Francesco Maria Mancarella

Intervista a Francesco Maria Mancarella, che ha recentemente pubblicato il nuovo album WHAT I FELT, primo disco in tonalità maggiore del maestro, arricchito da elettronica, produzione e la presenza di altri strumentisti. Un lavoro che esprime pace, armonia e libertà, come il ricordo sbiadito di un sogno che lascia solo una sensazione di beatitudine al risveglio.

Francesco Maria Mancarella è un compositore, pianista e direttore d’orchestra, diplomato al conservatorio Tito Schipa di Lecce in pianoforte Jazz con il massimo dei voti e in tecnologie dell’industria audiovisiva con master universitario in composizione per musica da film. Nel 2014 ha inventato e brevettato “Il pianoforte che dipinge”, un progetto audiovisivo che ha conquistato i teatri di tutto il mondo (ed è apparso anche su Rai 1 nel programma “I Soliti ignoti” condotto da Amadeus) unendo la composizione musicale e la sua traslazione sulla tela.

Ha all’attivo diverse pubblicazioni discografiche come autore, compositore, arrangiatore, direttore musicale e produttore artistico. Collabora con grandi orchestre del panorama nazionale ed internazionale come Bulgarian National Symphony Orchestra (Sofia), Orchestra Ritmosinfonica Italiana (Canale5), Southern Est Europe Orchestra. Si è esibito in Italia e all’estero in rassegne importanti, tra le quali Piano City Milano, Milano Music Week, Calatafimi Festival di Segesta, e in luoghi prestigiosi come la Steinway Hall di Miami e l’Arena di Verona. Nel 2024 ha pubblicato gli Ep  “Nord” e “Promenade” e ha diretto l’orchestra per Alessandra Amoroso al Festival di Sanremo.

Intervista a Francesco Maria Mancarella

Maestro Mancarella, “What I Felt” è un album che nasce da un’intuizione sonora precisa. Da dove è partito il desiderio di “preparare” il pianoforte e trasformarlo in uno strumento nuovo?
Mettere mano all’interno del suono è una peculiarità che fa parte dell’animo del compositore. Unire note, strumenti e suoni è parte del mio processo creativo. Ho modificato il pianoforte per adattarlo alla musica che volevo comporre, creando uno strumento versatile. Credo che ogni artista debba cercare il proprio contesto sonoro, unico e riconoscibile.

Il titolo gioca sul doppio significato della parola “felt”: il feltro e il sentire. Quanto si intrecciano, per lei, la materia del suono e l’emozione che la genera?
È fondamentale: il suono e l’emozione sono indissolubili. La qualità sonora è direttamente proporzionale alla sensazione del momento. Più mi emoziono, più suono bene, più compongo con sincerità.

La modifica fisica del pianoforte influenza anche la composizione?
Assolutamente sì. I brani sono nati per quel suono morbido, ricco di armoniche. Senza quella resa sonora, il disco non sarebbe esistito.

Cosa rappresenta per lei oggi la libertà nella musica?
“What I Felt” è un disco libero, nato senza aspettative. La libertà è non sentirsi costretti a creare in un momento preciso, ma lasciarsi ispirare. Quando arriva l’ispirazione, premo “rec” e tutto prende forma.

È il suo primo disco prevalentemente in tonalità maggiore: una scelta simbolica?
Non tutti i brani sono maggiori, ma il disco trasmette pace e introspezione. Non ho scelto razionalmente, ho lasciato che le mani seguissero il cuore.

È un racconto personale o un’esperienza universale di ascolto?
Racconto la mia storia, ma ognuno può trovarci emozioni diverse. L’arte non va spiegata, se va spiegata forse non è arte.

Come riconosce il momento in cui vale la pena registrare?
Lo sento. L’adrenalina cresce e il tempo si ferma. Dopo una sessione sono esausto ma felice.

Quanto conta la sperimentazione rispetto alla tradizione pianistica?
Odio le barriere e la didattica rigida. Non si deve “funzionare” musicalmente, bisogna essere autentici. Il silenzio è sottovalutato, il pensiero sopravvalutato.

Com’è nato il progetto “Il pianoforte che dipinge”?
È una parte della mia vita. Mi ha permesso di calcare palcoscenici inattesi. Non è solo uno strumento, ma un compagno di viaggio che unisce suono e colore.

Cosa ha significato dirigere l’orchestra a Sanremo per Alessandra Amoroso?
Un’esperienza straordinaria. Il Festival può cambiarti la vita professionale. Ho dato tutto me stesso e sono grato ad Alessandra: ci lega una grande sintonia.

Qual è l’aspetto più difficile da comunicare in una direzione d’orchestra: la tecnica o l’emozione?
Bisogna saper parlare ai maestri d’orchestra, comunicare la propria visione. La tecnica è importante, ma l’amore per la musica lo è di più: nella musica non si può mentire.

Lavorare con orchestre internazionali quanto influenza la sua scrittura pianistica?
Molto poco. L’orchestra sviluppa altri aspetti del mio carattere musicale, ma il pianoforte resta il mio linguaggio più intimo.

C’è un autore contemporaneo che sente vicino?
Molti. Ascolto tanta musica moderna e mi ispiro ogni giorno. Voglio migliorarmi costantemente, con felicità e ironia.

Cosa troverà il pubblico nel tour “What I Felt”?
Il racconto della mia storia e dei miei pianoforti. Spero di trasmettere emozione e autenticità.

Può anticipare qualcosa sul nuovo brevetto?
Non ancora! Ma sarà bellissimo. Sto facendo i test e ringrazio Hybris Hub per il supporto.

Come convivono tecnica e ispirazione nella sua musica?
Non sono il rovescio della stessa medaglia. Preferisco la poesia all’innovazione fine a sé stessa.

Se dovesse definire “What I Felt” con una sola parola?
Una bomba!

📢 Segui iMusicFun su Google News:
Clicca sulla stellina ✩ da app e mobile o alla voce “Segui”

🔔 Non perderti le ultime notizie dal mondo della musica italiana e internazionale con le notifiche in tempo reale dai nostri canali Telegram e WhatsApp.