Giudi

Icarus – Piano Nocturne in Emin, estratto dall’album “Chemical Wedding“, è il nuovo singolo di Giudi, artista boema alt- pop dallo stile unico, con diverse collaborazioni e contaminazioni musicali, dalla Classica all’Hyperpop.

Attraverso i suoi testi e video esprime e sostiene concetti come spiritualità, attivismo sociale, salute mentale, queer e femminismo.

Musica d’atmosfera con un tocco di spiritualità.

Così si potrebbe descrivere il progetto di GIUDI, giovane artista boema, che ha spesso collaborato con esponenti di diverse scene musicali, dalla Classica all’Hyperpop. Da sempre sostenitrice della diversità e dell’uguaglianza nella società, tramite la sua musica, i suoi testi e i video esprime concetti come spiritualità, attivismo sociale, salute mentale, queer e femminismo.

“Chemical Wedding” è il titolo del suo album di debutto, pubblicato venerdì 15 novembre, durante la luna piena. Il sole e la luna, il fuoco e l’acqua rimandano ai simboli della dualità e si basano sul concetto di “Matrimonio Chimico”, rimandando e descrivendo i contrasti della vita.

Icarus – Piano Nocturne in Emin è il titolo dell’ultimo singolo; una nuova versione del brano, una reinterpretazione neoclassica che l’artista ha voluto inserire in questo nuovo album, accompagnata da un video prodotto in collaborazione con Karel Havlicek, celebre compositore ceco che ha lavorato con artisti del calibro di Hans Zimmer e creato musica per TV e film di Hollywood.

Intervista a Giudi

1. “Icarus” è un brano dal forte impatto emotivo. Come è nato e cosa rappresenta per te questo pezzo?

Icarus è un brano che per me rappresenta una confessione molto personale. È nato come reazione a un evento della mia vita che mi ha profondamente colpita. È stato così inaspettato che non ero in grado di parlarne con nessuno. Così ho deciso di mettere nero su bianco i miei sentimenti e di usare la musica come intermediario, come un canale di comunicazione attraverso il quale ho lasciato fluire le mie emozioni. Credo che questo brano parli da sé e che non servano altre parole.

2. La nuova versione di “Icarus” è una reinterpretazione neoclassica. Come è stata la collaborazione con Karel Havlicek e cosa ha aggiunto al brano?

La collaborazione con Karel Havlíček è stata per me molto piacevole e immediata. È stata la mia prima collaborazione in assoluto con un artista che non conoscevo personalmente. Anche se non ci conoscevamo, ascoltando la musica di Karel, avevo la sensazione che ci conoscessimo da anni. Così ho deciso di scrivergli e di inviargli il brano Icarus, chiedendogli se potesse comporre e registrare una parte di pianoforte per accompagnarlo. Non è passato neanche un giorno, e Karel mi ha inviato un’e-mail con scritto soltanto: “Ovunque tu sia, siediti, chiudi gli occhi e vola.” Ed è così che è nata questa collaborazione.

3. Hai detto di aver scritto “Icarus” in un momento difficile. Come la musica ti ha aiutato a superare quel dolore?

Nel momento in cui ho finito di scrivere questa canzone, ho sentito un leggero sollievo. E dato che non riuscivo a parlare di questo evento con nessuno, il secondo momento di sollievo, ancora più grande, è arrivato quando ho condiviso il brano con il mondo. Ho iniziato a ricevere reazioni meravigliose da parte delle persone, che mi scrivevano di vivere con me quella stessa emozione. Anche se non sapevano esattamente di cosa stessi parlando, ho sentito un senso di vicinanza e comprensione.

4. Il videoclip di “Icarus” è stato girato in un’unica ripresa. Qual era l’intento dietro questa scelta stilistica?

Il video è stato girato a Praga e il formato in one-take è stato scelto intenzionalmente per creare un’atmosfera naturale, una certa continuità, una gradazione e, soprattutto, una tensione per lo spettatore. È stato realizzato in collaborazione con la art director Thea JaCobra, la straordinaria artista e stylist Hydra, e il cameraman Krištof Mělka. Credo che siamo davvero riusciti a catturare un’emozione unica e autentica.

5. Giudi, nel video hai indossato vestiti speciali in latex creati da AGF Hydra. Quanto è importante per te unire moda e musica nella tua arte?

Il mondo musicale e quello visivo sono per me ugualmente importanti. Mi considero infatti una persona molto visiva: amo l’architettura, l’interior design, la moda e, di conseguenza, ho sempre avuto la tendenza, sin dall’inizio di questo progetto, a collaborare strettamente con stylist, designer e set designer. AGF Hydra è un’artista davvero unica, e sono molto grata per la nostra collaborazione, perché il suo approccio al design degli abiti l’ho percepito come una vera e propria seconda pelle sul mio corpo.

6. Il tuo album di debutto, “Chemical Wedding*, si basa sul concetto di dualità. Come hai esplorato questo tema attraverso le tracce?

Chemical Wedding è un album concettuale che simboleggia la dualità già nel titolo stesso, ispirato ai libri di alchimia. Il disco è diviso in giorno e notte: il lato A rappresenta il giorno, la simbologia del sole e dell’energia maschile, mentre il lato B rappresenta la notte, l’energia femminile e più sottile. Il lato A contiene brani dal sapore elettronico, mentre il lato B propone ballate e brani più radicati e introspettivi.

7. “Chemical Wedding” si ispira al “Matrimonio Chimico”. Cosa ti ha affascinato di questo simbolismo al punto da renderlo il fulcro del tuo lavoro?

La frase alchemica “Matrimonio Chimico” ha per me un significato molto profondo e universale. Rispecchia perfettamente l’umore e l’atmosfera contrastante della mia creazione introspettiva di questi ultimi anni. Si tratta di opposti che insieme formano un’unità. Una dualità che si completa a vicenda. Una formula magica e universale. Il matrimonio mistico tra sole e luna, giorno e notte, luce e oscurità, principio femminile e maschile, e così via.

8. La spiritualità, il femminismo e l’attivismo sociale sono temi centrali nella tua musica. Come riesci a bilanciare questi messaggi con la tua visione artistica?

I temi trattati sono in realtà molti di più, ma nel complesso si tratta di crescita spirituale ed empatia, di sostegno reciproco. Tutto questo fa parte della mia natura. Ho una particolare sensibilità verso questi argomenti, ed è per questo che sento il bisogno di scriverne.

Mi diverte molto inserire significati nascosti e simbolismi nei miei testi, ma anche nei miei visual, che curo nei minimi dettagli. Ogni colore o gesto è scelto intenzionalmente. Mi piace spingere i limiti e sorprendere con nuovi concetti.

9. Hai collaborato con diverse scene musicali, dalla Classica all’Hyperpop. Cosa ti affascina di queste contaminazioni e come influenzano il tuo stile?

Direi di me stessa che sono una persona altamente sensibile e mi piace seguire il mio istinto, al quale ho imparato a dare fiducia, ed è per questo che sono una persona molto spontanea. Amo sperimentare, e tutto questo mi dona un senso di libertà. Non mi pongo limiti, né a livello di genere né per quanto riguarda la mia espressione personale.

10. Nel corso della tua carriera, hai portato la tua musica in oltre 60 paesi e su palchi prestigiosi come Eurovision e festival internazionali. Come queste esperienze hanno arricchito la tua identità artistica?

Sono profondamente grata alla vita per ogni nuova esperienza, per ogni incontro. Dopo il periodo della pandemia, dell’incertezza e della separazione, ne sono ancora più consapevole: apprezzo immensamente il contatto umano e ogni nuova connessione. Creare questi campi energetici è per me una vera fonte di vitalità.

11. Il brano “Jezinky” ti ha permesso di conquistare un pubblico globale con la tua versione a cappella. Quanto è importante per te la voce come strumento principale nella tua musica?

Con il passare del tempo e una conoscenza più profonda di me stessa, mi sento molto più sicura di ciò che faccio. Questo si accompagna anche all’esperienza di usare la mia voce come uno strumento, un elemento ritmico o persino un mezzo per arricchire l’atmosfera. Un brano come Jezinky in un contesto come l’Eurovision era qualcosa che nessuno si aspettava. Con mio grande piacere, è stato sorprendente scoprire l’impatto che ha avuto e quanto abbia risuonato con il pubblico, venendo apprezzato proprio per la sua autenticità.

12. Giudi, la tua musica è molto presente nelle playlist internazionali e in contesti come la TV e le sfilate di moda. Come vivi questa fusione tra musica, arte visiva e spettacolo?

La connessione di tutti questi elementi rappresenta per me il massimo che posso raggiungere come artista nella mia espressione. Come ho già accennato, sono una persona molto visiva, quindi percepisco i miei concerti più come delle performance. Penso che questo si percepisca già dalla presentazione di mia musica e dal mio approccio. Cerco di non trascurare nessuno di questi aspetti e di curare ogni brano davvero a 360 gradi. Mi diverte molto curare anche il più piccolo dettaglio.

13. Cosa vorresti trasmettere ai tuoi ascoltatori attraverso la tua musica e i tuoi video?

Attraverso il modo in cui vedo, percepisco e sento i sottili segnali dell’universo, cerco di catturarli ed esprimerli in qualche modo, sia attraverso una canzone che scrivo sia attraverso un visual che creo. Per me significa moltissimo se la mia creazione riesce a risuonare in qualcun altro, in qualunque modo, l’importante è che susciti un’emozione. A volte è fondamentale accogliere anche le emozioni spiacevoli, perché anche loro hanno qualcosa da dirci e possono diventare nostre alleate e guide nel processo di guarigione della nostra anima, nel cammino verso l’amore e l’accettazione.

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