R2SC-Zucchero

È un esordio difficile ricco di aneddoti inediti quello che Zucchero ha raccontato intervenendo in diretta a Rai Radio2 negli studi di Radio2 Social Club, condotto da Luca Barbarossa e Ema Stokholma e di oggi dice: “È un periodo “stranamente” buono, noi che facciamo questo mestiere facciamo su e giù, siamo suscettibili a ondate, io sono uno che si mette in discussione sempre. per fortuna non ci sono stati molti momenti giù nella mia carriera, nella mia vita personale sì“.

Un album di cover è sempre molto più complesso di quello che sembra“, spiega il cantautore a proposito del suo ultimo lavoro Discover II, “la materia prima ce l’hai già – bella e buona, canzoni anche iconiche – però poi devi farla tua, se no non ha senso. Devi fare una ricerca sui suoni, sugli arrangiamenti, le dinamiche, l’interpretazione. Stare attenti a non fare qualcosa che è già stato fatto mille volte e che quindi c’è già. È il lavoro più difficile ma anche stimolante. Anche per gli adattamenti prendi il soggetto originale ma poi metti anche parole tue per farle suonare in italiano, per farle suonare “alla zucchero”, sperando di avere uno stile“.

A proposito dei suoi esordi sulla scena musicale racconta: “Ci ho messo 8 anni di trasferte tutte le settimane, a bussare alle porte e nessuno mi ha detto proviamoci. ‘Con quella voce lì, e poi che musica vuoi fare? Qui non funzionerà mai’, mi dicevano subito. Si vede che non avevano l’idea del blues, è inutile pensare di volerlo modernizzare, come andare fare Romagna Mia fatta da Brian Eno. Non la puoi fare. Io, come Pino Daniele, attingo dal blues, ma la nostra musica a un certo punto ha bisogno della mediterraneità, della melodia italiana, altrimenti c’è già chi lo fa“.

E ancora: “Quando cominciai ad avere successo mio padre intervistato da una tv disse che la mia musica non gli piaceva, perché a lui piacevano il valzer e la mazurca“. Un esordio in salita ma che non l’ha fermato: “Avevo fatto due Sanremo ma non se ne era accorto nessuno, quindi la casa discografica mi propose di restare solo come autore. Io ero piuttosto messo mele, con una bambina, una famiglia, non avevo casa né lavoro. Un discografico quel giorno mi vide così cupo che dopo avermi chiesto cosa fosse successo mi promise che avrebbe parlato con il direttore generale, anche se lui era appena arrivato. Dopo un’ora mi disse: ‘ci sono questi soldi, fai il disco che vuoi, come vuoi, dove vuoi, ma è l’ultima spiaggia’. Andai a San Francisco con i biglietti vinti tramite un concorso dalla mia vicina di casa e lì contattai Corrado Rustici che conosceva tutti i musicisti della scena. In una settimana abbiamo fatto un album, in inglese maccheronico, perché non c’erano ancora i testi. Tornato in Italia ho spedito la cassetta con il nome del marito della donna che mi aveva dato i biglietti per l’America, mandandola al mio direttore artistico dicendo che ero un nuovo artista. Richiamarono subito il mio vicino dicendo che l’album era fortissimo e quando mi presentai io non ci credevano. Li dentro c’era “Donne”, e mi dissero ‘proviamo il Festival’“.

Tra artisti del passato e nuove leve, Zucchero ricorda Ivan Graziani, di cui rilegge nel disco “Agnese“: “Mi ci vedo in queste parole, perché ho sempre cantato la provincia. Oltre a fare un tributo Ivan Graziani, che per me è stato tra i primi rocker ed è ancora attuale, mi ci sono trovato. Non ho mai avuto il piacere di conoscerlo personalmente ma le sue canzoni mi sono sempre rimaste impresse“. “Mi tengo aggiornato sui nuovi talenti“, aggiunge, “Salmo è forte, io rimasi piacevolmente capito dall’energia e dallo stravolgimento quando lo vedi fare Diavolo in me a Sanremo. Ha un bagaglio musicale enorme e in alcuni testi mi sono ritrovato ai tempi in cui cantavo Libidine, Pippo…Ci sono anche delle frasi che avrei anche voluto scrivere io“. 

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