Matteo Oscar Giuggioli torna sul set di Nord Sud Ovest Est, seconda stagione della serie Sky dedicata alla storia degli 883.
Dopo il successo della prima stagione di Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883, premiato con il Nastro d’argento e il David come rivelazione, Giuggioli è tornato sul set per raccontare un nuovo capitolo di quella storia generazionale: Nord Sud Ovest Est.
Il racconto prosegue da dove si era fermato, dal clamoroso successo di Max Pezzali e Mauro Repetto all’Aquafan, e si sposta ora nella provincia pavese, dove i due devono fare i conti con la fama inattesa. “Sono cresciuti loro e siamo cresciuti anche noi”, racconta Giuggioli a Repubblica parlando del ritorno sul set insieme a Elia Nuzzolo. “Guardando i monitor mi sono detto: non vedevamo l’ora di tornare”.
Giuggioli non ha vissuto quegli anni, ma parla della musica e dell’immaginario degli 883 con una nostalgia che sorprende: “Mi manca la noia di quegli anni. Oggi ogni attesa è gestita da uno schermo, allora si fissava il muro. Anche il vuoto aveva un senso. Guardavo un documentario sul Live Aid e pensavo: ho sbagliato epoca, sarei dovuto nascere prima”.
Questa malinconia per un tempo mai vissuto è diventata parte del suo modo di costruire il personaggio. “Gli 883 erano quasi dei cartoon, saturi di colori e gesti. Abbiamo lavorato tanto per non cadere nella macchietta. Per me lo studio è l’antidoto all’ansia: ho visto tutti i video possibili, ho ricostruito Mauro partendo dal corpo”.
Il legame tra l’attore e il personaggio che interpreta ha un’assenza pesante: “Non ho mai incontrato Mauro Repetto. Non ci siamo mai scritti, né sentiti. Sarebbe prezioso farlo, anche solo per ascoltarlo”. La recente ritrovata visibilità di Repetto – che ha raccontato pubblicamente la sua vita tra America e nostalgia italiana – non ha però reso più semplice il compito di interpretarlo. “Quando racconti qualcuno che non è di dominio pubblico, c’è un margine più ampio. Ora quel confine si è ristretto”.
Da Rho, la provincia milanese che si porta ancora dentro (“All’oratorio ero il ragazzino con i capelli lunghi, non bravo a calcio”), fino al palco del Quirinale accanto al Presidente Mattarella (“Emozionante e ansiogeno: sono dislessico, leggere ad alta voce lì non è facile”), Giuggioli ha costruito il suo percorso con la dedizione di chi ha sempre cercato spazi nuovi. “Da piccolo avrei voluto cantare e ballare, ma da dove vengo non era così semplice farlo senza essere preso in giro”.
Oggi alterna il set alla fotografia, una passione nata per caso durante le riprese di My Soul Summer: “Ho comprato la macchina fotografica per immortalare i pescatori calabresi. Scattare e lavorare sulle immagini mi fa stare bene”. Nessuna vacanza da sogno all’orizzonte, se non viaggi con uno scopo preciso: “Sono andato a Cuba da solo, nel 2021. A volte decido di partire d’impulso, ma non amo l’idea di ‘andare in vacanza’ senza un motivo”.
La serie ha conquistato pubblico e critica anche per la sua capacità di non fermarsi al revival: “I ragazzi ci fermano per strada e citano le battute, hanno fatto proprio questo mondo che è un po’ anche il loro”. Il successo della prima stagione aveva acceso l’attesa per il seguito, che ora racconta il difficile equilibrio tra celebrità e normalità, tra provincia e sogno pop.
Matteo Giuggioli si conferma interprete di un’epoca musicale che continua a parlare anche alle nuove generazioni, quelle che, come lui, in quegli anni non c’erano. “Raccontare la musica degli 883 è un po’ raccontare cosa significhi crescere e non sapere bene come maneggiare il futuro”.
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