Manuel Agnelli torna a raccontarsi attraverso ciò che da sempre lo definisce: la musica. Con l’uscita del nuovo libro Ballate per piccole iene 2025 – Afterhours, pubblicato da Rizzoli, il frontman ripercorre una stagione fondamentale della band e celebra il tour-evento che ha segnato la reunion dopo quasi sette anni di silenzio.
Un viaggio nel cuore del rock italiano, tra memoria, creatività e rinascita artistica.
Il ritorno degli Afterhours: un tour per ricostruire un legame
Tutto nasce quando Universal propone ad Agnelli la ristampa per i vent’anni dell’album Ballate per piccole iene. Promuoverlo da solo, però, “suonava triste”.
La soluzione più naturale era riportare gli Afterhours sul palco:
Giorgio Prette, Dario Ciffo e Andrea Viti hanno risposto con un entusiasmo che ha commosso Agnelli e rilanciato un dialogo interrotto da tempo.
Il risultato?
Una tournée che ha riacceso l’energia della band e conquistato tre generazioni di fan, tornati a pogare sotto il palco “con pochissimi telefonini”, completamente immersi nella musica.
Dalle provocazioni al rock’n’roll: l’evoluzione sonora di Ballate
Il 2005 fu un anno cruciale: mentre nasceva sua figlia, gli Afterhours entravano in una nuova fase creativa. Dopo il periodo più scuro e introspettivo di Quello che non c’è, il gruppo sentiva l’urgenza di tornare a un suono più diretto, ruvido, rock.
Determinanti furono due figure internazionali:
- Greg Dulli degli Afghan Whigs, che produsse il disco e seguì la band in oltre cinquanta date,
- John Parish, che contribuì a dare forma definitiva a Ballata per la mia piccola iena.
Molti dei brani simbolo degli Afterhours nascono proprio da quell’album.
La musica come salvezza
Agnelli non ha mai nascosto le ombre della sua vita. Gli anni Ottanta lo circondarono di eroina e autodistruzione, ma lui, come ha affermato al Corriere della Sera, scelse di non toccarla: “Ho visto il male che si facevano gli altri”.
Il vero crollo arrivò più tardi, alla soglia dei trent’anni, quando si sgretolò il sistema di valori costruito nell’adolescenza.
È in quel momento che la musica divenne l’àncora a cui aggrapparsi:
“La musica mi ha davvero salvato. La predilezione per la parte creativa ha vinto su quella bohémienne.”
Esperienze giovanili a Londra, Berlino e New York gli diedero un imprinting artistico cosmopolita, animato da una filosofia semplice:
se sei bravo, vale solo ciò che suoni — non da dove vieni.
L’eredità musicale e l’intuizione sui Måneskin
Durante la sua parentesi a X Factor, Agnelli ha contribuito alla formazione dei Måneskin, poi esplosi nel mercato globale.
Secondo lui, la loro forza dimostra che il rock non ha nazionalità:
“Il rock’n’roll è un linguaggio universale. Siamo noi a considerarlo ancora anglosassone.”
Nonostante la popolarità ottenuta col talent, Agnelli è rimasto fedele alla sua missione artistica: la visibilità mediatica non l’ha cambiato, ma gli ha permesso di portare la sua poetica anche a teatro, con progetti importanti come Lazarus di David Bowie.
Afterhours oggi: più maturi, più consapevoli, ma la stessa energia
La reunion ha mostrato una band diversa solo in apparenza:
“Fisicamente invecchiati, ma con lo stesso umorismo di sempre”.
Sul palco, però, è tornata energia pura, alimentata da una nuova consapevolezza emotiva.
A seguire Agnelli nel tour c’è stata anche la figlia Emma, musicista in una band emergente.
È anche a lei – e alla nuova generazione – che Agnelli dedica il progetto Carne Fresca, un festival e una factory che promuove giovani gruppi destinati, secondo lui, a “spazzare via tutto nel giro di tre-cinque anni”.
Germi: il tempio milanese delle nuove band
Il cuore pulsante della sua quotidianità è Germi, un luogo a metà tra club e libreria, nato grazie alla compagna Francesca, appassionata di letteratura.
Qui Agnelli osserva, scopre e coltiva nuove realtà musicali, mantenendo viva la sua missione: nutrire il rock italiano con nuove voci, nuovi suoni, nuove storie.

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