Bosnia Sanremo Giovani 2024

Disponibile su Raiplay “VENGO DAL SUD” (Aurora Dischi/ Universal Music Italia)  il brano con cui BOSNIA, cantautore/producer campano, parteciperà alle audizioni dal vivo di Sanremo Giovani 2024 che andranno in onda da martedì 12 novembre in seconda serata su Rai 2 (ma anche su Radio2 e RaiPlay).  Al termine dei cinque appuntamenti verranno selezionati i finalisti che il 18 dicembre, su Rai 1, si contenderanno 4 posti per il Festival di Sanremo, categoria “Nuove Proposte”.

VENGO DAL SUD“, racconta l’esperienza di chi lascia le proprie radici per nuove opportunità, affrontando il dolore della perdita e la speranza del futuro. Evoca immagini vivide di tradizioni, feste e il senso di comunità del Sud, che contrastano con la rinuncia di chi resta e la rabbia di chi parte. L’accento del Sud resta, come un veleno di nostalgia, e la metafora del ragno esprime il richiamo alle radici, mentre la musica mescola ritmi tradizionali, pop e elettronica, un mix di sonorità che spaziano tra rap in dialetto napoletano e melodie italiane tra elementi EDM e alternative R’n’B.

Qui il link per vedere il video di Vengo dal Sud.

Intervista a Bosnia, in gara a Sanremo Giovani 2024

Cosa rappresenta per Bosnia l’approdo a Sanremo Giovani?

Partecipare a Sanremo Giovani è, per me, una vera riconciliazione personale. La musica ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella mia vita, accompagnandomi in tante esperienze ed emozioni. Ogni brano è una sfida che lancio a me stesso, un confronto con ciò che ho creato in precedenza. Essere arrivato a questo punto, qui a Sanremo Giovani, non può che dare valore a tutto il mio percorso artistico e personale. Sono davvero felice di ciò che sta accadendo nella mia vita.

ìPresenti il brano “Vengo dal Sud,” che parla delle tue radici e della tua identità. Quanto è importante per te portare avanti questo messaggio musicale?

Per me è fondamentale. Sono molto fiero delle mie radici e delle mie origini meridionali. Ho sempre vissuto da migrante, spostandomi spesso e vivendo esperienze in posti diversi. Questo brano rappresenta una sorta di promemoria per me stesso, per ricordarmi sempre da dove vengo. Anche il “veleno” di cui parlo nel testo, quell’accento napoletano che porto con orgoglio, è un elemento positivo, un simbolo di autenticità che voglio trasmettere. Vivendo a Milano, mi sono reso conto di quanto sia comune sentirsi migranti anche per i miei colleghi. Siamo tutti un po’ ambasciatori della nostra terra.

Negli ultimi anni, anche il Festival di Sanremo ha portato avanti l’energia del Sud. Qual è, secondo te, il segreto per riuscire a essere autentici portando le proprie radici in musica?

Credo che la chiave stia proprio nel conoscere e rispettare le proprie tradizioni. Spesso, quando si parla di Sud, si guarda fuori, verso l’America o l’Inghilterra, cosa bellissima perché porta contaminazione. Ma la vera forza sta nel prendere tutto ciò che si incontra nel mondo e fonderlo con il proprio universo. Ad esempio, io sono molto appassionato della musica tradizionale napoletana, ma anche della pizzica e della taranta pugliese. Se ci pensiamo, i suoni tradizionali del Sud hanno radici profonde, ritmi quasi ancestrali che richiamano certi elementi elettronici moderni. L’autenticità, secondo me, è trovare un equilibrio tra radici e innovazione.

Un aspetto che colpisce del tuo lavoro è la capacità di dare un significato positivo anche a situazioni difficili, come hai fatto in “Nisciun.” Come è nata l’idea di trasformare la solitudine in qualcosa di quasi positivo?

Penso che questo approccio derivi dal fatto che, artisticamente, ho sempre lavorato molto sulla persona, prima ancora che sul personaggio. Lavorare su di me mi ha portato a confrontarmi con la mia emotività e sensibilità. Ho imparato a vedere il lato positivo anche nel negativo, un po’ grazie ai miei studenti. Oltre a fare il cantautore, lavoro nelle scuole, dove insegno rap. In un progetto di rap, i ragazzi mi hanno fatto capire che anche la mancanza di qualcosa, come una famiglia, può portare aspetti positivi, come l’autonomia. Questo mi ha insegnato che non esiste un “bello” o “brutto” assoluto, ma conta come scegliamo di affrontare le cose. La solitudine è diventata per me una compagna, una presenza con cui imparare a convivere.

Nel tuo percorso musicale, hai trovato un equilibrio originale tra il rap napoletano, le sonorità elettroniche e la melodia italiana. Come sei riuscito a fondere questi elementi?

Sono cresciuto ascoltando la musica campana e i rapper napoletani, e poi mi sono avvicinato ai rapper milanesi, come Mondo Marcio. Mi piace l’italiano come lingua, e ho sempre cercato di approfondirla. Quando ero più giovane, tendevo a idolatrare alcuni artisti, ma crescendo ho iniziato a vedere dietro l’artista e ho capito che non sono divinità, ma persone come noi. Questo mi ha spinto a costruire la mia identità artistica senza emulare nessuno. Grazie anche alle critiche che mi hanno spronato, ho trovato il mio sound. Credo che oggi il mio stile sia un mix unico che nasce dalle mie esperienze e dalle influenze musicali che ho assorbito nel tempo.

Qual è l’aspetto della tua musica di cui oggi vai più orgoglioso?

La produzione, sicuramente. Sin da piccolo, molti mi chiedevano perché non mi producessi da solo le basi. Oggi posso dire di aver acquisito una visione musicale più completa, grazie anche alla mia formazione accademica in composizione elettronica. Ho avuto la fortuna di vivere con produttori molto talentuosi, e da loro ho imparato tantissimo, anche solo osservando il loro approccio. Mi sono appassionato al punto da creare sonorità che rispecchiano esattamente quello che voglio trasmettere. Sono molto distratto, ma nella mia musica cerco di catalizzare l’attenzione su ogni dettaglio, integrando elementi che rendano i brani completi e intensi, come i drop elettronici e i ritornelli che ti restano in testa.

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