Intervista ai Subsonica, che sono tornati e, a cinque anni da 8, hanno pubblicato il nuovo album Realtà Aumentata. Le canzoni del disco zoomano tra pixel di quotidianità e visioni cosmiche, tra energie luminose e penombre, tra presente e futuro, viaggiando sempre su un binario ritmico avvolgente.
Intervista ai Subsonica
Nel nuovo album avete ritrovato quello che è lo spirito Subsonica. Un approccio particolarmente evidente in questo progetto, sia a livello testuale, ma soprattutto a livello sonoro.
E’ un processo naturale che nella vita di una band. Nell’arco del tempo c’è costantemente la necessità di un’evoluzione, di un cambiamento in un percorso. Il successo non aiuta il facile sviluppo dell’interazione delle personalità fra i componenti e dopo tantissimi anni, dopo nove dischi, dopo quasi 30 anni, dopo migliaia di concerti, è arrivato il momento in cui ci siamo chiesti il motivo per cui si sta ancora insieme, il motivo per cui si fa ancora musica. Noi ci siamo siposti questa domanda e abbiamo scoperto positivamente che l’assenza dei Subsonica avrebbe fatto male a tutti quanti, soprattutto a noi. Abbiamo deciso così di resettarci completamente e tornare allo stimolo iniziale, quello che prevedeva dei ruoli all’interno della band istintivi, naturali ma ben precisi e ben delineati. Questo ci ha permesso di poter velocemente e amabilmente costruire un disco che è “Realtà Aumentata”, che molto probabilmente sarà uno dei dischi più importanti e potenti nella storia dei Subsonica.
Nella storia dei Subsonica, l’idea della destrutturazione anche della forma canzone è sempre stato un po’ il filo conduttore, ma in questo disco credo che sia ancora più evidente.
Quando il brano ti porta da qualche parte, arrivano anche le parole, quindi non c’è neanche la volontà di scrivere delle canzoni destrutturate, semplicemente nascono al contrario.
Negli anni siete stati sempre supportati anche dalle radio, nonostante abbiate proposto pezzi al di fuori di dei canoni di radiofonicità, di orecchiabilità.
Siamo stati fortunati perché siamo nati in un periodo storico in cui la musica era più libera. Noi abbiamo iniziato a comporre insieme musica in un momento in cui primi in classifica c’erano i Nirvana, o i Chemical Brothers, gente che ha in qualche modo rotto il concetto di mainstream tradizionale. L’anno in cui siamo andati a Sanremo, nel 2000, hanno vinto gli Avion Travel con un pezzo completamente recitato. Negli stessi anni c’erano primi in classifica i CSI con un brano cantato su una nota sola, che recitava parole comprensibili non proprio a tutti. Quindi in realtà siamo nati e cresciuti in un humus culturale e artistico che ci ha permesso di essere liberi, soprattutto dal punto di vista compositivo. Siamo stati abili a trovare la nostra formula espressiva riuscendo ad arrivare anche a volte con semplicità, all’orecchio delle persone. Un pubblico che non si è accontentato di una bella melodia o delle belle parole, ma che aveva la necessità di una profondità interiore che poi ha trovato nella nostra idea di musica.
Avete fatto riferimento anche a Sanremo 2000, dove avete presentato “Tutti i miei sbagli”, con un arrangiamento orchestrale, curato dal Maestro Fabio Gurian, che obiettivamente ha fatto storia. Tra l’altro gli archi fanno parte anche di “Realtà aumentata”.
Per “Realtà aumentata” non abbiamo fatto nulla a tavolino, ma siamo andati avanti per la nostra strada. Per esempio non siamo andati alla ricerca di quella sommatoria di streaming che deriva dall’interazione con altri, dalla sovrapposizione con altri musicisti. Nel disco ci sono Willy Peyote e Ensi perché serviva una voce diversa dalla nostra per completare l’idea che avevamo. La loro storia, poi, scorre parallela alla nostra, sia dal punto di vista musicale che dal punto di vista proprio di vita, ma anche territoriale, quindi è una sorta di non featuring. Però abbiamo voluto anche diversi musicisti. Per esempio abbiamo collaborato con Davide Rossi che in qualche modo ha mosso i primi passi in quello che sarebbe poi diventato lo studio dove sono nati Subsonica, cioè Casa Sonica. Lui all’epoca suonava le tastiere con gli Statuto e con altre band, ma il violino lo usava solo per studiare al conservatorio ed è stato proprio in quello studio che è stato stimolato a tirar fuori lo strumento dalla custodia. Per la prima volta finalmente abbiamo trovato occasione di collaborare con lui per un brano che si chiama Universo, che aveva bisogno proprio di queste aperture, di questi spazi orchestrali e lui da solo è in grado di creare un’orchestra intera.
Anche dal punto di vista testuale, quello che colpisce è la capacità di essere quotidiani, ma anche cosmici.
Abbiamo la fortuna di essere un’equipe anche in questo. La grande fortuna è quella che in ogni tematica e in ogni argomento che trattiamo nasce da quello che ci capita intorno. La grossa fortuna è quella che praticamente siamo sempre allineati sul senso di quello che raccontiamo.
Generalmente mi piace andare a cercare il brano che vale l’acquisto del disco come si diceva una volta. “Nessuna colpa” credo che sia realmente una gemma.
“Nessuna colpa” penso che sia il testo che ha integrato al meglio le nostre scritture. Nasce da un esperimento di Samuel che mantiene poi tutte le immagini più astratte e diventa una sorta di riflessione su tutto quello che è un certo tipo di speculazione che viene fatta sulla pelle dei disperati. L’argomento si riferisce esplicitamente alla questione dei migranti, su quelli che attraversano il mare e su quelli che dentro il mare in qualche modo ci restano. Ma soprattutto anche sul fatto che troppo spesso ci sentiamo estranei e assolti in una situazione in cui potremmo avere un ruolo diverso.
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Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello”, nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia” e nel 2205 “Ride bene chi ride ultimo”
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