Motta

Motta in un’intervista presenta La musica è finita, il nuovo album prodotto insieme a Tommaso Colliva: un disco diretto, sfacciato e potente, nato da una forte fase creativa e di contaminazione. Ora in radio il singolo “Titoli di coda” feat. Willie Peyote.

Intervista a Motta

Francesco Motta, innanzitutto è un piacere ritrovarti. L‘occasione è decisamente ghiotta perché… “La musica è finita”.

“La musica è finita”… In realtà è appena iniziata! Ho deciso di chiamare questo disco così, perché rappresenta la fine di un percorso e finalmente anche la liberazione da un certo tipo di convinzioni che ho sempre avuto. Insomma, ho mandato a quel paese me, la musica, e questo è servito per fare pace sia con me stesso che con la musica stessa.

Questo è un disco estremamente particolare. Ascoltandolo traccia per traccia si coglie davvero la provocazione, la voglia di distruggere, ricostruire, distruggere, ricostruire…

Sì, diciamo che è tornato un certo tipo di voglia di raccontarmi, una voglia di chiarezza che magari avevo perso perché cercavo un po’ di sviare da quello che era il fuoco del discorso e forse questa cosa l’ho ritrovata dopo tanto tempo.

Un disco che hai definito in due parti, “costruire per poi distruggere, per arrivare a ripartire da zero”.

Sì, tra l’altro l’idea di copertina è arrivata prima che io finissi il disco e piano piano mi sono accorto che questo disco aveva queste due facce, questo modo di definire una fine; la consapevolezza e il desiderio di iniziare una nuova vita e l’idea di assaporare anche la fine di una vita precedente.

Dal punto di vista testuale, ho trovato un approccio quasi crepuscolare, a volte anche disincantato e forse disilluso, quasi come se descrivessi una sensazione di impotenza di fronte agli avvenimenti.

Diciamo che ricercare un certo tipo di limite nei significanti, nelle parole, mi ha aiutato sicuramente a stare meglio, a esorcizzare delle paure e in qualche modo penso che sia un disco estremo da quel punto di vista. Questo è un approccio punk alla scrittura che era da un po’ di tempo che non avevo, forse perché mi ero adagiato anche in situazioni di comodità che per la vita di uno che fa questo mestiere, non sempre porta a cose positive.

Come è cambiato il tuo rapporto con la paura e come l’hai affrontata durante la lavorazione del disco?

L’ho guardata in faccia ed è come se ci avessi ballato intorno invece di scappare. Questa cosa forse era successa in un’altra modalità, con un’altra età, sulla fine dei vent’anni. Poi ho cercato in tutti i modi di scostarmi da un certo tipo di modo di fare le cose e forse ho ritrovato un’altra consapevolezza e soprattutto sto ritrovando un periodo in cui fondamentalmente sto meglio di prima.

Anche musicalmente, questa nuova produzione, questa nouvelle vague dal punto di vista produttivo, crea un valore aggiunto a queste canzoni che sono molto diverse rispetto a quelle passate.

Tommaso Colliva dal punto di vista sonoro è pazzesco, quindi mi ha aiutato a cercare chiarezza anche dalla prospettiva del suono. Prima ero, diciamo, drogato nel cercare di mettere tante tracce, tanti suoni all’interno di alcune canzoni e questa cosa mi ha portato anche ad una visione non oggettiva delle stesse. Adesso la cosa che mi fa piacere riascoltando il disco è che ogni canzone ha il suo suono e ogni brano è chiaro, sia dal punto di vista di testi che di musica.

Quello che colpisce è che nonostante sia un disco molto eterogeneo dal punto di vista musicale e anche sonoro, io ci trovo davvero tanto di coerente. Ci trovo un filo conduttore che parte dalla prima e arriva all’ultima traccia.

Sì, allo stesso tempo però ogni brano ha una storia a sé e anche una storia musicale a sé. Questa coerenza è soprattutto a livello di linguaggio e di testo, però a livello di ricerca musicale, secondo me, questo disco ha fatto pace un po’ con l’elettronica, cosa che prima un po’ mi spaventava. E ha fatto pace con quello che suona adesso.

Hai scelto di collaborare con numerosi artisti. In passato non è mai stato così marcata questa tua volontà.

Più che la volontà, non c’era mai stata la libertà di aprirsi a un certo tipo di collaborazione… Sicuramente ci sono state collaborazioni dal punto di vista musicale con un sacco di musicisti, però il fatto di cantare insieme era successo appunto con Alessandro Alosi del Pan del Diavolo nel primo disco e con Alice, mia sorella. Anche perché, per come sono fatto io, vedendo che tanti miei colleghi lo facevano, forse anche per altri motivi, questa cosa mi ha portato a fare esattamente il contrario. Ad un certo punto mi sono liberato anche in quel senso, ho detto: “Vabbè, ma dipende con chi li faccio questi featuring”. Sono tutte persone o che erano amici o che avrei voluto diventassero amici miei; è venuto molto di cuore e soprattutto tutte le persone con cui ho collaborato in questo disco e tutte queste canzoni cantate insieme, sono frutto anche di giornate in cui c’era una consapevolezza, in cui forse sarebbe potuto non succedere niente. Non per forza dovevamo arrivare alla fine di una canzone e questo ci ha portato anche ad arrivarci forse.

Per esempio, mi ha colpito il pezzo con Giovanni Truppi, “Alice”, perché obiettivamente non sono tanti i punti di contatto potenziali fra la vostra musica. Siete riusciti poi a creare ed avere un mood incredibile. Motta Intervista

Sono stato turnista di Giovanni Truppi, suonavo la tastiera e la chitarra con lui, quindi ci conosciamo da tantissimi anni. Lui è un amico a cui voglio veramente tanto bene. Lo stimo tantissimo come artista e conosce i miei genitori e mia sorella. L’Alice del brano è mia sorella e quindi doveva esserci per forza una persona nel mezzo che conoscesse la faccenda e lui la conosceva benissimo.

Mi ha colpito anche la collaborazione dal punto di vista testuale con Emma Nolde e Danno in “Per non pensarci più”, l’ultimo brano tra quelli che hai scritto che poi è diventato un singolo.

Sì, è stata una liberazione scrivere quel testo, è stato proprio mettere l’acceleratore su una cosa che mi faceva rimanere lì, dovevo liberarmi. Avevo collaborato con Emma Nolde per il suo disco in veste di produttore, con Danno c’è stato questo incontro negli ultimi anni e mesi, lo trovo una delle penne più forti che abbiamo in questo paese e soprattutto sento una vicinanza di pensiero con lui, nonostante faccia un genere diverso dal mio. Mi è molto più vicino rispetto a tanti altri a cui vengo paragonato.

Titoli di coda”, credo che sia uno degli episodi migliori di tutto il disco, con Willy Peyote, un pezzo incredibile perché siete entrati uno nel mondo dell’altro senza snaturarvi minimamente.

Conosco Guglielmo da tanti anni e abbiamo in comune il fatto di prendere molto sul serio quello che facciamo, a tal punto che ritrovarsi insieme nello stesso studio ci ha fatto venire voglia anche di un velo ironico, in cui entrambi ci siamo messi in gioco. La considero anch’io una delle canzoni più riuscite.

Dal punto di vista live, sta per partire un tour. Mi incuriosisce ascoltare come le canzoni del vecchio repertorio convivranno sul palco insieme alle altre.

Nonostante io sia molto eccitato nel fare i brani del disco nuovo, le canzoni, anche del passato, convivono molto bene. In qualche modo negli ultimi anni abbiamo cambiato tantissimo gli arrangiamenti, per cercare di rivisitarli e di rigenerare le canzoni, e quindi ci è venuta l’idea per la prima volta dopo anni e anni, di riascoltarle come erano sul disco. Ci siamo accorti che banalmente, c’erano alcuni pezzi che si basavano su un giro di chitarra e che quella chitarra dal vivo non c’era più. Ci siamo detti, “Madonna, uno passa tutto il tempo a cercare di distanziarsi da un certo tipo di convinzioni per poi ritornare al punto di partenza”, ma è stato veramente bello rimetterci quelle canzoni così.

E tra l’altro nel tour, in ogni data, ci sarà Emergency.

Assolutamente, è una collaborazione di cui sono molto felice. Sono veramente felice di ritrovarli con noi nelle date del tour. (Qui il calendario).

Cosa ti aspetti dal pubblico? Perché dal punto di vista live ormai manchi da un po’.

Mi aspetto che si godano questi concerti che per me sono il momento di assoluta verità. E questa voglia di spiegarmi, secondo me, è venuta fuori anche dalla scelta di far uscire il disco il giorno stesso in cui facciamo il primo concerto. Sono partito anche facendo molto busking, suonando per la strada e quella voglia di far fermare le persone ad ascoltare quello che dico, questa voglia punk, in qualche modo mi è tornata. Motta Intervista

Video Intervista a Motta

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