Angelina Mango caramè_digital

Recensione di “Caramè“, l’album che segna il ritorno sulle scene musicali di Angelina Mango, dopo un periodo di stop.

Devo fermarmi perché voglio prendermi cura di me mettendo la salute al primo posto”: è con queste parole che, circa un anno fa, Angelina Mango annunciava di volersi prendere una lunga pausa a causa dello stress psico-fisico accumulato dopo diversi mesi importanti tra le vittorie ad Amici (nella sezione canto) e a Sanremo e l’ottima partecipazione all’Eurovision, ma anche carichi di pressione e di ritmi difficilmente sostenibili per un’artista ancora giovanissima. Il suo silenzio è durato fino allo scorso settembre, quando è salita, a sorpresa, sul palco dell’Ippodromo di Milano per cantare insieme a Olly quella “Per due come noi” ancora ai primi posti delle classifiche a oltre un anno dall’uscita e ora, sempre a sorpresa, è arrivato “Caramè”, secondo album dell’artista lucana lanciato sulle piattaforme digitali giovedì pomeriggio senza alcun preavviso.

Una strategia promozionale che fotografa alla perfezione tutta la spontaneità di un progetto non pensato per le classifiche, per i dischi di platino e per inseguire forzatamente le piattaforme streaming. Le sedici canzoni contenute (tra le quali un duetto con Madame in “Ioeio” e un brano cantato dall’emergente Henna, “Cosicosicosicosì”) viaggiano in parallelo rispetto al pop spesso plastificato della nostra attualità per andare a comporre un album poco commerciale, coraggioso, sperimentale e artigianale nel senso più buono del termine. “Caramè” è il manifesto artistico di un’Angelina che dà la sensazione di aver scelto definitivamente cosa essere: una cantautrice che, pur rimanendo nel pop, vuole distinguersi dalle platee mainstream che l’hanno vista protagonista fino a poco tempo fa per abbracciare una dimensione più autentica.

Non è un caso che sia lei a produrre e a scrivere tutti i brani della tracklist affiancata da pochi, e fidatissimi, collaboratori, come il fratello Filippo e il suo storico produttore Giovanni Pallotti, per un progetto pieno di vita perché è proprio ciò che ha vissuto Angelina nell’ultimo periodo ad essere al centro di “Caramè”. C’è il senso di soffocamento dovuto alle troppe pressioni (“Mi manca l’aria”), c’è la difficoltà nello stare sul palco dopo l’ennesimo live (“Mi sembra di essere un fantasma al mio concerto”), c’è il pensiero di sentirsi inadeguata (“È che più mi date affetto più mi sento di sbagliare qualcosa”), c’è la continua convivenza con la propria fragilità (“Tu dici che siamo come macchine, ma nel van sono il pacco fragile”), c’è anche la forza nell’essersi aperta su questa situazione (“Non è l’applauso, non è l’inchino, è il coraggio di mostrarsi deboli”), ma c’è, soprattutto, la voglia di ripartire con la propria, ritrovata, normalità.

Non sono una star, nemmeno per sbaglio, sono matricola a vita”, canta Angelina in una “7up” che nasconde tutto il disagio che ha provato nel vivere costantemente con gli “occhi addosso”. Da qui il desiderio di sparire, di far crollare le impalcature per restare “solo io”, di vivere “dentro ad un igloo”, di tornare ad essere un “puntino tra la gente che pretende di essere protagonista” ripartendo dalle cose più semplici e autentiche: “E mi mancano i momenti in cui davamo importanza solo a una canzone, a fare insieme colazione e riascoltarla mille volte”. È così che si è aperta al ritorno e ora, insieme al malessere vissuto, ci racconta anche la sua ritrovata serenità: emblematico, in questo senso, il ritornello di “Velo sugli occhi”, la canzone-manifesto del progetto scelta anche come primo singolo estratto per le radio, che ripete più volte il verso “Ora voglio solo vivere”.

Caramè” è, quindi, un progetto profondamente intimo che vede l’artista raccontare sé stessa ma anche le persone che ama e che la circondano: “Come un bambino” è un commovente regalo per i genitori in cui Angelina prova a scrivere alla madre quello che avrebbe potuto dedicarle il padre che non c’è più, “Mylove” è una dolce dedica alla sua migliore amica, “Ci siamo persi la fine” è uno struggente saluto a un amore perduto, mentre “Igloo” è nata dopo un viaggio che il fratello ha fatto in Islanda. Anche dal punto di vista stilistico, l’album riflette tutta l’anima di una cantautrice versatile che sa mantenere la stessa efficacia sia nelle ballad sia nelle proposte più contemporanee, e che ama sperimentare sapendo però conservare il passato che l’ha vista crescere (delizioso, in questo senso, l’up-tempo de “Le scarpe slacciate” sostenuto da una chitarrina country”) risultando, così, eterogenea e, indiscutibilmente, personale.

L’attuale mainstream è, infatti, carico di artiste donne sempre più spesso sovrapponibili tra di loro perché tutte inseritesi nella stessa strada pre-confezionata prima da autori e producer del momento. È successo a Emma, ad Annalisa, ad Elodie, ad Alessandra Amoroso, ma anche alle nuove leve come Gaia, Sarah Toscano e Clara. Angelina Mango, invece, la vediamo esattamente com’è: senza maschere, senza bisogno di scimmiottare ciò che c’è già in classifica e senza dover inseguire i vari Petrella, Abbate e Simonetta, nutrendo quindi ancora l’ambizione di un pop che vuole risultare riconoscibile. Quello di Angelina lo è indiscutibilmente.

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