The Fermi Paradox

Dopo dieci anni di gestazione e collaborazioni internazionali, The Fermi Paradox è finalmente realtà; l’album segna l’ingresso ufficiale del chitarrista David Rhodes – storico collaboratore di Peter Gabriel – all’interno del progetto musicale multidisciplinare ideato da Giovanni Amighetti insieme al collettivo globale E-Wired Empathy.

Il disco prende il nome dal celebre paradosso scientifico di Enrico Fermi, che si interroga sul motivo per cui, in un universo così vasto e potenzialmente popolato, non abbiamo ancora avuto contatti con forme di vita extraterrestri. Attraverso suoni evocativi e una struttura da vero concept album, The Fermi Paradox esplora temi affascinanti come onde gravitazionali, buchi neri, civiltà aliene e viaggi interstellari, offrendo allo stesso tempo una profonda riflessione sul senso dell’esistenza umana e sul nostro posto nel cosmo.

A rendere ancora più significativo il progetto è il coinvolgimento diretto degli astrofisici del Jet Propulsion Laboratory (JPL) di Pasadena, in particolare di Michele Vallisneri, che ha fornito spunti scientifici fondamentali per lo sviluppo dell’album. Il risultato è una vera e propria odissea sonora che fonde arte e scienza, stimolando l’immaginazione e il pensiero critico.

Registrato in periodi e luoghi diversi nell’arco di dieci anni, The Fermi Paradox è un’opera corale che supera i confini geografici e stilistici. Una produzione unica che invita l’ascoltatore a guardare verso le stelle per comprendere meglio sé stesso.

Questa la tracklist dell’album “The Fermi Paradox“: “Distance“, “Travel“, “Asteroid Belt“, “Positive Atmosphere“, “Interstellar Courier“, “Sea of Stars“, “For the Girls“, “Doom“, “Human Being“.

Intervista a Giovanni Amighetti e David Rhodes sul progetto The Fermi Paradox

1.⁠ ⁠“The Fermi Paradox” è un progetto che unisce musica, scienza e filosofia. Come è nato questo concept e cosa ti ha spinto ad aderire?

Giovanni Amighetti: Nasce da un lavoro che ci aveva proposto un astrofisico NASA riguardo le onde gravitazionali, che non abbiamo fatto non convinti del discorso sonoro, però da lì é nata una collaborazione e quindi The Fermi Paradox.

2.⁠ ⁠Il titolo richiama una domanda ancora oggi senza risposta: se l’universo è così vasto, dove sono tutti? Come avete tradotto in musica una riflessione così complessa?

Giovanni Amighetti: Abbiamo cercato di dare quel senso di vuoto e vastità, ma poi anche di vita seppur in pianeti tanto, troppo lontani. Quindi molte spazialità e pause, ma anche ricerca di suoni che rappresentassero vari elementi.

3.⁠ ⁠Che tipo di sonorità avete voluto esplorare in questo album? Ci sono riferimenti specifici o è stato un viaggio libero?

Giovanni Amighetti: E’ stato sicuramente libero, ma abbiamo volutamente cercato di evitare certi riferimenti elettronici tipici da film di fantascienza perché troppo banali. È un lavoro che risulta comunque molto organico e legato all’umanità.

4.⁠ ⁠La tua chitarra ha sempre avuto un’identità precisa. In “The Fermi Paradox” come hai scelto di usarla, anche in relazione agli altri strumenti elettronici e acustici presenti?

David Rhodes: Credo che suonare la chitarra sia più che altro un’attitudine, quindi quando suoni un brano cerchi più che altro il giusto modo di interagire con gli altri musicisti coinvolti. Quindi spesso cerco di fondermi e diventare complementare alle parti di tastiera, e altre volte vado nella direzione completamente opposta. 

5.⁠ ⁠L’album è frutto di registrazioni in più studi, da Nashville a Correggio. Quanto hanno influito i luoghi sulle atmosfere del disco?

Giovanni Amighetti: Tanto, sicuramente l’Italia ci ha aiutato per quel senso di empatia emotiva.

6.⁠ ⁠Il progetto coinvolge un collettivo eterogeneo, da Jeff Coffin a Wu Fei. Com’è stato lavorare con artisti così diversi per cultura e formazione?

Giovanni Amighetti: per me é un po’ alla base dell world music quindi quello che ho quasi “sempre” fatto. Dai primi anni ’90. Il trucco é far sì che le strutture e scale siano libere così da non creare forzature per le diverse scuole culturali.

7.⁠ ⁠C’è una traccia in cui ti sei sentito particolarmente ispirato o che consideri il cuore del progetto?

Giovanni Amighetti: Asteroid Belt, che é suonata dal quartetto base io, David, Roger Ludvigsen e il compianto Paolo Vinaccia.

David Rhodes: E’ una domanda difficile, direi che non ho un brano favorito dipende dal mood. E’ un’opera da ascoltare nel suo complesso. 

8.⁠ ⁠Avete collaborato con il Jet Propulsion Laboratory e con l’astrofisico Michele Vallisneri. Quanto ha influito il confronto con la scienza sulla scrittura musicale e testuale?

Giovanni Amighetti: tantissimo, tutto il lavoro é basato sui loro input

9.⁠ ⁠Come si può, secondo te, rendere accessibile e “umana” una tematica scientifica attraverso l’arte?

Giovanni Amighetti: il suono e l’arte visiva possono aiutare a rendere più accessibili a tutti diversi concetti. Lo abbiamo già sperimentato accompagnando le lezioni-concerto di Vallisneri ed altri scienziati. Con un pubblico che a volte finiva in una sorta di “estesi religiosa” verso gli argomenti trattati, che però venivano esposti ovviamente solo come dati di conoscenza attuale, o dubbi e non-conoscenza.

10.⁠ ⁠State per presentare il disco con due concerti speciali. Cosa possiamo aspettarci da questi live? Cercherete di ricreare anche l’aspetto concettuale del disco sul palco?

Giovanni Amighetti: sì, il disco dura 50 minuti mentre il concerto é ovviamente più lungo. Ma abbiamo cercato di inserire brani sia nostri che non che fossero in tema con il viaggio, con il percorso nel quale portiamo il pubblico.

11.⁠ ⁠Hai suonato per anni con Peter Gabriel, affrontando grandi palchi e produzioni visionarie. C’è qualcosa di quell’esperienza che hai portato anche in The Fermi Paradox?

David Rhodes: sì certamente 🙂

12.⁠ ⁠Guardando avanti: immagini che questo progetto possa avere un seguito o svilupparsi in altri linguaggi, magari visual o teatrali?

Giovanni Amighetti: Sì, ci stiamo lavorando. E’ un progetto che lega scienza e multimedia anche fuori dai soliti ambiti concertistici.

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