Intervista a Jacopo Sol che, uscito da Amici 24 con il bagaglio carico di emozioni, riconoscimenti e nuove consapevolezze, si presenta con il suo primo EP Dove finiscono i sogni?. Qui il link per l’acquisto di una copia fisica.
Si tratta di un lavoro sincero, stratificato, ricco di immagini e suggestioni emotive che raccontano le sue fragilità e il desiderio di restare autentico nel caos della musica di oggi.
Nelle sue parole emerge un giovane artista consapevole della responsabilità che sente nei confronti del pubblico, ma determinato a non piegarsi a formule preconfezionate. Con uno stile che unisce il cantautorato pop a contaminazioni elettroniche, Jacopo Sol firma un debutto che è già manifesto: l’urgenza di essere se stesso, anche quando costa.
In questa intervista, tra riflessioni su scrittura, amore, identità artistica e rapporto col pubblico, l’artista ci racconta il suo mondo e il nuovo inizio che, sogno dopo sogno, prende forma sul palco e nelle sue canzoni.
Intervista a Jacopo Sol
Ciao Jacopo! Come stai vivendo queste prime settimane fuori dalla “bolla” di Amici?
È un periodo davvero intenso, ma bellissimo. È stato tutto molto inaspettato: il calore delle persone fuori è stato travolgente. Da dentro non avevamo idea di cosa succedesse all’esterno, quindi scoprire tutto questo affetto è stato emozionante. Non mi sono ancora fermato e va benissimo così: voglio continuare a fare tante cose e incontrare chi ha ascoltato i miei pezzi.
E’ uscito il tuo EP Dove finiscono i sogni?. Un titolo suggestivo e con un punto interrogativo. Cosa significa per te?
Il punto interrogativo è fondamentale. È una domanda che non ha una risposta univoca, o meglio, ne ha tante, che cambiano a seconda del momento della vita in cui te la poni. Ho sempre sognato tanto: da bambino volevo fare il chitarrista, la rockstar. Poi mi sono trasferito a Milano, ho studiato, ho scoperto l’arte in varie forme. Amici mi ha fatto vivere cose che nemmeno osavo sognare prima. Ora credo che i sogni non abbiano limiti: tutto quello che sogni può diventare reale.
Nel tuo EP si alternano immagini forti e momenti intimi. Come nascono questi contrasti nella tua scrittura?
Per me scrivere è raccontare una storia con sincerità. Mi piace alternare l’introspezione a immagini concrete. Ad esempio in Ghiaccio c’è “una rosa sull’asfalto”, “ti ho lasciato un petalo sul palmo”: sono immagini che rendono tangibili le emozioni. L’equilibrio arriva in modo naturale, scrivo cercando di far capire come mi sentivo e cosa è successo.
Ghiaccio è uno dei brani più forti del disco, ti metti davvero a nudo. Qual è il segreto per essere così trasparente?
La musica è il mio unico mezzo per essere sincero. Nella vita sono riservato, ma scrivere mi aiuta a elaborare le emozioni. Non riesco a non essere trasparente: ormai è diventato naturale per me raccontarmi in questo modo. È quasi un bisogno, non riesco a fare diversamente.
Anche i brani sulle relazioni – Complici, Di tutti, Ghiaccio – mostrano maturità nella scrittura. Come vivi questi racconti?
Parlo di tre relazioni diverse, tutte molto forti. L’amore per me è un tema centrale e fonte di ispirazione continua. Voglio essere sincero quando scrivo, è un modo per elaborare quello che ho vissuto. Scrivere mi aiuta a realizzare le cose, a comprenderle meglio.
Il brano d’apertura Quelli come me sembra quasi un manifesto generazionale. Ti senti un punto di riferimento per qualcuno?
Di recente mi sono posto questa domanda. Ricevo tanti messaggi da chi mi dice che la mia musica l’ha aiutato, ed è una grande responsabilità. Voglio dare il miglior esempio possibile, rimanendo me stesso. Non voglio deludere chi si rivede in ciò che faccio.
“Preferisco sapere di qualcosa e sbagliare“, un verso in cui parli dell’importanza di accettare l’errore. È un messaggio contro la perfezione imposta dai social?
Esattamente. La vittoria più grande è rimanere fedeli a se stessi, anche sbagliando. In un mondo che ci vuole sempre perfetti, io voglio essere in pace con me stesso, sapere di aver fatto scelte autentiche. Amici mi ha aiutato a scoprire la mia identità e a volerla difendere.
Hai parlato di coerenza emotiva nell’EP. Com’è stato trovare l’equilibrio tra generi diversi, come cantautorato, pop ed elettronica?
È stato tutto molto naturale. Avevo tanti brani già prima di entrare ad Amici e con il mio team abbiamo voluto creare un concept coerente. Hotel California ha un sound più leggero, è stata una scelta voluta: ad Amici mi divertivo troppo a farla. Abbiamo lavorato su selezione e produzioni per tenere tutto coeso.
Ora arrivano gli instore e i live. Che rapporto vuoi costruire con il tuo pubblico?
Ho aspettative alte, ma soprattutto tanta voglia di incontrare chi ha ascoltato e si è ritrovato nei miei brani. Ho letto messaggi bellissimi e voglio dare valore a quel legame anche con un semplice sguardo dal palco. È già un dialogo. Non vedo l’ora.
Il Nameless Festival è una bella vetrina, anche perché non è scontato partecipare.
Sì, pazzesco! Lo scorso anno ero lì da spettatore e ora salirò su quel palco. È una grande emozione, una soddisfazione enorme.

Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello” e nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia”.
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