Intervista a La Messa, in gara a Sanremo Giovani 2025 con il brano Maria, che fonde suggestioni anni ’70 e tappeti elettronici contemporanei, e che rappresenta una nuova tappa nel suo percorso artistico.
Tra elettronica, introspezione e spiritualità laica, La Messa — alias Serena Mastrulli, cantautrice e musicista torinese classe 1997 — è una delle protagoniste più interessanti della nuova scena italiana.
Il suo progetto nasce nel 2019 dall’incontro tra la canzone d’autore e il mondo elettronico, con l’obiettivo di restituire alla musica un significato rituale e liberatorio.
Dopo le prime uscite con INRI e la successiva collaborazione con Time Records, nel 2025 La Messa si è imposta all’attenzione del pubblico con Musica Vera, brano in collaborazione con Tormento, che ha segnato un’evoluzione sonora e concettuale verso una ricerca più autentica e consapevole.
Con Maria, La Messa porta a Sanremo Giovani 2025 un rituale sonoro dove sacro e profano, passato e futuro, convivono nello stesso respiro.
Un atto di libertà e consapevolezza che conferma la sua identità: un’artista capace di muoversi tra il club e la canzone, tra l’intimità e la visione.
Qui il videoclip del brano Maria, sul portale RaiPlay.
Qui le nostre pagelle delle canzoni di Sanremo Giovani 2025.
Intervista a La Messa, in gara a Sanremo Giovani 2025
La Messa, partiamo dal principio: arrivare tra i 24 finalisti di Sanremo Giovani è un traguardo importante. Cosa rappresenta per te questa occasione?
È davvero un traguardo inaspettato, soprattutto per il tipo di musica che faccio.
La Messa nasce in un ambiente più underground, vicino al club e all’elettronica, quindi arrivare a un palco così mainstream è una possibilità importante. È un’occasione per ampliare il pubblico e per portare un linguaggio sonoro nuovo, senza snaturarmi.
Hai usato un termine chiave: “senza snaturarsi”. Quanto è stato importante arrivare a Sanremo Giovani con una canzone che non fosse pensata per il Festival?
È stato fondamentale. Se avessimo scritto un brano per Sanremo, probabilmente non avremmo mai trovato la nostra voce.
Maria è nata come tutti i nostri pezzi: senza obiettivi precisi, divertendoci in studio, lasciando che le contaminazioni facessero il loro corso.
Solo dopo, ascoltandola, abbiamo capito che poteva avere la forza giusta per quel palco. È una canzone che ci rappresenta al 100%, e credo che questo arrivi al pubblico.
Musicalmente Maria è un brano raffinato, tra canzone d’autore e sonorità elettroniche. Come avete costruito la produzione e con chi hai lavorato?
Il brano nasce con Marco Zamuner, l’altra metà del progetto La Messa.
L’idea era quella di unire la canzone popolare italiana — anche nel lessico e nell’immaginario — a un tappeto tech house più moderno.
C’è un’atmosfera un po’ vintage, anni ’70, ma con una base elettronica molto attuale.
Nella fase finale abbiamo collaborato con i Room 9, che ci hanno aiutato a rendere il tutto più vicino al linguaggio pop, senza perdere l’identità. È stato un equilibrio delicato, ma necessario.
Parliamo di Maria. Chi è la protagonista e cosa rappresenta nella tua visione artistica?
Maria è la protagonista di una storia d’amore raccontata dal punto di vista di Antonio.
Solo alla fine sentiamo davvero la voce di lei.
È un amore ingenuo, pieno di fiducia e ottimismo, che abbiamo immaginato negli anni ’70, ma che in realtà parla anche di oggi.
Il nome “Maria”, insieme al nome del mio progetto, crea quasi una simbologia involontaria: una dimensione spirituale, ma laica, legata alla connessione umana più che a quella religiosa.
Il tuo progetto è sempre stato caratterizzato da un’evoluzione costante. In che modo Maria si inserisce nel percorso de La Messa?
Quando abbiamo iniziato, nel 2019, il nostro suono era più urbano e indie.
Poi con l’ingresso in Time Records abbiamo sperimentato di più con la dance e con una elettronica più decisa.
Maria segna un punto di equilibrio: è il suono che vorremmo portare avanti.
Forse la scintilla era già nata con Musica Vera insieme a Tormento, ma questo brano definisce meglio la direzione che ci piacerebbe intraprendere in futuro.
A proposito di Musica Vera: com’è stato collaborare con Tormento? Una vera leggenda…
Incredibile. Dal punto di vista musicale, ma anche umano.
Il pezzo parlava già di dialogo tra generazioni, quindi coinvolgere Tormento — un artista che ha fatto la storia innovando la sua epoca — aveva perfettamente senso.
È entrato nella canzone con una naturalezza disarmante, senza che dovessimo spiegargli nulla.
E lavorare con lui mi ha insegnato molto: la sua calma, la sua leggerezza, la capacità di rendere semplice ciò che è complesso. Mi ha fatto capire che forse è così che si cresce davvero.
Negli ultimi anni la tua musica ha trovato un equilibrio tra autenticità e sperimentazione. Quanto è importante per te questo concetto di “autenticità”?
È tutto. Musica Vera nasceva proprio da questa riflessione: cosa significa essere autentici oggi, nella musica e nella vita?
Viviamo in un’epoca di filtri, di immagini curate, di aspettative.
Io credo che l’autenticità sia il coraggio di mostrarsi fragili, di dire anche quando qualcosa non funziona.
Con Maria porto questo discorso su un piano più emotivo, più umano: la verità dei sentimenti, anche quando sono imperfetti.
Negli anni Sanremo è cambiato molto, aprendosi a nuove sonorità. Che rapporto hai con il Festival?
Da bambina lo guardavo con i miei genitori. Poi l’ho un po’ abbandonato, come molti della mia generazione, e l’ho riscoperto negli ultimi anni, con i gruppi di ascolto, il FantaSanremo e una nuova curiosità.
Oggi è un evento popolare ma anche culturale, dove finalmente trovano spazio sonorità diverse.
E penso che il lavoro fatto in questi anni — penso a quello di Amadeus — abbia reso il Festival più pronto ad accogliere artisti come me, che arrivano da contesti meno convenzionali.
C’è una canzone recente del Festival che per te rappresenta questa nuova fase?
Direi Voce di Madame. È una delle canzoni che più mi ha colpito negli ultimi anni.
Era contemporanea, personale, ma perfettamente inserita nella tradizione della canzone italiana.
Per me è stata la prova che si può essere autentici e allo stesso tempo pop, senza dover scegliere tra i due mondi.
Se ci rivedessimo tra un anno, quale traguardo ti piacerebbe aver raggiunto?
Mi piacerebbe dirti che ho passato l’anno in tour, che ho suonato tantissimo e che ho incontrato persone che aspettavano di ascoltarmi dal vivo.
Portare la mia musica in giro è la cosa che desidero di più.
Sanremo Giovani può essere una tappa importante per arrivarci, ma il vero obiettivo è creare connessioni, far vivere le canzoni in carne e ossa, davanti a chi le sente davvero.
Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello” e nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia”.
