece in questo caso alcune cose sono nate in studio. Ho scoperto un nuovo approccio senza perdere l’altro e mi sono affidato a Giorgio perché ho visto che lui ha capito. Lui ha capito cosa volevo dire, mi ha capito al 100%. Mi sono sentito compreso e secondo me è stata proprio una scelta giustissima. Non è stata neanche una scelta, è proprio venuto naturale. Ci siamo trovati benissimo in studio, facevamo orari assurdi. Ho un sacco di ricordi stupendi.

Credo che Giorgio abbia anche compreso molto bene quella che è stata la tua evoluzione, che si può notare sotto diversi punti di vista. Un passo avanti in cui hai mantenuto la tua attitudine e la tua cifra stilistica.

Sì, e questo penso che sia anche dovuto alla bravura del produttore. Un lavoro eccellente che in passato avevano svolto Federico Nardelli e Giordano Colombo, con cui ho fatto gli altri dischi.

La forza è nelle canzoni. Ti dico la verità, io me le sono anche immaginate proprio semplicemente chitarra e voce o pianoforte e voce. Sono canzoni che obiettivamente funzionano, perché hanno una struttura, un’idea. Non sono scontate, ma sono ugualmente molto comprensibili.

Sì, la cosa a cui tengo tantissimo sempre è quella di poter suonare il pezzo anche con uno strumento solo e farlo funzionare. Se non funziona in quel modo, qualcosa mi spaventa. Mi stride, mi dà fastidio, perché ci deve essere per forza un artefatto che l’accompagni. Invece se il pezzo funziona nudo, vuol dire che c’è.

Parlando dei vari pezzi del disco, “Puoi” credo che abbia un tiro formidabile.

Giorgio e i Pinguini Tattici Nucleari hanno già lavorato insieme creando dei successi giganteschi. Per “Puoi” mi sono sentito di entrare all’interno di una squadra che era già collaudata. Quella mia di Giorgio si stava collaudando, quella tra Giorgio e i Pinguini già era stata collaudata. E quindi è stato bellissimo. Ho conosciuto anche un modo di scrivere diverso dal mio, ma con le stesse radici, con gli stessi riferimenti, con le stesse esigenze. E questa è un’opportunità di crescita incredibile anche come autore.

A proposito delle collaborazioni, sono curioso di capire anche come nasce un brano come “Occhi Grigi”.

Entrambe le collaborazioni sono nate in modo del tutto naturale, parlando, chiacchierando, incontrandoci e dicendo… ‘facciamo qualcosa’!. È stato bellissimo. Sono andato nello studio Giovanni Truppi e abbiamo scritto per diletto, per divertimento. Nella versione che si trova nel disco ci sono anche delle tracce registrate proprio quel giorno.

Il pezzo che in assoluto mi ha suscitato più emozione è “La siepe”.

Ti ringrazio tanto, perché è il pezzo più personale in assoluto ed è stato anche il primo che ho scritto di questo disco, dopo un periodo in cui non ho scritto niente per mesi. All’improvviso ho cominciato a canticchiarmi questo giro di accordi e ho scoperto una nuova parte di me con dei nuovi riferimenti. Un brano che anche a livello armonico è diverso da tutto quello che ho fatto. Eppure sono io al 100% e questa cosa mi ha sorpreso. Mi fa piacere questo tuo commento perché è un pezzo delicato, non uno dei più facili. Quindi mi fa piacere questa osservazione.

Quanto la tua attitudine pop deriva dalle tue esperienze più recenti come autore di hits?

Secondo me c’è una correlazione tra le cose, perché scrivere canzoni per altri che hanno esigenze diverse dalle tue è molto interessante. Questo mi ha fatto crescere tantissimo e mi ha proprio aperto strade nuove, perché se tu vai nelle direzioni dove non saresti mai andato cresci. Sono cresciuto tantissimo, ho imparato tantissimo da quando scrivo per altri e lavoro con varie persone per scrivere brani per altri. Ogni session è una laurea. Imparare a comunicare in più modi differenti ti permette poi di dire le cose tue in modo ancora più chiaro.

L’ultima domanda è legata al live. Manca ancora davvero tanto, ma a livello sonoro state già pensando come far convivere i brani di questo disco con quelli del passato?

Sì, assolutamente. Gli arrangiamenti ancora non sono definiti, quindi neanche io so come saranno. Sicuramente ci sarà qualche sorpresa. Però allo stesso tempo una cosa a cui tengo è anche essere fedele ai brani che la gente conosce, soprattutto i più nuovi, perché sono quelli che sono meno sedimentati. Se posso fare una confessione, quando vedo artisti che stimo che cambiano le canzoni, un po’ mi dà fastidio…

Video Intervista a Fulminacci, “Infinito +1”

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