Intervista a Daniele Incicco, frontman e anima dei La Rua, che hanno pubblicato per Believe il nuovo singolo Periodo di merda, insieme al video ufficiale per la regia di Giacomo Triglia.
Nel video sono rappresentati alcuni tra i momenti più brutti che la nostra società sta vivendo negli ultimi anni attraverso immagini emozionanti, e fortemente evocative, dove i La Rua hanno appunto voluto rappresentare il ‘Periodo di merda‘ che ci accomuna.
Il brano scritto e prodotto dai LA RUA, arriva dopo il singolo CINGHIALI uscito lo scorso maggio, e racconta in maniera molto intima, un periodo difficile, dello sconforto e del dolore, ma anche della forza per rialzarsi.
Intervista ai La Rua
Ciao Daniele. E’ uscito il nuovo singolo “Periodo di merda”, branodi speranza ricco di sfumature e riferimenti. Cosa rappresenta nel percorso dei La Rua?
Il brano fa parte di una metamorfosi che già era avvenuta con Sotto un treno e con Cinghiali, un modo per andare, quindi, in una direzione per noi nuova. Un mood che ci permette di andare a fondo di quelle che sono le emozioni reali e vere, quindi andando ad indagare tutto quello che è il reale sentimento che che abbiamo provato noi in un determinato momento della nostra vita. Abbiamo cercato di scattare una foto di quel momento e lo abbiamo messo in musica. Abbiamo voluto dare questo titolo forte, però estremamente significativo, per far capire subito di cosa stessimo parlando.
Un brano che mette in risalto quell’idea di destrutturazione sonora che ha preso il via tempo fa, quando avete scelto di sperimentare in una direzione differente.
Costruire di solito è un pelo più facile perché si va in aggiunta. Quando si va a togliere, sia a livello testuale sia a livello di sonorità, si fa sempre più fatica. Stiamo facendo un viaggio verso l’essenziale a livello strumentale. Sono stati realizzati 4-5 arrangiamenti prima di arrivare a questo. Io in realtà sono innamorato cotto della direzione che stiamo prendendo. Non sono mai stato così tanto convinto di quello che stessi facendo a livello artistico. Sono felice di quello che ascolto quando noi facciamo musica.
La forza di questo brano è legata anche alla sincerità con la quale vi ponete nei confronti del pubblico di chi vi ascolta. E’ un pezzo nel quale ci si può riconoscere perché almeno una volta tutti siamo caduti e almeno una volta tutti abbiamo sentito quella sensazione di fallimento. Però quello che secondo me emerge davvero in questo brano è la volontà di ricostruirsi, la volontà di non mollare, di andare avanti. Un messaggio legato anche alla vostra carriera musicale.
Noi siamo gli eterni secondi, da sempre! Nel tempo, anche gestendo queste situazioni, abbiamo capito che non esistono cose negative, perché bisogna sempre fare riferimento a quella forza che noi abbiamo dentro, che ci permette di vincere qualsiasi tipo di paura, qualsiasi tipo di difficoltà. Devo ammettere che le uniche cose che in questo momento mi fanno paura sono la morte e la malattia, perché per il resto, per quanto difficile possa essere la vita, noi abbiamo tutti gli strumenti per rialzarci. Abbiamo tutto. Cadere ci permette di assaporare la bellezza di rialzarsi. Lo abbiamo fatto un sacco di volte, siamo rimasti sempre uniti, sempre insieme. Dobbiamo sempre credere, anche se non sempre è facile, che ci sarà sempre qualcosa di migliore.
Il titolo può sembrare una provocazione, ma la canzone fondamentalmente è un inno di speranza.
Quando la gente legge il titolo pensa si tratti di una canzone ironica. E’ molto facile farsi malissimo con questo titolo, che è nato prima della canzone. Qui c’è la sincerità che ha fatto sì che il brano non fosse né ironico, né scontato, né di denuncia, ma che avesse dentro di sé la bellezza della speranza che guida tutto.
Quello che mi colpisce è sempre il coraggio nel vostro approccio musicale. Hai parlato del fatto di essere eterni secondi, ma in tutti questi anni avete dimostrato la vostra volontà di cambiare pelle, di essere liberi.
Noi siamo pazzi da sempre e da sempre facciamo delle cose che sono all’esatto opposto di quello che farebbero i La Rua se fossero sani di mente! Il cambiamento non è fine a sé stesso, ma nasce dal fatto che noi siamo cambiati, cioè la mia scrittura è cambiata, il modo di arrangiare dei ragazzi è cambiato. Crescendo abbiamo avuto il bisogno di fare qualcosa che fosse più profondo.
Quali sono le vostre sensazioni quando ascoltate brani magari una decina di anni fa?
Io vedo il cambiamento dal 2018 in poi, quando ho cominciato una sorta di metamorfosi proprio mia e sono tornato a quello che io ero prima ancora di fare musica, ovvero un appassionato devastante di testi di emozioni, di canzoni che avessero dentro un grande sentimento e un avvenimento reale. Sono totalmente attratto da storie vere. Non posso mentire a me stesso, questa è la mia strada. Ho bisogno di scrivere cose che vivo e che provo. Mi affascina tantissimo quando una persona riesce a mettersi a nudo e a non fare l’eroe. E’ giusto cantare di tutti i sentimenti. Siamo supereroi per questo motivo? Forse, ma non lo sappiamo!
L’ultima domanda è legata al live. Come proporrete dal punto di vista sonoro comunque una scaletta completa che ripercorre la vostra storia artistica?
Stiamo cercando di creare uno spettacolo duale. Da una parte ci siamo noi del passato, la vecchia guardia, i La Rua folk, e dall’altra ci siamo noi in versione più intima. Tra le due parte cambieremo anche le luci, ma stiamo pensando a un sacco di cose belle. Abbiamo bisogno di far entrare le persone in queste canzoni, vogliamo che ci arrivino dentro per vivere con noi le sensazione che hanno portato alla composizione.
Foto di Alessio Panichi

Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello” e nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia”.
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