Intervista a Anna Castiglia, raffinata cantautrice vincitrice di Musicultura con il singolo Ghali, che presenta l’album d’esordio Mi Piace.
Intervista ad Anna Castiglia
Anna, ha definito l’album Mi Piace come un punto di arrivo, ma anche un punto di partenza. Cosa rappresenta per te questo progetto?
Per me Mi Piace rappresenta un po’ un punto di arrivo, ma soprattutto un punto di partenza. Ci sono canzoni molto vecchie che ho scritto cinque anni fa in città e regioni diverse, e altre molto nuove scritte pochi mesi fa. È una sorta di raccolta di ciò che sono stata finora, e spero che possa evolversi in qualcos’altro.
Hai descritto l’album come una “playlist variegata”. In effetti, si percepisce questa varietà, ma come mai hai deciso di lavorare su un progetto così eterogeneo?
Non è stata una vera e propria scelta, è successo in modo spontaneo e naturale. A volte è stato anche un problema, perché spesso mi è stato chiesto di scegliere un’etichetta, un “dove schierarmi”. Ma ho capito che forse la mia forza è proprio quella di non etichettarmi. C’è comunque un legame tra tutti i pezzi, ed è il mio modo di scrivere, la mia voce, quindi si sente che sono io, anche se i brani sono diversi.
Musicalmente il disco si contraddistingue per una pluralità di stili. Come sei riuscita a bilanciare queste diverse influenze musicali?
Forse l’elemento che lega tutto è che ogni brano è stato suonato dal vivo prima di essere prodotto. Questo approccio live è il filo conduttore che bilancia tutti i pezzi, anche se sono stilisticamente diversi. Il fatto che siano suonati e arrangiati con lo stesso spirito aiuta a bilanciare queste influenze.
Uno dei temi centrali dell’album è l’accettazione di se stessi e l’autenticità. Cosa significa per te imparare a piacersi prima di cercare l’approvazione degli altri?
Per me è un traguardo ancora da raggiungere. Se canto queste canzoni, vuol dire che c’è ancora bisogno di farlo, almeno nei miei confronti. Sto cercando di imparare a piacermi realmente, perché a volte ci dimentichiamo di ascoltarci e preferiamo assecondare la volontà degli altri. Nella vita, nelle relazioni e nella musica, cerco di ricordarmi di non snaturarmi.
Una delle tracce più particolari è Le chiese sono chiuse, in cui affronti il tema della chiusura non solo fisica, ma anche concettuale della chiesa. Come mai hai voluto affrontare un tema così complesso in un primo disco?
È una canzone che ho scritto durante la quarantena, quando le chiese erano chiuse come tutto il resto. Ho riflettuto su come la chiesa potrebbe aprirsi all’arte, dato che celebra la messa con una persona su un palco e un pubblico, il che ricorda molto una forma teatrale. La canzone è una riflessione ironica e leggera, non una critica pesante.
Nella tua musica usi molto l’ironia per veicolare messaggi importanti. Qual è il ruolo dell’ironia nei tuoi testi?
L’ironia per me è una forma di protezione, un modo per dire quello che penso ma in maniera simpatica. Mi nascondo un po’ dietro l’ironia, ma allo stesso tempo dà forza ai messaggi, facendoli arrivare con maggiore impatto. Mi aiuta anche a vivere meglio e a superare le cose negative con leggerezza.
Un altro brano significativo è Organi interni, che invita a riflettere su noi stessi. Quanto è difficile oggi ascoltare se stessi e non omologarsi, soprattutto dopo un’esperienza come quella del talent?
È molto difficile. Noi cresciamo con modelli esterni e regole che ci vengono insegnate fin dalla scuola, e spesso tendiamo a seguire quello che ci viene detto piuttosto che ascoltarci. Il talent è un’esperienza che può portare a questa omologazione, ma io cerco di ricordarmi sempre di ascoltarmi profondamente.
Il singolo Ghali ti ha portato a vincere Musicultura. Cosa ha significato per te questo riconoscimento, specialmente dopo l’esperienza del talent?
Musicultura è stato un ritorno alle origini per me. È un riconoscimento che mi ha rassicurato, soprattutto dopo il talent. Essere riconosciuta in un contesto come Musicultura, che ho sempre seguito e ammirato, è stata una grande conferma per me.
Nel disco c’è anche una collaborazione con Ghemon. Come è nata questa collaborazione e come ti sei trovata a lavorare con lui?
È nata in modo molto semplice, da un pranzo bellissimo in cui siamo subito entrati in profondità nelle conversazioni. Ghemon ha scritto una strofa e me l’ha inviata poco dopo. Ora abbiamo un bel rapporto di stima reciproca, e sono davvero felice di aver collaborato con lui.
Hai appena concluso una stagione estiva di live e ti prepari per il tour nei club. Come ha reagito il pubblico alle tue esibizioni dal vivo?
Ho avuto un riscontro bellissimo. Ho scoperto un pubblico molto variegato, con persone di tutte le età. Dopo i concerti, ricevo spesso messaggi con riflessioni profonde sui brani, e questa è la cosa più bella.
Il disco è composto da canzoni nate in momenti diversi. Oggi, qual è la direzione che sta prendendo la tua musica?
La mia musica sta evolvendo di mese in mese. Ho già molti brani pronti per un secondo album, ma non so ancora quale sarà la direzione esatta. Preferisco non programmare troppo e lasciarmi sorprendere dall’evoluzione naturale della mia musica.
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