Il tre

Intervista a Il Tre, che torna con Anima Nera, il suo terzo album in studio. Un progetto maturo, intimo e introspettivo, dove l’artista romano racconta con autenticità la propria evoluzione umana e artistica. Qui il link per l’acquisto di una copia fisica.

11 tracce nelle quali Il Tre si misura con sé stesso e con il proprio lato più oscuro, trasformando la vulnerabilità in musica e la fragilità in un punto di partenza per rinascere. Ogni brano rappresenta la tappa di un viaggio senza filtri che restituisce la fotografia sincera di un ragazzo che cresce insieme alla sua musica. Infatti, “Anima Nera” attraversa temi che da sempre accompagnano Il Tre: la dipendenza affettiva, la paura, il tradimento, la solitudine, ma anche il coraggio di inseguire il proprio sogno. “Anima Nera” è il suo lavoro più personale e maturo, che segna un’evoluzione sonora e narrativa in cui la scrittura si fa più cantautorale e melodica, pur mantenendo radici salde nel rap, genere che da sempre contraddistingue la sua musica.

Intervista a Il Tre, il nuovo album “Anima Nera”

Il Tre, partiamo da “Anima Nera”: cosa rappresenta questo disco nel tuo percorso artistico?
“Anima Nera” è il mio terzo album, e per me rappresenta una grande gioia. Il fatto di poter essere ancora qui, con qualcosa da dire, è la cosa più importante. È un progetto che segna una nuova fase, più consapevole e sincera, in cui mi sono messo completamente a nudo.

Hai descritto il disco come il tuo lavoro più personale e introspettivo. C’è stato un momento preciso che ti ha spinto in questa direzione?
Sì, ci sono stati diversi periodi difficili negli ultimi due anni che mi hanno ispirato molto. Ho la fortuna di riuscire a trasformare momenti tristi in canzoni, e credo che questa sia una grande fortuna. “Anima Nera” nasce proprio da quel bisogno di esorcizzare le mie esperienze attraverso la musica.

Dal punto di vista sonoro, si percepisce una forte evoluzione verso il cantautorato. Come nasce questa scelta?
Non è stata una scelta calcolata. Mi è sempre piaciuto cantare e ho sempre seguito il cantautorato italiano. Tutto è venuto in modo naturale: ho seguito ciò che sentivo, senza forzature. Volevo che il disco fosse autentico, che raccontasse davvero chi sono oggi.

La tracklist ha un equilibrio particolare: si apre con “911”, un brano fortissimo, e prosegue come un viaggio emotivo. Quanto è importante l’ordine dei brani per te?
Molto. La tracklist serve a far vivere all’ascoltatore lo stesso viaggio che ho fatto io. È vero che oggi si ascolta tutto in modo frammentato, ma per me mantenere un filo narrativo resta essenziale. Con il mio team abbiamo dedicato tempo e attenzione a questo aspetto per costruire un’esperienza coerente.

Il tema della fragilità attraversa tutto il disco. Come è cambiato il tuo rapporto con la vulnerabilità?
All’inizio cercavo di nasconderla, di mascherare la mia debolezza. Poi ho capito che potevo farne un punto di forza. A Sanremo, ad esempio, ho imparato che non dovevo avere paura di mostrare le mie paure. La fragilità è diventata la mia verità, qualcosa che mi rende umano e vicino a chi ascolta.

In “Litorale” canti il bisogno di rallentare. È un messaggio al mondo o alla musica?
È un messaggio al mondo. Viviamo in una società che corre troppo veloce, dove si ha paura di fermarsi. “Vorrei rallentare” non è un’accusa, ma un invito: ogni tanto dovremmo prendercela più con calma. La musica, invece, è il mio rifugio, il posto in cui trovo sempre equilibrio.

“Via Marina” e “Sui Bordi” toccano corde molto intime. Sono la fine di un capitolo o l’inizio di uno nuovo?
Né l’uno né l’altro. Raccontano semplicemente dei periodi della mia vita, tra dolore, nostalgia e malinconia. Il mio obiettivo è creare immagini in cui chi ascolta possa immedesimarsi. Sono brani sinceri, nati da un bisogno di verità.

Il brano “T’immagino”, che chiude l’album, sembra invece aprire un nuovo orizzonte. È così?
Sì, in “T’immagino” penso al futuro, a come sarebbe diventare padre, imparare a essere genitore. È un sogno, ma anche una riflessione su aspetti della vita che capisci solo quando li vivi davvero. È un pezzo pieno di speranza.

La tua musica è sempre in bilico tra buio e luce. A quale delle due dimensioni ti senti più vicino?
Sicuramente all’ombra. Nella mia musica la parte più oscura è sempre stata dominante: nostalgia, malinconia, dolore, tristezza. Però quando arriva la luce è un respiro, un sollievo. L’alternanza tra buio e luce è ciò che rende il mio percorso autentico.

Parliamo del tour: cosa dobbiamo aspettarci da questa nuova avventura live?
Tanto, perché anche io ho aspettative altissime. Sono molto preciso nelle scelte legate al tour — dalla scenografia alla scaletta, che costruisco come una tracklist. Voglio che il pubblico viva un’esperienza coerente e intensa, in cui le canzoni del passato si fondano perfettamente con le nuove.

Come riuscirai a unire i tuoi brani storici con quelli di “Anima Nera”?
Ho la fortuna di avere una band straordinaria, capace di creare un suono omogeneo. Riusciremo a far convivere le vecchie e le nuove canzoni senza contrasti, mantenendo un’identità sonora forte e coerente.

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