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I Dramalove, band composta dai gemelli Diego e Riccardo Soncin, e Luca Menegon sono tornati con l’intenso singolo Dammi un segno.

Un brano sentito, speciale, accompagnato da un videoclip che vede la band suonare a tutto volume la canzone all’interno di un appartamento (la casa del batterista Luca a Londra), rappresentando a pieno la condizione in cui tutti noi ci siamo ritrovati a vivere gli ultimi due anni, costretti tra le mura casalinghe.

Abbiamo incontrato Diego dei Dramalove per un’intervista di presentazione del nuovo progetto, ma anche una riflessione sul panorama musicale anglosassone.

Intervista ai Dramalove

Dal 2016 facciamo avanti e indietro dall’Inghilterra. Dopo l’esperienza a X Factor nel 2015, più televisiva che musicale, abbiamo scelto di lavorare a Londra, avendo il desiderio di testare la nostra musica nella patria del rock. Tutti i Festival arrivano da qui, così come le mode e le tendenze musicali.

Quando siamo arrivati avevamo voglia di suonare dal vivo e qui ne abbiamo avuto la possibilità. Nel 2020 è arrivato il lockdown e tutto si è fermato. Durante i mesi più difficili della pandemia abbiamo fatto un’analisi su noi stessi e io sono tornato a scrivere in italiano per cui quest’anno abbiamo pubblicato un singolo nella nostra lingua.

Facciamo avanti e indietro tra l’Inghilterra, Milano e Torino, dove abbiamo affetti e famiglie. Notiamo che anche qui si sta muovendo qualcosa anche per la musica rock. Finalmente!

Da questo punto di vista i Maneskin hanno realmente aperto la strada, a partire da Sanremo, primo banco di prova dopo il talent.

Voi a X Factor, portando il rock, ci siete arrivati prima…. Avete qualche rimpianto da questo punto di vista?

No, assolutamente no. Credo che ogni cosa abbia un tempo adeguato. Ognuno fa il suo percorso. Abbiamo visto l’ascesa dei Maneskin, ma non si tratta solo della crescita di una band, ma di un intero movimento. Un tumulto impersonato da questi quattro ragazzi che meritano. C’era bisogno di un’apertura, di sdoganare il rock. Siamo felicissimi che la spinta arrivi proprio dall’Italia.

“Dammi un segno” è un brano molto speciale. Un testo intenso che mette in risalto ciò che sei e una scrittura particolarmente privata e intima. Quando hai deciso di proporre al pubblico una parte di te così personale?

Il singolo l’ho scritto parecchio tempo fa a Londra. Ricordo che avevo gli occhi lucidi, è arrivato in 5 minuti. La melodia è nata tempo fa, ma c’è voluto tempo prima che arrivasse il tempo giusto per trovare spazio discografico. Il risultato è soddisfacente. Non c’era mai stata l’occasione di pubblicarlo. Quindi l’abbiamo riarrangiato in una chiave più rock e moderna. Secondo me è importante essere onesti quando si scrive una canzone, soprattutto per chi ascolta. E’ bello sentire il feedback sincero, le emozioni che prova il pubblico. Credo che chiunque abbia perso una persona cara possa ritrovarsi in questo tempo.

Il brano da il via a un percorso con un team di lavoro nuovo.

Siamo felicissimi perchè l’anno scorso Massimo Cotto ha indetto un contest in collaborazione con Container, una nuova società che si occupa di artisti e gruppi emergenti. Un lavoro che associa la musica alla moda. Un connubio inscindibile, che va di pari passo, grazie anche ai social. L’immagine di una band conta quasi come scrivere canzoni. Ci è sembrato fenomenale e siamo onorati di essere stati scelti dai fondatori di Container. Abbiamo presentato il singolo in una serata di gala a pochi passi dal Duomo, con tantissimi addetti ai lavori.

Ci sta, anche perchè avevate bisogno di riprendere un discorso con il pubblico.

Siamo rimasti incredibilmente sorpresi dalla risposta dei nostri supporter italiani. Un riscontro enorme che ha invaso anche i social e YouTube.

Nel tempo i Dramalove si sono evoluti anche con qualche cambio di formazione. Oggi come definite la vostra musica?

Nel tempo abbiamo cambiato il batterista e ora con noi c’è Luca, un ragazzo veneto conosciuto a Londra. Per quanto riguarda il genere, non saprei. Un tempo eravamo più hard rock e dark, quasi gotici. Ultimamente abbiamo cambiato rotta, ma è difficile trovare un genere di riferimento. Restiamo sempre dark, visto che in un momento come questo è difficile parlare di felicità. Ci piace sempre raccontare quello che succede dal nostro punto di vista. Sul genere… lasciamo sempre definirci a chi ci ascolta.

Come è cambiato il rapporto con la lingua italiana?

C’è poco da fare… l’italiano è la lingua più bella del mondo, anche se per il rock è più facile farsi capire in inglese, lingua che ha altre cadenze ed è universale. Quando in Inghilterra parliamo in italiano ci dicono che la nostra lingua è musica. E’ stato divertente tornare a scrivere in italiano, che ha un approccio un po’ diverso. Abbiamo in programma di far uscire altri brani in italiano che confluiranno in un disco che speriamo possa essere pubblicato entro la fine dell’anno.

Ti pongo una domanda un po’ provocatoria. Per anni si è considerata l’Inghilterra come la patria delle nuove tendenze musicali. Se scorriamo le classifiche, invece, pare non sia più così. LìItalia, invece, sta trainando il mercato anche a livello internazionale. Qual è il tuo punto di vista?

Il mercato anglosassone è ancora all’avanguardia, soprattutto per il numero di locali che ci sono in Inghilterra e che danno la possibilità a tutti di suonare. Un vero e proprio calderone di tendenze. Facendo visita a Milano, e ascoltando le classifiche Spotify, di recente ci siamo resi conto che la differenza si sta assottigliando. Londra non è più quella di una volta. Mi piace pensare che il mercato discografico mondiale stia mirando verso l’Italia. Non siamo più conosciuti per pizza, pasta e Pavarotti. Penso che le differenze siano sempre minori.

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